Attualmente in città sono 513 i profughi accolti, ovvero lo 0,09% della popolazione. Ma se è probabilmente vero che le strutture disponibili sono al collasso è altrettanto indiscutibile che chi parla di invasione lo fa esclusivamente per interessi di propaganda politica o per totale distacco dalla realtà
Nel giorno in cui a Ventimiglia – con un’azione di polizia in barba a qualsiasi spirito di solidarietà e accoglienza (mostrato, invece, dai cittadini e dal sindaco della località ponentina che, a suo dire, era del tutto all’oscuro del blitz delle forze dell’ordine) – vengono sgomberati i profughi che sostavano sul confine nella vana speranza di poter raggiungere la Francia, in Consiglio comunale a Genova l’assessore Emanuela Fracassi annuncia l’avvio di due percorsi che attiveranno anche nella nostra città la possibilità di ospitare rifugiati in famiglia, in primis per minori arrivati non accompagnati e successivamente anche per adulti.
Una proposta di grande civiltà che arriva proprio a ridosso della giornata mondiale del rifugiato (sabato 20 giugno, ma a Genova sono state organizzate iniziative per tutta la settimana con lo scopo di coinvolgere le persone accolte e sensibilizzare la cittadinanza provando a contrastare la dilagante ignoranza sul tema) che prova a rispondere al grido di aiuto di chi è alla ricerca del riconoscimento dei propri diritti di essere umano. L’idea di questa nuova forma di accoglienza diffusa sta circolando già da qualche giorno a livello nazionale e, tra non molto, dovrebbe concretizzarsi anche all’ombra della lanterna.
Vale la pena ricordare che quando si parla di rifugiati o profughi non si parla di stranieri o immigrati in senso generico ma di persone che non possono fare ritorno al proprio Paese – come dice la convenzione di Ginevra – per un fondato timore di persecuzione per motivi di razza, religione, idee politiche, appartenenza a gruppi sociali o, comunque, persone che se tornassero nella propria terra natale potrebbero essere vittime di violenze, sottoposte a pena di morte o ad altri trattamenti inumani.
Rispondendo a un question time della consigliera di Lista Doria, Clizia Nicolella, l’assessore Fracassi ha ricordato in Consiglio comunale che a Genova l’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo avviene secondo due strade: «La prima riguarda il sistema coordinato dalla Prefettura per le persone provenienti dagli sbarchi e mette a disposizione circa 500 posti in strutture temporanee ubicate nella provincia di Genova. La seconda, invece, è il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), che chiama in causa direttamente il Comune e 12 associazioni del terzo settore che si fanno carico di un’altra fetta importante di accoglienza». Lo Sprar, in 15 anni di esistenza, ha accolto oltre 1000 persone provenienti da 53 Paesi diversi (Somalia, Eritrea e Turchia i più rappresentati) e accompagnate lungo un percorso di integrazione socio-economica: sono 183 i posti attualmente disponibili a Genova per un progetto che ha un valore economico complessivo di oltre 3 milioni di euro all’anno.
Ed è proprio tramite lo Sprar che il Comune, a breve, dovrebbe aprire la possibilità per le famiglie private di accogliere minori profughi giunti a Genova non accompagnati. «Nel territorio ligure – ha ricordato Fracassi – sono già presenti due strutture rivolte a questa specifica emergenza e accolgono complessivamente 50 minori. Ma il Ministero dell’Interno ha aperto un bando per la disponibilità di nuovi 1000 posti sul suolo italiano: come Comune di Genova risponderemo a questo bando attraverso lo Sprar, con diverse modalità compresa l’accoglienza in famiglia. Nei prossimi giorni abbiamo già in previsione una riunione con un gruppo di famiglie che si è reso disponibile ad aderire a questo percorso».
