La forza della natura e l’italico e furbesco pressapochismo culturale e politico hanno mescolato prepotentemente il mazzo di carte dei nostri litorali
Quella che stiamo vivendo è un’estate diversa, con una stagione balneare particolarmente complicata, che convive con le profonde cicatrici della mareggiata di ottobre, e in ultimo, con vicende giudiziarie quanto meno dirompenti. Due situazioni in apparenza negative, ma che in realtà hanno dischiuso un possibile nuovo assetto dei nostri litorali, che potrebbe rappresentare una svolta per il nostro mare e la sua fruibilità. Con la restituzione del maltolto.
La notizia più interessante è che questa estate Genova ha una spiaggia libera in più: si tratta del piccolo arenile di quelli che erano i Bagni Monumento, devastati dalle onde fuori misura dello scorso autunno. I lavori di ristrutturazione non sono stati completati, e i gestori hanno tenuto chiuso. Risultato? Decine di persone, ogni giorno, accedono liberamente al piccolo lido, posizionando asciugamani e zaini la dove erano fissi gli inamovibili e danarosi ombrelloni dello stabilimento. Una spiaggia liberata.
Il concessionario aveva quantificato in oltre 110 mila euro i danni subiti, che secondo le prime stime avrebbero ridotto del 20% la fruibilità, ma nei fatti oltre alla messa in sicurezza di quelli che il mare ha ridotto come ruderi, poco si è riuscito a fare in tempo utile, per cui oggi gli stabilimenti sono chiusi. L’unica presenza è quella del bagnino, come previsto dal contratto di concessione.
Questo ha portato degli inevitabili problemi per chi ci lavorava e per l’indotto del settore, come accade nelle molteplici situazioni in qualche modo simili che troviamo su tutto il litorale ligure. Ma come abbiamo visto anche in altri articoli, il caso singolo si inserisce in una prassi decisamente in debito verso la collettività, visto il contesto normativo regionale e comunitario disatteso da anni.
E proprio su questo si innesta la seconda notizia dell’estate, cioè quella del sequestro delle aree oggetto di concessione demaniale sulla spiaggia dei Bagni Liggia, andata in scena pochi giorni fa. Un episodio circoscritto, ma che potrebbe essere la prima pietra di una valanga molto più ingente di quanto i pochi metri di transenne potrebbero lasciare intendere.
La coesistenza dicotomica tra norme europee vigenti ma non recepite e condotta de facto ha retto fino a due giorni fa, quando i giudici genovesi hanno creato il precedente esplosivo
Causa dell’azione giudiziaria il mancato rispetto della Bolkestein, attraverso un rinnovo automatico della concessione, non previsto dall’ordinamento comunitario, e che invece in tutto il paese è continua prassi. La coesistenza dicotomica tra norme europee vigenti ma non recepite e condotta de facto ha retto fino a due giorni fa, quando i giudici genovesi hanno creato il precedente esplosivo: a dirlo lo stesso gestore di Liggia, che in tutte le interviste rilasciate alla stampa ha dichiarato che presenterà “un esposto alla Procura –per dire che esistono oltre 10 mila concessioni in Italia che sono nella mia situazione. Sono elencate nel database del ministero delle infrastrutture e del ministero del turismo e vi elenco le 453 autorità concedenti che vi chiedo di indagare”. Saltato il tappo, la questione balneare potrebbe degenerare in un tutti contro tutti la cui responsabilità è esclusivamente politica.
Il castello di sabbia che rischia di crollare è, infatti, il risultato di un continuo nicchiare da parte della classe dirigente del paese, che negli ultimi anni, (la Bolkestein è del 2006, tanto per dire) ha cullato la categoria nell’illusione che tutto sarebbe rimasto uguale per sempre, senza fare altro che normative transitorie “tappullo” puntualmente impugnate perché incompatibili con l’ordinamento comunitario. Ora il tempo sembra essere scaduto.
La cosa che rimane poco comprensibile è la paura atavica per la Bolkestein, che di per sé prevede la gara per le concessioni ogni dieci anni, senza che venga esclusa la eventuale riconferma di chi che sia. Se uno fa bene, investe (principale argomento contro) e ha la proposta più conveniente per lo Stato vince. Punto. Il problema è che come abbiamo visto l’attuale gestione non è il meglio per lo Stato e la collettività che lo compone, ma una generosa pratica che da anni sostiene un florido mercato che restituisce pochissimo all’erario, garantendo un indotto considerevole e un bacino elettorale prezioso.
Il crollo di questo castello di sabbia potrebbe essere, invece, una buona occasione per rimettere mano alla decennale cannibalizzazione delle spiagge libere della nostra regione, che, come abbiamo visto più volte, è ferma ad un 14% fortemente sotto la soglia del 40% posta dalla stessa Regione Liguria, in mancanza di una normativa nazionale.
Insomma, in attesa di avere dati più completi della stagione in corso, le cui avvisaglie non sono molto confortanti, è necessario iniziare a ragionare su come ripensare il nostro approccio alla questione. La forza della natura e l’italico e furbesco pressapochismo culturale e politico hanno mescolato prepotentemente il mazzo di carte. Non tutto il mare viene per nuocere.
Nicola Giordanella