Valori oltre i limiti di legge nelle analisi del percolato mentre continuano gli sversamenti nel rio Cassinelle. E mancano i dati più importanti, quelli relativi ai metalli pesanti. Il sindaco: «Indispensabile come prima cosa intercettare i flussi d’acqua sotterranei»
Finalmente i primi dati. Richiesti a gran voce dai consiglieri già nelle scorse settimane e anticipati ieri mattina dall’edizione genovese di Repubblica, ecco arrivare i risultati ufficiali delle prime analisi di Arpal sul percolato di Scarpino. Purtroppo, però, mancano gli elementi più importanti, quelli che riguardano gli eventuali metalli pesanti – insolubili nell’acqua, cancerogeni e mutageni, cioè che possono intervenire a livello di mutamenti genetici – presenti nel liquido sversato nel rio Cassinelle e, di conseguenza, nel Chiaravagna.
«Il Comune di Genova – commenta Andrea Agostini di Legambiente – è nelle condizioni che se un matto versa del cianuro in un fiume, dopo una settimana non è in grado di sapere che cosa sia stato sversato mentre la gente nel frattempo si ammala». Fuor di metafora, di fronte a un disastro ambientale come quello di Scarpino, il problema non è più tanto la capacità delle vasche di raccolta del percolato ma piuttosto quello di capire da che cosa sia realmente composto questo percolato. «Finora – prosegue Agostini – si sta parlando solo di acqua sporca e puzzolente, con un po’ di ammoniaca che comunque si diluisce. Ma noi vorremmo anche che si cercasse di capire se ci sono dei veleni. D’altronde, Pericu era già stato indagato per la presenza di pcb e idrocarburi policiclici aromatici provenienti da Scarpino 1. Ci sono ancora? Se così fosse il percolato non potrebbe andare al depuratore né tantomeno nel rio Secco o nel Cassinelle, ma le acque velenose andrebbero smaltite in zone sicure. Perciò abbiamo fatto un esposto alla procura affinché si faccia luce rapidamente su questi elementi e su quella che definirei “innocenza criminale” dell’amministrazione». Nel frattempo, sono arrivati anche i primi tre indagati: si tratta del direttore degli impianti di smaltimento di Scarpino, del responsabile della qualità e dei laboratori di analisi e di un tecnico, tutti dipendenti di Amiu.
Oltre ai dati sui metalli pesanti, mancano anche le analisi sulle percentuali di BOD (domanda biologica di ossigeno) che indica la potenziale riduzione di ossigeno disciolto nell’acqua con conseguenti possibili effetti ambientali negativi.
«Arpal – ha detto l’assessore all’Ambiente, Valeria Garotta – mi ha anticipato che le analisi mancanti dovrebbero arrivare entro fine settimana. A quel punto indiremo una conferenza stampa congiunta per spiegare nel dettaglio quanto sarà trovato perché il Comune in questo caso è l’anello debole. Oggi, infatti, posso solo fornire i dati così come mi sono stati inviati, ovvero senza nessun supporto tecnico esaustivo a commento».
«Arpal e Asl3 – attacca Enrico Pignone, capogruppo della Lista Doria e storico membro dell’associazione “Amici del Chiaravagna” – si sono nascoste dietro un ipotetico e inesistente veto della Procura alla diffusione dei dati. Forse perché Asl si è accorta di non essere intervenuta finora ma che lo avrebbe dovuto fare già da tempo? Perché, se non c’è pericolo per l’incolumità delle persone, questi dati non sono stati resi pubblici subito? Che cosa vogliono nascondere?». Da qui i sospetti anche sui ritardi riguardo le analisi più importanti. Che sia stato trovato qualcosa di non proprio “regolare”? O che Arpal non sia in grado di fare direttamente queste analisi? «D’altronde – spiega Agostini – si tratta di studi piuttosto complessi e costosi per cui Arpal non riceve finanziamenti dalla Regione Liguria, limitati alle sole analisi biologiche che non nulla hanno a che vedere con quelle chimiche necessarie in questo caso».
