Associazione studentesca e piattaforma internazionale per studenti e neo-laureati, AIESEC aiuta i giovani a sviluppare il proprio potenziale e avere un impatto positivo sulla società. Presente in 124 Paesi, a Genova organizza attività aperte a tutti gli studenti della regione
Ben 124 Paesi in tutto il mondo, oltre 86 mila iscritti, 8 mila partner, 500 conferenze nel mondo, 2.400 università, 65 anni di attività: questi sono i numeri di AIESEC. Vi sarà capitato – soprattutto ai più giovani – di leggere questa sigla su cartelloni e poster che tappezzano la città, ma soprattutto le aule universitarie. Per chi ancora non sapesse cos’è e cosa fa, si tratta di un network internazionale gestito da studenti universitari per “creare un impatto positivo attraverso esperienze di sviluppo della leadership” (www.aiesec.it), favorire attraverso scambi internazionali lo sviluppo di competenze pratiche ai fini di un inserimento nel mondo del lavoro, proprio all’interno del mondo accademico, spesso tacciato di astrattezza.
L’associazione esiste in varie città italiane, tra cui Genova: qui il comitato direttivo organizza attività che interessano tutti gli studenti della regione, senza vincoli di background accademici: chiunque può partecipare. In particolare, dallo scorso anno AIESEC Italia ha dato vita al programma Make in Italy, per valorizzare il potenziale del nostro Paese e insegnare ai giovani a far fruttare le materie prime di cui disponiamo.
«Abbiamo iniziato a interrogarci sul perché della fuga dei cervelli in un Paese ricco di eccellenze che lo rendono famoso in tutto il mondo – racconta Michele Bassetto della Facoltà di Economia di Genova, vice presidente di AISEC Italia Local Committee of Genoa – perché il potenziale che abbiamo non è sfruttato? Perciò abbiamo pensato a questo nome legato a un punto di snodo così importante per l’Italia come il “made in Italy”: vogliamo dire ai ragazzi di “svegliarsi”, di aver voglia di fare, di essere curiosi, agire per cambiare ora. Era una contraddizione che l’associazione si occupasse prevalentemente di scambi all’estero e non facesse nulla per valorizzare le risorse di cui disponiamo»
Si tratta di un’organizzazione globale, apolitica, indipendente, no-profit gestita interamente da studenti universitari e neolaureati di età media 23 anni. I soci sono studenti di norma interessati alle grandi questioni globali, alla leadership e al management. “Pace e sviluppo del potenziale umano” è la loro mission, come si può leggere sul loro sito. Attualmente AIESEC Italia è presente in 16 città, ha 18 sedi locali e coinvolge 30 tra le migliori università della penisola: oggi l’associazione conta un totale di 1000-1500 membri solo nel nostro Paese.
Tra le principali finalità che si propone, quella di fare in modo che che i membri acquisiscano “skills” come leadership, efficienza, responsabilità sociale, internazionalismo, autocoscienza. Ad esempio, gli iscritti all’associazione hanno l’opportunità di guidare team in diverse aree tematiche e realizzare progetti. Inoltre, attraverso i programmi di scambio e l’interazione online, gli studenti lavorano a contatto con persone provenienti da tutto il mondo, imparano a lavorare in ambienti diversi e ad acquisire una prospettiva globale: un percorso che di solito li aiuta a fare chiarezza sulla strada da intraprendere in futuro.
AIESEC a Genova è presente da oltre 60 anni: nata intorno alla fine degli anni ’50 è una delle prime sedi in Italia. Anche qui, nel comitato locale, l’attenzione è rivolta all’etica, al team work, alla sostenibilità, all’innovazione. Si legge proprio sul sito di AIESEC: “Siamo un’associazione globale con una vasta gamma di programmi e progetti gestiti interamente dai nostri membri. Questi investono tra le 10 e 20 ore settimanali in AIESEC, parallelamente alla vita universitaria, alla famiglia, agli amici e alle loro altre attività. Imparano quindi a gestire il tempo e le priorità simultaneamente”.
Due i programmi principali dell’associazione, Move e Play. Il primo permette ai giovani studenti italiani di svolgere dalle 6 alle 8 settimane di lavoro in progetti all’estero. I ragazzi vengono supportati nella ricerca dello stage e seguiti passo passo nell’acquisizione di “soft skills” che favoriscano il posizionamento sul mercato del lavoro.
Play, invece, permette di entrare a far parte dell’organizzazione e lavorare all’interno di un comitato locale, “per mettere in pratica quello che si studia sui libri attraverso un’esperienza concreta fatta di impegno e crescita professionale”. Mentre Move è un programma internazionale, questo ha carattere spiccatamente più nazionale: chi aderisce, diventa parte attiva nell’aiutare altri giovani a partire per un’esperienza all’estero.
All’interno di Play, da qualche tempo AIESEC ha lanciato il progetto Make in Italy. L’iniziativa è nata nel 2013 da un’idea di AIESEC Italia e offre ai giovani l’opportunità di imparare, fare esperienza di ciò che studiano solo in teoria, allargare i propri orizzonti a contatto con culture e prospettive diverse. Il nome del programma è una storpiatura del più noto “made in Italy” e non a caso l’iniziativa è fortemente collocata a livello nazionale: il suo scopo è valorizzare le potenzialità di cui dispone l’Italia (moda, manifattura, industria, artigianato, insomma il “made in Italy”) e aiutare i giovani a sfruttare queste eccellenze, invogliandoli a restare in Italia piuttosto che fargli sognare di emigrare già a 18 anni, in cerca di un Eldorado chissà dove.
Make in Italy si rivolge ai ragazzi di quella che è stata definita la “generazione Erasmus” – persone in movimento, che si spostano, si impegnano in attività di volontariato e professionali, vivono esperienze multiculturali in vari ambiti -, e proprio a loro dice che andarsene via può essere un momento di formazione costruttiva, ma non deve essere una decisione inderogabile: Make in Italy è un imperativo concreto e immediato, un invito a fare, ad attivarsi per la costruzione del futuro dei giovani ventenni e trentenni di oggi, che sappiamo affrontano grosse difficoltà. Il programma cerca di coinvolgere ogni anno sempre più giovani per mettere da parte lo slogan dei “cervelli in fuga” e tornare a credere che i giovani possono ancora portare uno stravolgimento in positivo.
“Perché con le nostre azioni e attività vogliamo dimostrare che tutto è possibile, anche in Italia. Perché i giovani che entrano in AIESEC sono stanchi degli stereotipi e vogliono dimostrare al mondo che gli italiani non sono solamente pizza, spaghetti e mafia. Perché AIESEC è fatta da una generazione di giovani che vuole sentirsi fiera di essere italiana”, tratto da http://aiesec.it/lc/trento/.
Elettra Antognetti