Il Comune garantisce contributi pubblici solo a cinque impianti sul territorio, per tutti gli altri la situazione economica è difficile e per fare cassa viene sacrificata l'attività agonistica dei più giovani. Necessario un cambio di rotta da parte di Tursi: «Il Comune spende per lo sport all’incirca 50 centesimi a cittadino», ammette l'assessore Boero
La piscina Massa di Nervi aprirà i battenti il primo di giugno. Lo ha assicurato l’assessore allo Sport Pino Boero a margine del Consiglio comunale di martedì scorso spiegando che la gara per la concessione dell’impianto ha subito una piccola proroga perché i termini del bando sono stati ritenuti troppo stretti e perché si era resa necessaria una revisione dei punteggi per le graduatorie in conformità a quanto previsto dalla legge regionale. Gli interessati, dunque, avranno tempo fino al 15 maggio per far pervenire la propria candidatura. Stando a quanto sostenuto dall’assessore dovrebbe essere scongiurata una replica di quanto accaduto lo scorso anno con il bando andato deserto e la necessità di procedere a un affido diretto alla società My Sport che ha fatto un vero e proprio favore all’amministrazione rimettendoci 5 mila euro e aprendo i battenti solo ad agosto. Ma le diverse manifestazioni di interesse già pervenute, anche in virtù del fatto che il Comune si farà carico della coperture delle utenze per un massimo di 36 mila euro a fronte di un canone praticamente nullo pari a 400 euro iva compresa per la durata di tutta la concessione fino all’11 ottobre, fanno ben sperare per i prossimi mesi. A queste condizioni, che i consiglieri Caratozzolo (Pd) e Gioia (Udc) promotori di un art. 54 sul tema ritengono assolutamente antieconomiche e non eque rispetto al restante panorama dell’impiantistica sportiva genovese, sembra infatti impossibile non raggiungere quantomeno il pareggio di bilancio seppure per un periodo di attività molto conciso.
Il futuro a lungo termine, invece, resta ancora incerto. «Il municipio sta lavorando a un progetto a più ampio respiro che comprenda anche una parte di spiaggia, posti barca e spazi per i pescatori oltre alla piscina Groppallo attualmente in capo ad Amiu e Bagni Marina» spiega Andrea Mariani dell’assessorato allo Sport del Comune di Genova. «Resta comunque evidente che non sarà più economicamente sostenibile pensare a un pallone che copra la Massa per renderla fruibile anche nei mesi freddi. La struttura – prosegue Mariani – deve essere considerata una vasca da 7-8 mesi all’anno mentre per il periodo invernale sarebbe opportuno dirottare tutti gli sforzi verso le piscine di Albaro, dove la copertura di una vasca da 33 metri va sostenuta anche economicamente». Già perché una piscina invernale di tali dimensioni richiede dai 15 ai 20 mila euro al mese per funzionare al meglio. «Benché le piscine di Albero facciano parte di un project financing trentennale un po’ sui generis rispetto alle altre concessioni comunali e più simile nella gestione a un impianto privato – spiega ancora Mariani – gli investimenti infrastrutturali per un’operazione di copertura devono essere appoggiati dalle società sportive, dalle federazioni ma anche dall’amministrazione, se non direttamente dal punto di vista economico quantomeno con una serie di agevolazioni».
Un esempio potrebbe essere dato dalla riduzione degli “obblighi sociali” a cui ogni concessionario deve sottostare riservando alcune vasche o corsie a scuole, disabili o fasce di popolazione più sfortunate: «Il Comune – commenta l’assessore Boero – nella storia ha saputo tutelare molto bene gli obblighi sociali ma è chiaro che se ho corsie impegnate non posso metterle a reddito. È giusto difendere la socialità ma dobbiamo anche cercare di non soffocare eccessivamente gli imprenditori».