A proposito di dati, eccone alcuni. Innanzitutto la quantità di percolato. Dal 16 gennaio, secondo quanto riportato in aula consigliare dall’assessore Garotta, mediamente da Scarpino 1 arrivano 4600 metri cubi di percolato al giorno. Nel 2011 la media era di 1800 mentre, negli ultimi due anni, dopo gli interventi di messa a regime del percolatodotto, erano scesi a 1500 mq al giorno. Ma la capacità attuale del percolatodotto si attesta sui 3000 mq/giorno: dunque, finché non si riuscirà a riportare il livello di liquami sotto questa soglia, continueranno gli sversamenti dal momento che non sono state evidenziate soluzioni tecniche (autobotti, teli impermeabilizzanti) utili e sufficienti a fronteggiare l’emergenza.
A questo punto è indispensabile analizzare i dati – almeno quelli finora disponibili – riguardanti i corsi d’acqua che subiscono questi sversamenti. Partiamo dalla presenza di azoto ammoniacale, l’elemento più fastidioso all’olfatto. La legge n. 152/2006 anche nota come “Testo unico ambientale” prevede un limite di 15 mg/l, ma alla confluenza tra il rio Cassinelle e il rio Bianchetta i dati di Arpal parlano di valori altalenanti tra i 2 e gli 83 mg/l. In particolare, nell’ultimo rilevamento compiuto, la quota registrata è stata di 53 mg/l: ben oltre i limiti di legge.
Gli altri numeri riguardano la COD (domanda chimica di ossigeno) che misura la quantità di ossigeno utilizzata per l’ossidazione di sostanze organiche e inorganiche contenute: un valore alto comporta una ridotta capacità di autodepurazione dell’acque e quindi la difficoltà a sostenere forme di vita. Il limite per la vita dei pesci sarebbe di 1 mg/l, ma in questo caso i valori registrati oscillano tra i 10 e 365 mg/l, con l’ultimo rilevamento assestato a 110 mg/l. Siamo, dunque, rientrati nei parametri di legge che fissano il limite a 160 mg/l ma… poveri pesci.
Su queste analisi, Asl3 sostiene che non ci sia alcun pericolo per la salute dei genovesi e che non sia dunque necessario prendere ulteriori misure precauzionali da parte dell’amministrazione. Pur senza voler creare inutili allarmismi, va sottolineato però che siamo di fronte a una valutazione incompleta finché non verranno resi pubblici tutti i dati, metalli pesanti compresi.
C’è un ulteriore elemento su cui sarebbe necessario fare chiarezza. L’assessore Garotta, riferendosi alle comunicazioni di Asl, ha parlato di «valutazioni su rilevamenti Arpal fino al 22 gennaio». Ma il 22 gennaio è passato da una settimana: che cosa è successo nel frattempo? E perché si è aspettato così tanto per rendere pubblica questa informazione?
Sulla stessa linea anche gli interrogativi di diversi consiglieri che, in sala Rossa, hanno dato vita a un dibattito piuttosto infuocato, sfociato nella richiesta da parte delle opposizioni delle dimissioni dei vertici Amiu e dell’assessore Garotta (e c’è stato persino chi – Alfonso Gioia, Udc – ha suggerito il possibile sostituto: Raphael Rossi).
«Da preoccupazione che il territorio ha sempre manifestato verso la discarica di Scarpino – ha detto nel suo intervento in Sala Rossa Enrico Pignone – la situazione si sta trasformando in un vero e proprio incubo. Ed è ancora più preoccupante che i dati sulle analisi, che sembra parlino di valori di veleni 50 volte superiori rispetto alla norma, arrivino prima ai giornalisti che ai consiglieri».
Antonio Bruno, capogruppo della Federazione della Sinistra, porta invece la sua esperienza personale: «Amiu ha continuato a negare lo sversamento che io stesso avevo visto con i miei occhi finché non abbiamo pubblicato le foto sul web. Solo allora è arrivata la conferma ufficiale. Ma se non c’è nulla da nascondere perché i cittadini non sono stati informati?».
Molto articolato l’intervento del Movimento 5 Stelle a cura del consigliere Stefano De Pietro. I grillini, dopo una dettagliata ricostruzione delle situazioni che hanno portato all’emergenza di oggi, chiedono: «Che fine ha fatto il progetto Amiu di “strippare” l’ammoniaca a Scarpino per distillazione, usando il biogas prodotto dalla discarica? Forse è meglio, per Amiu, potersi fregiare di produrre energia elettrica dallo stesso gas, invece che pensare ad un problema di salute pubblica. E dove finisce adesso tutto questo? In mezzo alle barche del porto turistico di Sestri, tra le case di recente costruzione, in un’area che si chiude su se stessa per la presenza di dighe e moli, quindi con il pericoloso effetto di una possibile concentrazione in zona di metalli pesanti sul fondo e di miasmi in aria».
