Il libro ha vinto la 25° edizione del prestigioso premio "Italo Calvino" per autori esordienti
Un romanzo su “celerini” ed ultrà (in questo caso quelli del Genoa), due schieramenti contrapposti ma alla fine molto meno distanti di quanto si pensi, un pianeta, quello del mondo dei tifosi organizzati, indagato senza pregiudizi da chi indossa la divisa e sta dall’altra parte della barricata ma ha provato, riuscendo nell’intento, a superare le barriere dell’incomunicabilità.
Parliamo del libro “A viso coperto”, scritto da Riccardo Gazzaniga, 35 anni, genovese di Rivarolo, sovrintendente di Polizia, lavora nel Reparto Mobile di Genova Bolzaneto ed è un delegato sindacale del Silp-Cgil.
Un poliziotto-narratore che scrive tra un turno di lavoro e l’altro, impegnato in prima linea sul fronte dell’ordine pubblico negli stadi e nelle manifestazioni lungo tutto lo stivale.
La settimana scorsa, presso il Circolo dei Lettori di Torino, “A viso coperto” ha ottenuto un prestigioso riconoscimento vincendo la venticinquesima edizione del prestigioso premio “Italo Calvino” per autori esordienti.
La giuria – composta da Renato Barilli, Massimo Carlotto, Fabio Geda, Melania Mazzucco e Giorgio Vasta – ha sottolineato come l’autore sia stato capace di coinvolgere il lettore «Facendolo penetrare negli universi paralleli e poco noti, delle forze dell’ordine e degli ultrà, illustrandoli con una complessa macchina narrativa caratterizzata dalla molteplicità dei punti di vista e da una scrittura asciutta e scorrevole adeguata alla materia, non rifuggendo, coraggiosamente, dal mostrare luci ed ombre di entrambi gli universi».
«A viso coperto è il testo che più penetra nel corpo sociale, affrontando con acutezza e non comune capacità narrativa il mondo distopico e marginale degli ultrà, in perenne lotta con le forze dell’ordine, o forse semplicemente con un “ordine” sentito comunque come oppressivo», sottolinea il Comitato di lettura.
Un importante successo per il poliziotto-scrittore non nuovo a premi letterari e riconoscimenti, ha vinto il premio “Orme Gialle”, per due volte è stato finalista al Mystfest – Gran Giallo città di Cattolica, la maggior rassegna italiana dedicata ai gialli inediti. Ha scritto un romanzo di vampiri segnalato al Calvino 2011.
“A viso coperto” per il momento è un manoscritto ma la speranza dell’autore – grazie al premio ricevuto e all’interesse suscitato in diversi editori – è che possa diventare un libro a tutti gli effetti.
La trama narra di un conflitto fra un gruppo immaginario di tifosi e la Polizia che scaturisce da un fatto banale e cresce, fino ad avere una conseguenza drammatica. «Ho scelto un’impostazione corale, senza un unico protagonista, ma con molti attori principali per offrire la massima varietà di punti di vista e situazioni – spiega l’autore – Il nodo fondamentale del racconto è il rapporto dei personaggi con due elementi centrali: la violenza e la fede ai propri principi. Tutti i protagonisti affrontano la violenza che fa parte delle loro vite per scelta o per lavoro. Tutti quanti ne verranno segnati in modo indelebile e dovranno decidere se restare fedeli ai propri valori e a quale prezzo. Qualcuno tradirà il suo ruolo, i compagni o i colleghi, qualcuno resterà coerente sino in fondo con la propria visione della vita».
La sua esperienza come poliziotto impegnato nella gestione dell’ordine pubblico negli stadi quanto ha influito nella realizzazione del testo?
«La mia esperienza operativa è stata decisiva per l’ideazione e la stesura del romanzo – racconta Riccardo Gazzaniga – Conoscendo da dentro un certo tipo di universo, ho pensato di poter raccontare l’ordine pubblico sotto una prospettiva nuova e inedita per i lettori. Il libro infatti è incentrato principalmente sul fenomeno stadio, ma affronta anche altre tematiche legate alle manifestazioni di piazza e all’impiego della Polizia in questi contesti. Sfiora anche l’argomento G8, seppur indirettamente. Le vicende sono ambientate nel 2011, ma l’ombra del 2001 aleggia sui personaggi e li condiziona».
Cosa ne pensa di chi, giovani soprattutto, trova nella fede calcistica una valvola di sfogo, che spesso, purtroppo, si trasforma in una sorta di fondamentalismo laico a difesa di valori e principi ormai distanti dall’attuale sistema del calcio italiano (e dello sport in generale)?
«Credo che il fenomeno ultras sia un fenomeno complesso – spiega Gazzaniga – A volte si commette l’errore di etichettarlo velocemente come “delinquenza” ma io trovo questa visione riduttiva. Ovvio, esistono atti delinquenziali e vanno stigmatizzati e perseguiti, ma bisogna prendere atto che la violenza nelle manifestazioni con atleti esiste da secoli e in ogni parte del mondo e finisce per coinvolgere non solo “delinquenti” ma anche persone che in altri contesti non compierebbero reati».
«L’aspetto più interessante, a mio giudizio, quello che andrebbe scandagliato, sono le dinamiche di gruppo che conducono a certi atti violenti – sottolinea l’autore di “A viso coperto” – C’è un condizionamento che il gruppo offre già per la sua stessa natura di “massa”. Ma il gruppo fornisce anche una serie di valori già confezionati, semplici ma chiari, facili da accettare acriticamente come, appunto, un “fondamentalismo laico”».
«Il gruppo è una scorciatoia per essere visibili, per non essere solo spettatori, ma condizionare gli eventi – continua Gazzaniga – Il gruppo dà un’identità a chi altrimenti resterebbe anonimo. Non a caso, alcuni dei miei personaggi cercano di trovare nel gruppo un riscatto a un’esistenza da comprimari. La scelta di appartenere a un gruppo può diventare un tentativo (spesso sbagliato) di riscatto, un modo per sottrarsi a regole vissute come oppressive».
«Secondo me tali aspetti andrebbero analizzati e conosciuti in modo profondo per comprenderne la portata e trovarvi soluzioni – spiega ancora Gazzaniga – Credo invece che essi siano stati spesso ignorati o ridotti a mero problema di ordine pubblico, perché a volte è più semplice dare etichette che scavare a fondo».
«Lo stesso è avvenuto per la Polizia – conclude l’autore di “A viso coperto” – Pensi al G8 2001: si sono evidenziati i nostri errori e le condotte aberranti di alcuni, ma non ci si è davvero chiesto cosa, chi e quali dinamiche di gruppo e gestionali abbiano portato a quegli eventi. E’ stato più facile dipingere i poliziotti dei Reparti Mobili come schegge impazzite piuttosto che provare a capire cosa sta dentro i caschi blu che la gente vede in piazza o allo stadio. Nel mio libro, io ho provato a farlo».
Matteo Quadrone
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