Ma è l’intero sistema piscine che necessita di una sistemazione e di una ricalibratura su tutto il territorio cittadino. «Non possiamo certo dire che le piscine, come tutti i nostri impianti sportivi (qui l’approfondimento di Era Superba, ndr), siano in piena salute – confessa Boero – sia per l’aumento dei costi di gestione sia per il fatto che a molte società il Comune ha tolto i corrispettivi diretti». Nei fatti, a godere dei contributi pubblici sono solo 5 piscine: su tutte, Lago Figoi e Sciorba che possono contare sui contratti stipulati ancora con Sportingenova e ricevono globalmente 770 mila euro all’anno. La Sciorba, in particolare, può essere considerata una vera e propria “Ferrari” degli impianti natatori genovesi, con una vasca sempre riservata all’agonismo, a prezzi relativamente modici; ma anche in questo caso saranno necessari importanti interventi di manutenzione perché i beni sono stati parecchio “consumati” dai genovesi. A questi due impianti si aggiungono la Mameli di Voltri e la Massa di Nervi che vedranno la copertura dei costi delle utenze da parte delle casse comunali, oltre alla piscina di Pontedecimo che almeno fino all’anno prossimo potrà contare sull’annullamento delle spese per il gas.
«Genova – sostiene con forza l’assessore Boero, riprendendo i concetti già esposti nella Commissione comunale dedicata – è una della poche se non l’unica grande città in cui tutti gli impianti sportivi sono stati dati in concessione. Questo ha comportato indubbiamente grossi risparmi negli anni per l’amministrazione: basti pensare a quanto costerebbe oggi al Comune gestire una piscina, personale compreso. Ma non possiamo pensare che le strutture sportive siano solo da mettere a risparmio, in quanto la manutenzione ordinaria e straordinaria viene ricaricata sui concessionari, e a reddito, in quanto seppure in forme diverse chiediamo la corresponsione di un canone. La differenza tra entrate e uscite è un rosso di 300 mila euro all’anno: questo è tutto ciò che il Comune spende per lo sport, all’incirca 50 centesimi a cittadino. Quale altro comune spende così poco?».
Benché i numeri riportati dall’assessore siano leggermente diversi dai conti riportati su Era Superba in un articolo precedente, la sostanza non cambia: Genova non investe sullo sport. E i risultati, purtroppo, si vedono anche dalle sempre più rare eccellenze agonistiche nel panorama nazionale e internazionale. Secondo Mariani, Genova e la Liguria «non sfornano più giovani, o quantomeno non in proporzione agli impianti che hanno, perché i giovani lo sport non lo fanno più. Le attività agonistiche dei ragazzi vengono relegate a orari impossibili perché negli orari più appetibili i gestori devono pensare agli ingressi dei privati che consentono di mantenere l’impianto in equilibrio economico. Ma non è possibile che, ad esempio, i ragazzini che giocano pallanuoto entrino in vasca alle 10 di sera e siano costretti a cenare a mezzanotte quando il giorno devono andare a scuola».
La soluzione? Troppo ovvio parlare solo di stanziamento di risorse. «Dobbiamo fare un ragionamento politico più ampio – spiega Boero – andando a rivedere il regolamento degli impianti sportivi del 2010 e soprattutto prevedendo una serie di investimenti strutturali sullo sport a partire dal bilancio preventivo del 2014: non significa buttare milioni di euro e tornare a una situazione anarchica che fino al 2008 vedeva diversi sperperi fuori controllo. Bisogna piuttosto ritracciare una linea politica che non pensi agi impianti sportivi solo come un costo arrembato a qualcuno. Dobbiamo, insomma, essere almeno in grado di partecipare a bandi regionali ed europei che ci chiedono di impegnarci economicamente per il 30% dei finanziamenti a disposizione. Questa è la scommessa politica che la Giunta deve fare propria: potrò anche perdere ma spero che si riesca a vincere tutti insieme perché piscine e impianti sportivi a Genova ne abbiamo e ne abbiamo tanti».
