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Arte, scienza, Genova e la fotografia: una chiacchierata con uno degli artisti selezionati per la mostra itinerante alle botteghe della Maddalena
Classe 1981, Andrea Sessarego è fotografo molto attivo sul territorio genovese e collabora da alcuni anni con uno dei fiori all’occhiello della città, il Festival della Scienza. La sua ultima mostra è stata in occasione del progetto Adotta un artista.
Come e quando è cominciato il tuo interesse per la fotografia?
Tutto è cominciato per caso circa otto anni fa quando ho deciso di acquistare una fotocamera digitale prima di partire per un viaggio in Russia. La fotografia mi ha sempre affascinato per il suo enorme ed immediato potere comunicativo, ma prima di allora non avevo mai provato a comunicare con un’ immagine, come se fosse un linguaggio che capivo ma che non sapevo parlare.
Avere quindi uno strumento che mi permettesse di fissare un istante, una forma come lo percepiva la mia mente mi ha dato la possibilità di dare sfogo ad una mia capacità espressiva inaspettata. Questa scoperta ha dato il via ad un percorso di formazione personale, in un primo momento da autodidatta poi frequentando corsi e workshop per acquisire le diverse competenze tecniche e per allenare ed educare i propri occhi alla composizione di immagini.
Hai iniziato subito con questa tecnica o sei passato prima attraverso altre forme?
Mi sono avvicinato a questo mondo nel momento in cui il passaggio dall’analogico al digitale si stava affermando a grande velocità, quindi il mio primo contatto con la fotografia è avvenuto nel mondo dei pixel e delle schede di memoria. L’utilizzo di vecchie macchine fotografiche analogiche per realizzare le mie opere è recente.
Ho comprato una vecchia macchina bi – ottica Russa degli anni ‘60 in un mercatino delle pulci a Varsavia due anni fa e dopo aver seguito un workshop di fotografia analogica ho iniziato ad esplorare questo nuovo aspetto della fotografia. Quindi, a oggi, a una reflex digitale affianco l’utilizzo di alcune macchine vintage degli anni ’60 – ’70 e diverse fotocamere polaroid e, perché no, uno smartphone.
Ci descrivi il tuo approccio nel realizzare un’opera? Dove arriva l’ispirazione, quanto tempo ti richiede, quali tecniche usi, ecc.
L’approccio varia molto a seconda degli strumenti utilizzati e del soggetto che si vuole fotografare. A volte riesco a cogliere l’attimo perfetto con una reflex digitale, altre volte impiego molto tempo nella scelta dell’ inquadratura e dell’esposizione utilizzando le mie macchine analogiche. Spesso mi capita di avere questa necessità per instaurare una sorta di relazione col soggetto o con l’ambiente in cui mi trovo a fotografare. A volte, quindi, necessito anche di più sessioni in giorni differenti prima di essere soddisfatto dei miei scatti.
Posso quindi dividere i mie lavori in scatti che chiamerei impulsivi e scatti riflessivi, che sono poi rappresentativi delle due tipologie di fotografia che preferisco, il reportage e le foto di architettura.
La tecnica che sto sperimentando ultimamente si basa sull’esporre lo stesso fotogramma per due volte,sovrapponendo così nella stessa immagine più soggetti o forme. Amo molto questa tecnica perché è totalmente imprevedibile e riserva sempre delle sorprese una volta sviluppata la pellicola.
L’ ispirazione arriva continuamente, ed è per questo che ho quasi sempre una fotocamera con me, sono molto attratto dalle forme geometriche e dalle texture, quindi molto spesso mi capita di “vedere” in anticipo i mie scatti semplicemente osservando un edificio, delle ombre o dei riflessi.
Mi capita, quindi, di “scattare con la mente” , di vedere il soggetto in bianco e nero già imprigionato in un rettangolo di carta fotografica o dentro ad una cornice di una Polaroid oppure visualizzato sullo schermo di un PC.
Quali sono i luoghi di Genova che maggiormente ti ispirano? Dove ha già esposto e dove ti piacerebbe esporre in futuro?
Credo che Genova abbia un forte potere ispiratore, è una città ricca di contrasti luminosi, architettonici e culturali. Il centro storico è un luogo perfetto per giocare con la luce o per andare alla ricerca di istanti e situazioni particolari. La periferia con i suoi ex stabilimenti industriali, gli edifici popolari e i viadotti autostradali è ricca di forme e linee da racchiudere in uno scatto.
Ho esposto alcuni miei progetti fotografici in locali e circoli genovesi, la mia ultima mostra, un reportage sugli abitanti dei quarteri storici di Pechino, risale a quest’autunno.
Credo che il nuovo spazio Sala Dogana, creato a Palazzo Ducale, sia una interessante opportunità che viene data ai giovani artisti per mostrare i propri lavori. Spero di riuscire a produrre nei prossimi mesi un progetto fotografico che possa essere selezionato ed esposto in questi spazi.
Da genovese, cosa pensi del modo in cui la nostra città vive l’arte?
Credo che Genova pur essendo permeata dall’ arte la viva in maniera timida ed intimista in un mondo limitato al collezionismo, fatto di piccole gallerie da andare a scovare nel centro storico.
Detto questo in questo momento mi sembra di cogliere un insolito fermento nel mondo dell’arte cittadina dato dalla la nascita di alcune realtà interessanti all’interno del quartiere della Maddalena, da un tentativo di rilancio del Museo di Arte Contemporanea e dal tentativo di dare voce attraverso diverse azioni agli operatori del mondo dell’industria creativa.
Sei stato uno degli artisti selezionati per la mostra itinerante alle botteghe della Maddalena. Credi che arte e cultura possano contribuire al rilancio di questo quartiere?
Credo fortemente nel rilancio di questa zona di Genova e penso che questo quartiere possa cambiare volto non solo ospitando temporaneamente eventi artistici e culturali ma possa diventare un catalizzatore della creatività cittadina, un luogo dove gli artisti trovano uno spazio permanente per esprimersi, trarre ispirazione ed entrare in comunicazione tra loro e con altre realtà.
Tra le tue attività c’è il Festival della Scienza, una delle eccellenze genovesi in ambito culturale. A tuo parere arte e scienza sono due discipline amalgamabili? Si può parlare di “creatività nella scienza”?
Collaboro con l’ Associazione Festival della Scienza da diversi anni occupandomi della selezione e formazione degli animatori scientifici, della organizzazione dell’evento e nella ideazione e realizzazione di laboratori didattici.
Credo che le parole arte e scienza possano essere declinate entrambe sotto un’unica parola: immaginazione. Immaginare è un’azione fondamentale sia per uno scienziato che per un artista, credo sia alla base del processo creativo che poi porta alla realizzazione di opere artistiche e nuove scoperte.
Arte e Scienza sono quindi due campi che essendo guidati dalla curiosità e dall’immaginazione si trovano ad essere molto vicini tra loro. Per questo motivo trovo che l’arte sia un ottimo linguaggio da utilizzare per comunicare la scienza e che molte volte alcuni fenomeni scientifici siano una forma d’arte.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sicuramente credo di dover dedicare ancora tempo alla mia formazione, come dicevo spero di riuscire a dare visibilità ad alcuni miei progetti o entrando in contatto con alcune gallerie d’arte o avendo la possibilità di utilizzare gli spazi di Sala Dogana. Vorrei fare avvicinare il più possibile i due mondi in cui opero quello della divulgazione scientifica e quello della fotografia.
Marta Traverso
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