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Sanità e appalti: assistenza ad anziani e disabili, sempre più spazio ai privati

Le strutture residenziali non saranno più gestite direttamente dalla Asl 3 ma affidate in appalto esterno agli enti convenzionati; le motivazioni sono puramente economiche ma la bontà della scelta è ancora tutta da dimostrare


17 Settembre 2013Inchieste

SanitariNell’ex ospedale Celesia di Rivarolo i lavori sono terminati all’inizio dell’estate ed oggi il padiglione a valle è pronto ad ospitare un secondo nucleo di RSA per altri 25 pazienti che in pratica completa la trasformazione dell’ex nosocomio in struttura residenziale. Ma la nuova RSA, a differenza di quella già esistente all’interno del Celesia, non sarà gestita direttamente dalla Asl 3. Come spiega il dott. Piero Iozzia, direttore del Distretto Socio-Sanitario n. 10 Val Polcevera e Valle Scrivia, infatti «Noi non siamo in condizione di gestirla per carenza di personale».
Dunque i nuovi posti letto saranno affidati in gestione esterna in linea con le indicazioni di Regione Liguria e Asl 3 che, a causa della progressiva diminuzione dei fondi nazionali destinati al Servizio Sanitario, a cui si somma il blocco del turnover del personale, si trovano praticamente costrette a dismettere le residenze sanitarie assistenziali (RSA) amministrate dall’azienda, per darle in mano ai privati. «Non possiamo fare altrimenti –  affermava sulle pagine de “La Repubblica”, Corrado Bedogni, direttore generale della Asl 3 (17-o4-2013 – non abbiamo soldi, tantomeno possiamo assumere personale. Non ci resta che affidare le strutture ad altri, attraverso dei bandi di gara». Scelta confermata appunto dai fatti. Ma sarà davvero un’operazione in grado di far risparmiare denaro alle casse dell’Asl 3 genovese?

Le strutture residenziali attualmente gestite in forma diretta dalla Asl 3 sono: RSA Campo Ligure, RSA Pastorino di Bolzaneto, RSA Quarto (ex ospedale psichiatrico), RSA Celesia. E poi ci sono le strutture convenzionate (ossia quando la Asl si fa carico del pagamento della quota sanitaria, mentre a carico del cittadino rimane la quota alberghiera) che garantiscono ricoveri temporanei (in RSA di prima fascia) o definitivi (in RSA mantenimento per non autosufficienti totali o parziali).
«L’intenzione di Regione ed Asl 3 è quella di dismettere tutta l’assistenza diretta agli anziani ma anche ai disabili fisici e psichici – racconta Mario Iannuzzi, segretario del sindacato autonomo Fials – L’amministrazione sta realizzando uno studio che, a dir loro, servirà a dimostrare i presunti risparmi derivati da una gestione esternalizzata».
Dunque presso l’ex ospedale Celesia la ristrutturazione dei locali è costata fior di quattrini ma il nuovo nucleo di RSA non potrà aprire i battenti fin quando non sarà bandita una gara per l’affidamento esterno. «Le esternalizzazioni in parte funzionano affidando strutture di proprietà pubblica alla gestione privata – continua Iannuzzi – Si stipula un contratto con il soggetto privato che corrisponde un affitto all’Asl 3. Ad esempio, praticamente tutto l’ex ospedale di Nervi è stato concesso all’Istituto scientifico di riabilitazione della Fondazione Salvatore Maugeri, uno dei maggiori enti convenzionati. Questa è la linea che potrebbero seguire anche al Celesia, a Bolzaneto, Quarto, Campoligure, ecc. Chi vince la gara diventa il gestore della struttura».

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Ma che i costi siano inferiori è ancora tutto da dimostrare. «Secondo noi anche dal punto di vista imprenditoriale, perché di questo parliamo, non è una scelta lungimirante – sottolinea Iannuzzi – Queste sono tipiche operazioni di un’azienda in crisi che, a causa della riduzione dei finanziamenti, è costretta a tagliare i suoi rami per sopravvivere. Così facendo, però, si ottiene un risparmio soltanto sull’immediato. Potenzialmente la Asl 3 recupera un tot di lavoratori che potrà trasferire su altri servizi. Risparmiando su nuove assunzioni. Tuttavia, la nostra opinione è che l’aumento dei costi della gestione esternalizzata arriva sulla schiena dell’azienda pubblica anche dopo 7-8 anni».

