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Definita la manifestazione di interesse su 130 elementi, ora si aspetta la risposta del Demanio prima di passare alle richieste definitive. Ecco come e perché sono state fatte le prime scelte
I lettori più attenti si ricorderanno che un paio di mesi fa avevamo parlato della possibilità da parte del Comune di Genova di acquistare gratuitamente dal Demanio una serie di beni strategici per lo sviluppo della città. All’inizio di ottobre, infatti, il Consiglio comunale aveva licenziato una delibera che prevedeva una serie di aree, terreni, immobili, gallerie e forti potenzialmente interessanti in quest’ottica. Si trattava di 248 voci che rappresentavano una sorta di ricognizione del contesto, attraverso un elenco di beni fornito dal Demanio stesso (qui il pdf), a cui erano stati aggiunti altri elementi su cui già da tempo gravitava l’interesse del Comune dal punto di vista della progettazione e della pianificazione urbanistica.
Una base di partenza su cui gli uffici di Tursi, di concerto con i Municipi, hanno iniziato a lavorare per giungere, attraverso altre quattro delibere di Giunta e una di Consiglio, a un nuovo elenco di 130 beni che rappresentano la manifestazione di interesse concreta, inoltrata al Demanio il 30 novembre.
«Al momento – ci spiega l’architetto Anna Iole Corsi, dirigente del settore Progetti speciali della Direzione Patrimonio e Demanio, che sta seguendo in prima persona tutte le procedure – è in fase di ultimazione una delibera riassuntiva che verrà presentata al Consiglio comunale, in cui saranno rendicontate le decisioni su ogni singolo elemento. I beni che erano previsti nel primo elenco ma non sono ricompresi tra questi 130, sono stati stralciati perché non riscontravano più un particolare interesse dell’amministrazione, soprattutto dal punto di vista costo-beneficio anche nell’ottica di una necessaria riqualificazione, o perché non rientravano nei parametri previsti dalla legge che determina la procedura per le richieste».
Le domande, infatti, possono riguardare esclusivamente proprietà del Demanio civile, mentre resta escluso tutto ciò che appartiene al Demanio idrico, marittimo, ferroviario e storico-artistico. È questa la ragione per cui nelle richieste finali non potranno rientrare le Mura di Malapaga, appartenenti al Demanio storico-artistico, o la galleria di collegamento Brignole – Sturla, che aveva suscitato tanto interesse ma che, trattandosi di vecchio percorso dei treni, riguarda il Demanio ferroviario.
Sgombriamo subito il campo dai dubbi. Non è detto che tutti i 130 beni vengano effettivamente richiesti dal Comune, che invece dovrà iniziare un ragionamento concreto legato a progetti di riqualificazione e utilità per il futuro.
Intanto, il Demanio ha tempo fino alla fine dell’anno per confermare la disponibilità sugli elementi presenti nella lista. Dopodiché, gli uffici di Tursi avranno altri 4 mesi per fare i sopralluoghi necessari, studiare i fascicoli dei beni, analizzandone non solo lo stato dell’arte ma anche l’eventuale presenza di contenziosi, abusivismi, criticità idrogeologiche, e passare poi alla redazione delle istruttorie definitive con tanto di specifiche di finalità dell’utilizzo ed eventuali risorse finanziarie preordinate. Il Comune, insomma, deve darsi una strategia per decidere quali richieste confermare, prima di tornare in Consiglio con la delibera per l’acquisizione definitiva.
«Un criterio importante – secondo l’architetto Corsi – è quello della riduzione dei fitti passivi, cercando cioè di acquisire beni che il Comune ha già in gestione ma per cui deve pagare un canone di affitto. Inoltre, si potranno acquisire aree su cui realizzare interventi di riqualificazione per nuovi spazi pubblici o per la vendita a privati. L’ottica di queste leggi che partono dal cosiddetto “Decreto del Fare” è, infatti, proprio quella di dare ai Comuni la possibilità di valorizzare una serie di beni da alienare successivamente utilizzando il ricavato per ridurre il debito pubblico».
Secondo quanto previsto dalla legge n. 98/2013, che disciplina l’intero processo di acquisizione gratuita, infatti, il 75% dei ricavi da una successiva vendita dei beni ottenuti dal Demanio può essere utilizzato per ripianare il debito del Comune mentre il restante 25% andrà a ridurre quello statale. «Con la razionalizzazione di questi beni – conclude Corsi – si cerca, da un lato, di sistemare le casse pubbliche e, dall’altro, di dare lavoro ai privati che, tramite apposite gare, potranno acquistare alcune aree e successivamente convertirle ad altre finalità».
Un passaggio, tuttavia, non così scontato e fortemente legato ai progetti e ai vincoli che eventualmente verranno posti in fase di ri-vendita, dato che gli esiti degli ultimi bandi di concessione di spazi strategici come l’Hennebique non hanno avuto – eufemisticamente – molto successo.
Tra le richieste che sicuramente verranno portate a termine da parte del Comune, oltre alla Caserma Gavoglio, interesse particolare è rappresentato dal sistema dei Forti. Nei 130 beni fin qui selezionati, però, non rientrano i nuclei centrali dei “custodi della nostra città” per cui esiste, invece, uno specifico programma di valorizzazione, già sottoposto alla valutazione della Soprintendenza, avviato sulla base della legge n. 85/2010 (in futuro approfondiremo il tema, ndr). Le fortificazioni, infatti, sono possedimenti del demanio storico artistico e non possono essere ricompresi negli elenchi del nuovo progetto, in cui tuttavia compare una serie di ex batterie, polveriere e strade militari (ad esempio la rampa di accesso al forte San Martino a partire da via Montallegro) fondamentali per il futuro completamento del passaggio di tutto il sistema alla proprietà comunale.
Simone D’Ambrosio