Il palazzo ex Nira che domina il waterfront a pochi passi dall'area Fiera verrà demolito. Il Comune lo cede ad Autorità Portuale per 4,8 milioni su un valore stimato che inizialmente venne fissato a 18. Palazzo San Giorgio si occuperà della demolizione, nell'area sorgerà la nuova sede dello Yacht Club
Addio al palazzo ex Nira. Dopo le aste deserte e i sogni proibiti della Fiera di trasformarlo in un albergo 4 stelle con probabile centro commerciale annesso, l’edificio di 11 piani e 14500 metri quadrati che si affaccia sul mare fin dal 1964 sarà definitivamente abbattuto.
La notizia era nell’aria da un po’ di mesi, da quando cioè Renzo Piano aveva presentato il suo Blue Print, il progetto sostenuto da Autorità portuale e Regione Liguria (e ultimamente anche dal sindaco Doria) con cui l’archistar genovese vorrebbe riqualificare l’affaccio sul mare del levante cittadino . Ecco perché Autorità Portuale si è detta fin da subito interessata ad acquistare l’edificio, passato nel frattempo dalla proprietà di Fiera a quella di Tursi nell’ambito del ridimensionamento del quartiere fieristico (qui l’approfondimento) necessario alla copertura dei debiti accumulati dallo stesso ente.
Il Comune non ha mai detto no all’operazione anche perché il palazzone di via dei Pescatori 35 è sostanzialmente abbandonato dai primi anni del 2000. Già a fine 2011, ai tempi della gara pubblica per la cessione dell’immobile, la base d’asta aveva fatto crollare di parecchio il valore del bene che fino a pochi anni prima, in maniera probabilmente un po’ troppo generosa, rappresentava una voce del patrimonio pubblico pari a 18 milioni di euro. Ma il bando andò deserto.
Il palazzo era nato con l’idea di ospitare un museo delle telecomunicazioni e un centro congressi ma rimase sostanzialmente inutilizzato fino agli anni ’80, quando fu rimesso in sesto da Ansaldo Nira prima di passare ad Ansaldo Trasporti. A marzo 2005 il definitivo abbandono.
Un’offerta da 13,5 milioni, a dire il vero, era arrivata nel 2013 dal ramo immobiliare di Esselunga nell’ambito delle trattive private successive alla gara pubblica: non se ne fece nulla perché l’interesse era vincolato a una richiesta di cambio di destinazione d’uso dell’area a fini commerciali. Come ci aveva già spiegato lo scorso anno il vicesindaco Bernini, infatti, se si fosse cambiata la destinazione d’uso, si sarebbe dovuta riaprire la gara e fermare la procedura di assegnazione diretta perché, a termini modificati, si sarebbe potuto manifestare qualche altro soggetto interessato.
Poi, come detto, è arrivato il Blue Print. Adesso, Comune e Autorità portuale hanno trovato l’accordo per una cifra pari 4,8 milioni di euro. Un regalo? Apparentemente sì ma, secondo gli amministratori di Tursi, il forte sconto a Palazzo San Giorgio è facilmente spiegabile.
Innanzitutto, cambia la destinazione d’uso. L’ex Nira non avrà più destinazione direzionale ma “di abbattimento”. Dopo l’acquisizione, Autorità portuale provvederà a demolire l’edificio sancendo sostanzialmente il via libera ai lavori di riqualificazione del waterfront, secondo l’impostazione del Blue Print di Piano. Come abbiamo avuto modo di raccontare già in passato (qui l’approfondimento), in questa zona dovrebbe sorgere la nuova sede dello Yacht Club che lascerà gli attuali spazi per consentire il tombamento dello specchio acqueo del Duca degli Abruzzi necessario all’ampliamento delle attività di riparazioni navali.
Ma c’è un’altra ragione che ha consentito di abbassare notevolmente le richieste economiche di Tursi. Ad Autorità portuale, infatti, è stata venduta solo la superficie in piano e non la superficie agibile. Ciò significa che, secondo la norma di legge che prevede la possibilità di ricostruire altrove gli edifici abbattuti (il famoso “costruire sul costruito” tanto caro al nuovo Piano urbanistico comunale), il Comune di Genova si è tenuto un “jolly” di 14500 metri quadrati da realizzare in altre parti della città. Niente grandi speculazioni edilizie in vista, almeno al momento, ma semplicemente un’operazione fittizia che consente a Tursi di vendere in futuro un pacchetto virtuale di metri quadrati a chi demolirà altri edifici ma avrà la necessità di acquisire ulteriori spazi per ottenere il diritto di realizzare nuove costruzioni. Un esempio? Secondo le norme previste dal Puc, chi volesse costruire una casa da 200 mq in un’area di presidio ambientale (piccoli polmoni verdi incastrati tra le aree agricole vere e proprie e il limitare della città, qui l’approfondimento), normata secondo i vincoli meno restrittivi, dovrebbe teoricamente possedere terre per almeno 20 mila mq; in realtà, potrebbe avere solo 10 mila mq (che, di per sé, consentirebbero la realizzazione di una casa di soli 100 mq) e acquistare gli altri 10 mila da questo gruzzoletto del Comune.
Insomma, Tursi ci rimette (più di) qualcosa adesso ma nel frattempo si libera di un grosso fardello ormai considerato inutile e conta di recuperare con operazioni edilizie e urbanistiche future una parte dei soldi a cui oggi decide di rinunciare. Il gioco varrà la candela? Molto dipenderà dai tempi di realizzazione del nuovo waterfront, al momento tutto con fondi pubblici ancora da trovare.
Simone D’Ambrosio