Salemi (Lista Musso) fa, invece, un salto nel passato e ricorda come già 17 anni fa, l’allora assessore regionale all’Ambiente, sostenesse che la situazione di Scarpino fosse «precaria perché sono necessari interventi di risanamento e perché si tratta di una discarica che non potrà avere una lunga vita».
Più politica la polemica sollevata da Lilli Lauro, capogruppo PdL: «L’ex sindaco Vincenzi è nelle grane per non avere dimostrato responsabilità nella gestione della salute dei cittadini, io chiedo a lei, sindaco Doria, che responsabilità abbia in questo caso, visto che nelle sue linee programmatiche non si fa cenno alcuno a Scarpino».
L’argomento, affrontato nelle more di un articolo 55, ha visto un intervento per ogni gruppo politico e ha messo sul piatto tante domande che restano ancora senza risposta. A queste, il legambientino Agostini ne aggiunge un’altra: «Possibile che quest’acqua di falda incontrollata che causa un aumento a dismisura del percolato sia venuta fuori solo oggi, quando dal 2010 Arpal ha tra i suoi consulenti il professor Renzo Rosso, ordinario di ingegneria idraulica del Politecnico di Milano? Possibile che Rosso, che si è occupato dei lavori di regimentazione delle acque di Scarpino 2, non si sia mai accorto di nulla in quattro anni?».
Il capogruppo del Pd, Simone Farello, dopo aver sottolineato come tutti debbano prendersi le proprie responsabilità, «perché l’unico modello del ciclo dei rifiuti a Genova è sempre stato basato sulla discarica in proroga e in continua deroga e non è mai stato ottenuto alcun risultato su questo piano perché si è assistito a un continuo cambiamento di linee programmatiche», ha evidenziato come spetti alla giunta indicare una soluzione strutturale del problema, al di là dell’emergenza. «Non possiamo continuare a tenerci la discarica perché non siamo d’accordo con i piani industriali presentati da Amiu» ha concluso l’ex assessore alla Mobilità della giunta Vincenzi.
È davvero difficile, al momento, capire come uscirne. Anche perché lo stesso sindaco Marco Doria ha ricordato che «se fosse ipoteticamente chiusa Scarpino 2, gli sversamenti continuerebbero in quanto provenienti dalla discarica di Scarpino 1, chiusa da anni. È, dunque, indispensabile come prima cosa intercettare i flussi d’acqua sotterranei che arrivano da Scarpino 1». E in questa direzione sta intervenendo Amiu, come ha spiegato l’assessore Garotta: «Sono in corso gli studi idrogeologici per valutare come intercettare l’acqua a monte delle vasche di raccolta del percolato. Abbiamo poi chiesto ad Amiu di migliorare l’impermeabilizzazione superficiale di Scarpino 1 e studiare la realizzazione di nuove vasche, dal momento che non è strutturalmente possibile alzare quelle vecchie. Inoltre, il nuovo depuratore (qui l’approfondimento di Era Superba, ndr), che avrà sede nell’area ex Ilva, dovrà essere in grado di trattare una quantità maggiore di percolato rispetto a quella attuale, con l’eventualità della realizzazione di un piccolo depuratore per il trattamento del percolato direttamente nel polo impiantistico di Scarpino. Infine, abbiamo chiesto ad Amiu di avviare la progettazione definitiva per la realizzazione dell’impianto di trattamento dell’umido con biodigestione e compostaggio nella nuova parte a freddo di Scarpino: solo così potremmo concretamente potenziare anche la raccolta differenziata dell’umido».
Per raggiungere tutti questi obiettivi il più rapidamente possibile, l’assessore sottolinea che «tutti dovremo fare la nostra parte: cittadini, Comune, Amiu ma anche la Regione affinché una parte dei fondi europei strutturali siano dedicati alla realizzazione dell’impianto dell’umido».
Simone D’Ambrosio