Nel frattempo continua la riduzione degli organici e con il blocco delle assunzioni è già evidente una forte carenza di personale, sia infermieristico che OSS (operatori socio-sanitari). Oggi l’Asl 3, rispetto all’esigenza effettiva, può contare soltanto su circa metà del personale necessario. L’unica soluzione sembra essere quella di recuperare forza lavoro dalle RSA pubbliche per dirottarla altrove. «L’azienda sostiene con forza l’economicità di tali operazioni – spiega Emilio De Luca, rappresentante sindacale Uil – che consentirebbero un risparmio soprattutto sul personale. D’altra parte le intenzioni della direzione aziendale sono evidenti: finora l’Asl 3 non ha chiesto deroghe alla Regione per l’assunzione di OSS proprio perché immagina di recuperare queste figure professionali grazie all’esternalizzazione di alcune strutture pubbliche. Qualche dubbio lo abbiamo sul possibile risparmio sul lungo periodo. Vorremmo vedere i dati per valutare con cognizione di causa. Ma finora non li abbiamo mai visti. Noi, dal punto di vista sindacale, difendiamo la sanità pubblica. Purtroppo, però, ci troviamo a confrontarci con le risorse sempre in diminuzione provenienti dal livello nazionale e dalla Regione. A Roma non hanno ancora stabilito il riparto dei fondi per il Servizio Sanitario Nazionale, tuttavia per l’Asl 3 si parla di svariati milioni in meno sul bilancio 2013. L’affidamento in appalto esterno delle RSA genovesi, probabilmente, diventerà concreto dopo la decisione definitiva sul riparto dei fondi».

Per quanto riguarda gli appalti già in corso, il sindacato Fials contesta il fatto che la spesa finale complessiva sia minore rispetto alla gestione diretta. «Le faccio l’esempio più eclatante, ovvero l’accordo con il consorzio Cress-Consorzio Regionale Servizi Sociali Onlus – racconta Iannuzzi – Parliamo di 138 posti letto, di cui 108 residenziali e 30 semiresidenziali, suddivisi in 6 strutture sparse sul territorio genovese, destinate ad attività di recupero funzionale per soggetti affetti da minorazioni psichiche, fisiche o sensoriali. Alla Asl 3 questa operazione costa oltre 5 milioni all’anno, però, dal contratto stipulato con l’ente gestore sono esclusi i costi per i farmaci, la fornitura di protesi, l’assistenza alberghiera e di supporto, i trasporti in ambulanza, i presidi sanitari (incontinenza, nutrizione enterale e parenterale), le analisi cliniche e di laboratorio, le visite specialistiche e gli esami radiologici, ecc., che rimangono a carico dell’azienda sanitaria locale».

Insomma, senza una analisi di questi costi aggiuntivi resta arduo comprendere se l’appalto consente un concreto risparmio di risorse per il servizio sanitario pubblico. Inoltre, la convenzione impegna le parti – in questo caso il consorzio Cress, ma la situazione è generalizzata a tutti gli enti convenzionati – al pieno rispetto delle norme contrattuali e di legge per i lavoratori dipendenti del consorzio (soci o lavoratori) «Senza ovviamente citare quale tipo di contratto si applica – precisa Iannuzzi – Come è noto (vedi appalto assistenza nelle carceri) la concorrenza in questi casi avviene anche, ma non solo, sul costo del lavoro e sugli organici. Omettere di citare il contratto di riferimento, che per noi deve essere il contratto sanità pubblica, significa alimentare le ambiguità che consentono la legalità formale (non c’è l’obbligo di legge di citare i contratti che si applicano o si intendono applicare) e lasciare mano libera nei fatti sul terreno fondamentale dei diritti dei lavoratori». Quindi, almeno dal punto di vista legale, tutto è realizzato a regola d’arte. Tuttavia, i costi reali, considerando le spese aggiuntive «Li conoscono solo appaltatore e appaltante – conclude Iannuzzi – visto che essi non compaiono nei documenti ufficiali. Perché l’azienda non chiarisce, come invece potrebbe fare, qual è la spesa finale a suo carico? Evidentemente i nostri sospetti sono leciti».

L’alternativa all’affidamento esterno delle strutture residenziali è l’assunzione di nuovo personale. «La Regione, però, concorda le assunzioni con il contagocce, secondo un rapporto massimo di 5 assunzioni ogni 10 pensionamenti – ricorda De Luca – La carenza di forza lavoro è una criticità generale che riguarda tutti i settori dell’Asl 3. È un discorso da affrontare a 360 gradi. Basta citare il caso del nuovo padiglione 9 bis dell’ospedale Villa Scassi, opera attesa da lunghi anni. Allo stato attuale l’azienda non sa ancora con quali dipendenti riuscirà a coprire i turni che inevitabilmente risulteranno scoperti. L’unico modo per aprire il padiglione 9 bis sarà recuperare infermieri ed OSS da altri reparti o da altri presidi ospedalieri. Ad esempio da Sestri Ponente, dove è prevista la chiusura di Neurologia. Il problema è che continuiamo a procedere per rattoppi. Con spostamenti dei lavoratori sballottati da una parte all’altra, senza un disegno organico dietro queste scelte».

 

Matteo Quadrone


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