Un opera che ti risveglia il richiamo della natura e delle sue radici, un viaggio nell'umano e nel terreno, che coniuga scoperta e rammarico
Pino Petruzzelli, artista a tutto tondo, ha concentrato la propria produzione nello scrivere e rappresentare culture e realtà sociali sperimentate in prima persona: infatti gli spettacoli che interpreta nascono dalla condivisione della vita e delle difficoltà dell’umanità incontrata nei
viaggi in paesi delle coste mediterranee, non esclusa l’Italia.
Un giovane professore di lettere arriva in una scuola nostrana, scuola come tante, fatiscente nelle strutture e banale nelle convinzioni, ma intitolata a due eroi moderni, Falcone e Borsellino. Si imbatte in un alunno difficile e silenzioso, il marocchino Rachid, poco presente in apparenza che sembra voler solo dormire in pace: almeno in aula, che per lui rappresenta il dopolavoro, dopo aver faticato, fin dall’alba, al mercato del pesce e consegnato il guadagno al padre.
Non è interessato a brillare l’adolescente Rachid, non conosce il significato della competizione, ma un componimento sull’albero di Natale, da lui neppure consegnato direttamente, ne svela tutta l’originale capacità di osservazione e la vivace interiorità.Proveniente da una terra arida e spoglia, Rachid è attratto dagli alberi, vuole vivere tra gli alberi,si immedesima nei sentimenti che possono provare gli alberi morenti, tagliati per le utilità spesso effimere degli umani. E’ colpito dalla resistenza e dalla solitudine delle radici degli alberi tagliati, isolate dal fusto, alle quali nessuno bada più, tanto da venir lordate con distratta superficialità.
La gita scolastica che porta ad esplorare da vicino percorsi boschivi alimentail gioioso stupore dell’adolescente nello sperimentare dal vivo le conoscenze botaniche acquisite dalle letture propostegli dal professore; addirittura si perde e viene ritrovato abbracciato ad un abete, creatura senziente della terra che per lui rappresenta la stanzialità, la madre, la sicurezza, le salde ritrovate radici di casa. Già, la sua casa, diversa da quella in cui abita, tra povere masserizie e un grande televisore al plasma. Potrebbe diventare una guardia forestale Rachid, ma il corpo insegnante decide che non è idoneo alla licenza media, no, al titolo che gli avrebbe aperto le porte per un agognato mestiere, no e poi ancora no.
E così di Rachid si perdono le tracce: ha lasciato la terra bruciata e ne ha trovato un’altra, ha ripreso ad errare.
Un monologo pacato e recitato su una scena fissa di alberi verdi, con un unico movimento di fronde.
Elisa Prato
+ “Il ragazzo che amava gli alberi” di e con Pino Petruzzelli, al Teatro Duse fino al 18 dicembre.