Alessandro ha pedalato in sette paesi diversi e per oltre 5000 chilometri, ha incontrato, condiviso, fotografato, raccontato. Una storia di libertà e passione
L’avventura di Alessandro Zeggio, da Genova a Gerusalemmme in bicicletta, si è conclusa sabato scorso al Castello D’Albertis, proprio là dove, sotto forma di un sogno, era nata.
Alessandro, infatti, ha salutato tutti quanti, ha posato per innumerevoli foto con la sua bici e con tutti gli amici che in questi mesi lo hanno seguito, sostenuto, accompagnato da lontano.
Anche Era Superba lo ha seguito, vi abbiamo raccontato le tappe del suo viaggio, durato tre mesi, attraverso sette paesi e più di 5000 chilometri.
Sede più appropriata del Castello D’Albertis per la festa conclusiva non ci sarebbe potuta essere: il Castello ospita il Museo delle Culture del Mondo, e durante le festività sarà liberamente visitabile la piccola mostra che è stata allestita per Alessandro. Sono infatti esposte, insieme ad alcune immagini del suo viaggio, le fotografie inedite del capitano D’Albertis scattate negli stessi luoghi visitati da Zeggio, fotografie rimaste per decenni nascoste in fondo ad un baule e che la pronipote, Anna, ha tenacemente e con fatica voluto riportare alla luce. Queste immagini ci mostrano come, al di là della biografia ufficiale, il capitano D’Albertis amasse sopra ogni cosa viaggiare; Alessandro, che evidentemente condivide la medesima passione, in diverse tappe ha cercato di ricreare le stesse inquadrature ma, qualche volta, ha dovuto arrendersi. Infatti il paesaggio, in poco più di un secolo, in alcuni casi è talmente cambiato da essere stravolto, e certi angoli di mondo, semplicemente, non esistono più.
Ma quello che Alessandro ci ha riportato, quello che sabato è passato attraverso le sue immagini, le sue parole e forse anche al di là delle sue intenzioni, non è tanto il racconto di un viaggio, ma il resoconto di un sogno che mentre si realizzava diventava tante cose diverse, lasciando intravedere diverse possibilità di lettura praticamente per ogni episodio raccontato.
Una storia di libertà, ovviamente, la libertà di partire pedalando verso un mondo nuovo e forse non accogliente; ma basata su un piano di disciplina, di pianificazione dei tempi, di inevitabile ottimizzazione degli sforzi.
Dentro però c’era anche una storia di incontri, di accoglienza, di accettazione: ma anche di frontiere, divieti, autorizzazioni e permessi, di visti e timbri ossequiosamente eseguiti rispettati ed esibiti.
Mondi diversi, culture diverse a pochi chilometri l’una dall’altra, la voglia di capire entrambi ma la capacità di saper fermare il passo, di rendersi conto che voler capire a volte è solo presunzione di esser migliore.
Un piccolo aneddoto la dice lunga su quello che Alessandro ha imparato in questi mesi. Ad un certo punto, mostrando le foto del capitano D’Albertis, dice: «ecco, quella è la Spianata delle Moschee a Gerusalemme, io sognavo di rifare quella foto, proprio quella. Sapevo che la piazza è rimasta quasi identica, mentre molte altre foto non ho potuto riprodurle, perchè certi angoli non esistono più. Invece no, niente, non ho potuto andare su quella piazza: solo se sei musulmano puoi andare. Ho provato tutti gli accessi, ho cambiato punti di controllo, anzi li ho tentati tutti: ingresso riservato ai musulmani. E basta».
Era costernato, era dispiaciuto, era anche un po’ frustrato: ma non si poteva fare altrimenti.
Subito fra il pubblico, molto partecipe, si sono levati consigli e pareri, tutti nello stesso senso: dovevi provare a fregarli. Sei italiano, perbacco, era il sottotitolo.
Ma no, non è per questo che Alessandro ha attraversato sette paesi e pedalato per più di 5000 chilometri, non è per questo che ci raccontava quello che ha provato, non è per questo che ha condiviso con noi il suo viaggio.
La voleva proprio fare, quella foto: ma erano loro che stabilivano le regole, e dopo tre mesi che sei in viaggio se non ti lasciano entrare in una piazza, che puoi fare?
È risalito in bicicletta, è ripartito: direzione Giordania. Ed è’ arrivato ad Aqaba, sul Mar Rosso, il 6 dicembre.
Bruna Taravello