A fare le spese di questa necessaria razionalizzazione delle risorse e del conseguente riordino degli impianti sul territorio genovese potrebbe essere, ad esempio, la piscina Nico Sapio di Multedo, di cui tanto abbiamo parlato in passato. La struttura, che attualmente vede aperti solo i campetti circostanti in dotazione al Municipio, potrebbe infatti essere trasformata in una palestra: «Sappiamo che si tratterebbe di una scelta dolorosa per i cittadini della zona – ammette l’assessore Boero – ma va anche detto che il Ponente non è né sprovvisto né in carenza di piscine. Anzi, con i tempi di crisi che corrono non tutti hanno la possibilità di andare a fare sport e più impianti apriamo più abbiamo difficoltà a mantenerne perché è più probabile che il pubblico si divida piuttosto che aumenti».
D’altronde in zona ci sono altre due strutture con un futuro decisamente più roseo. Una è l’Acquacenter di Prà, sede del gruppo sportivo Aragno e all’intero del consorzio “Utri Mare” che raggiunge un suo equilibrio economico grazie ai diversi spazi su cui può contare nello stesso Municipio. L’altra è la Mameli di Voltri che, dopo lunghe tribolazioni, è stata anch’essa assegnata al medesimo consorzio insieme con una porzione di spiaggia demaniale: non si tratta di una vera e propria concessione ma di un affido del bene a “Utri Mare” che opera come una sorta di partecipata anomala del Comune di Genova. Come già detto, anche per questa piscina Tursi coprirà i costi delle utenze e metterà un piccolo contributo di avvio: terminati gli ultimi passaggi in giunta, l’amministrazione conta di mettere in condizione i gestori di aprire piscina e spiaggia attrezzata con l’arrivo della bella stagione.
Spostandoci verso il centro cittadino, troviamo la “Tea Benedetti” di Sestri Ponente, una vasca da 25 metri che gode di uno suo equilibrio economico, come succede anche per altri impianti di dimensioni contenute e più facili da mantenere come l’Andrea Doria e la piscina di San Fruttuoso.
Qualche piccolo problema di forza lavoro, invece, per la Foltzer di Rivarolo: qui la questione è tutta economica dopo che la società ha deciso di non utilizzare più i cosiddetti “contratti sportivi” per i propri dipendenti che consentivano una gestione molto più agevole dal punto di vista contributivo e di affidarsi a un rapporto più tradizionale e corretto.
Già accennata, invece, la situazione di Pontedecimo, una piscina da 25 metri ma molto profonda, che ha pesanti oneri di socialità a causa della vicinanza con l’istituto comprensivo scolastico della delegazione: grazie a un project financing in via di ottimizzazione che consentirà un’importante riqualificazione dell’impianto, i gestori vedranno ridotto l’obbligo di riservare mezza vasca alla scuola ma non riceveranno più i contributi del Comune per il pagamento del gas.
Resta da citare ancora un grosso impianto, l’unico di queste dimensioni a non usufruire di contributi pubblici diretti, e che nell’immediato futuro potrebbe avere parecchi problemi di sopravvivenza, nonostante la solidità del gruppo sportivo che ha alle spalle. Stiamo parlando della Crocera, in via Eridania a Sampierdarena, gestita dal Don Bosco. L’impianto è costituito da due palestre, un palazzetto dello sport e una piscina di 33×25 metri profonda 2,5 metri. «Gli ultimi due bilanci – spiega Mariani – sono stati disastrosi perché nonostante si tratti di impianti ordinati e ben tenuti, la società non riceve mezzo centesimo di contributo pubblico per una spesa che si aggira intorno ai 300 mila euro all’anno. Così il passivo ha raggiunto i 40 mila euro due anni fa e i 100 mila l’anno scorso. Se non interveniamo in qualche modo, ad esempio con una riduzione dei 15 mila euro annui di canone o con il riconoscimento di investimenti per il futuro, il rischio è che presto siano costretti a chiudere soprattutto ora che la concorrenza del Lago Figoi non è più limitata al settore agonistico ma anche al pubblico dei semplici appassionati». E il Lago Figoi contributi pubblici ne prende e neppure pochi.
Simone D’Ambrosio