Ci vorrà, invece, un po’ più di tempo per gli adulti. «Ma stiamo lavorando anche su questo piano – assicura Fracassi – e abbiamo già raccolto qualche disponibilità familiare anche per questo tipo di accoglienza. In questo caso però non possiamo far altro che attendere un prossimo bando ministeriale e fare pressione affinché anche il sistema coordinato dalle Prefetture si apra all’accoglienza diffusa». Con il termine di accoglienza diffusa si intende il superamento dell’approccio esclusivamente emergenziale attraverso sistemazioni provvisorie in grandi strutture in favore di un utilizzo sostenibile di appartamenti disseminati sul territorio coinvolgendo, dunque, non solo le istituzioni ma anche i privati grazie al coordinamento delle associazioni del terzo settore. In questo modo si può puntare anche a un’accoglienza numericamente contenuta per ogni singola realtà, favorendo la nascita di contesti relazionali e integrativi molto più efficaci.
In Italia sono stati 170 mila i profughi sbarcati nel 2014 ma nei primi cinque mesi del 2015 il trend è aumentato di oltre il 10% tanto che, secondo le previsioni del governo, a fine anno gli arrivi sulle coste italiane potrebbero superare i 200 mila. Ad aggravare la situazione ci sono anche le lentezze delle Commissioni che si devono esprimere sul riconoscimento della protezione internazionale per i richiedenti lo status di rifugiati: la legge stabilisce tempi di attesa tra 21 e 90 giorni ma la realtà parla di periodi che variano dai sei a nove mesi. Nel frattempo, i migranti non possono né cercare un lavoro né spostarsi e devono attendere nei centri messi a disposizione o finanziati dal governo: al momento sul territorio italiano sono poco più di 37 mila i posti disponibili nei centri di prima accoglienza gestiti dalle Prefetture; a questi vanno aggiunti 9500 posti dei Cara, Cda e Cpsa e poco più di 20 mila posti finanziati dal ministero per il sistema Sprar.
Secondo dati del Ministero dell’Interno risalenti alla fine del 2014, di questi complessivi poco più di 67 mila posti in Italia, 1266 sono situati in Liguria (nemmeno il 2% del totale; le quote maggiori spettano a Sicilia – 21% e Lazio 13%, le minori con percentuali decimali a Valle d’Aosta, Trentino, Basilicata e Abruzzo), 953 in strutture gestite dalla Prefettura e 313 dal sistema coordinato da enti locali e terzo settore. Si tratta dello 0,05% della popolazione residente nella nostra Regione: fanno decisamente di più altre Regioni come Sicilia con oltre 14 mila posti pari allo 0,26% della popolazione, Molise 1150 posti ma 0,23% della popolazione locale, Calabria 4800 mila posti e 0,21%; tra le realtà meno accoglienti ci sono invece Lombardia con 5800 posti pari allo 0,04% dei residenti, Valle d’Aosta 61 posti e 0,037% e Abruzzo con 960 posti e 0,03% della popolazione.
Secondo i dati pubblicati da Anci Liguria e aggiornati ai primi mesi del 2015, attualmente a Genova sono 513 i profughi accolti in strutture temporanee (di cui 330 in spazi gestiti dalla prefettura e 183 dal sistema Sprar) che rappresentano lo 0,09% della popolazione (nel complesso, invece, a Genova risiedono oltre 56 mila cittadini stranieri che costituiscono il 9,5% della popolazione – dati dicembre 2014). Una quota che sale a 651 persone (446 in strutture temporanee, 205 gestite dallo Sprar) se consideriamo i confini della Città metropolitana, pari allo 0,08% della popolazione (terzo posto in Regione davanti solo a Imperia con lo 0,06% e dietro a La Spezia – 0,11% e Savona – 0,14%). Se, dunque, è probabilmente vero che le strutture attualmente disponibili per l’accoglienza sono al collasso è altrettanto indiscutibile che chi parla di invasione lo fa esclusivamente per meri interessi di propaganda politica o per totale distacco dalla realtà.
Simone D’Ambrosio