Il professore Luca Gandullia risponde alle nostre domande e a quelle dei lettori di Era Superba per fare chiarezza sul bilancio del Comune. Un argomento delicato ed importante, che merita l'attenzione di tutti i genovesi
Con una sospensiva adottata all’unanimità (33 i consiglieri presenti) nel primo pomeriggio di oggi, confermando le voci che circolavano sempre più frequenti a partire dalla giornata di ieri, il Consiglio comunale ha rimandato a dopo la pausa estiva la delicata discussione sul futuro delle società partecipate del Comune di Genova, che in questi giorni ha messo a dura prova la tenuta della maggioranza a Palazzo Tursi. Le ostilità ricominceranno alla riapertura dei lavori, martedì 10 settembre, con la convocazione di una seduta monotematica ad hoc del Consiglio comunale. Nel frattempo sarà possibile presentare nuovi ordini del giorno ed emendamenti alla delibera modificata, depositata oggi stesso dalla Giunta. Ma se ne riparlerà appunto a settembre, con tempi di discussione che saranno contingentati.
E mentre i consiglieri si preparano a partire per le vacanze, come promesso nei giorni scorsi, Era Superba ha deciso di mantenere alta l’attenzione sul bilancio previsionale approvato ieri e da cui dipenderà buona parte del futuro della nostra città.
Abbiamo, dunque, chiesto al professor Luca Gandullia – docente di Scienza delle finanze e Finanza regionale e degli enti locali a quella che un tempo si chiamava Facoltà di Scienze Politiche, nonché presidente del Master in “Innovazione nella Pubblica Amministrazione”, e già addentro alla realtà della civica amministrazione genovese con la presidenza di Sportingenova – di aiutarci a capire qualcosa in più su questo documento per molti troppo astruso.
Professor Gandullia, data la sua passata esperienza con SportinGenova non possiamo che partire dal tema più “fresco”, ovvero dalla delicatissima questione delle società partecipate, che ha messo in seria crisi la maggioranza di Palazzo Tursi.
«Quello delle società partecipate resta un nodo irrisolto a Genova, come in tante altre città. Il superamento del “capitalismo municipale” stenta a compiersi per resistenze ideologiche e sindacali. Correttamente, alcune forze politiche a Genova hanno posto il tema della riforma delle società partecipate come precondizione all’approvazione del bilancio 2013. Al di là di come, poi, sono andate le cose, vi è la necessità di compiere scelte ineludibili, che vanno dalla liquidazione di società non in grado si stare sul mercato (come si è fatto per SportinGenova nel 2010), alla dismissione di società la cui proprietà pubblica non ha alcuna motivazione economica o a società dove l’ingresso di soci privati, anche di minoranza, potrebbe portare benefici di efficienza e capacità manageriali».
Sempre sul tema delle partecipate, un lettore di Era Superba pone un quesito piuttosto interessante: “Non trovate che la trasparenza nei bilanci delle partecipate sia carente? Sul bilancio del Comune possiamo vedere solo a quanto ammontano i trasferimenti dell’ente nella casse delle partecipate, ma se poi andiamo sul web a cercare i loro bilanci o non ci sono o sono di difficile consultazione. Addirittura leggendo quello di aster, da profano, sembrerebbe persino un’azienda in piena salute…”
«L’osservazione corrisponde al vero. I rapporti tra Comune e società partecipate sono opachi. Da diversi anni si lamenta la perdita di controllo del Comune sulle proprie società partecipate. Per aumentare la trasparenza dei bilanci delle società partecipate la Giunta Vincenzi aveva previsto un’apposita Agenzia/Autority comunale che tuttavia a distanza di quattro anni dalla sua costituzione non ha prodotto i risultati attesi».
Ed ecco l’aggancio per passare all’altro grande tema di queste convulse giornate pre-vacanziere: il bilancio. Il Consiglio comunale ha dato il via libera al documento preventivo per il 2013 presentato dalla giunta, nonostante un dibattito molto acceso soprattutto nelle prime giornate di discussione.
«La grave situazione finanziaria del Comune di Genova non sorprende. Per Genova, come per le altre maggiori città italiane, si riflettono gli effetti delle pesanti manovre finanziarie attuate, all’insegna dell’austerità, dai governi centrali negli ultimi tre anni, manovre che hanno gravato in misura preponderante sulle autonomie locali. L’intero comparto della finanza comunale nel nostro Paese soffre le conseguenze di una crescita eccessiva degli apparati burocratici avvenuta nel corso degli anni ’90, rivelatasi poi insostenibile già prima dell’aggravarsi della crisi economica. Il sovradimensionamento delle strutture comunali è ancora più marcato nelle città, come Genova, che registrano un calo progressivo della popolazione residente».
Ci aiuti a fare un po’ di ordine tra i tanti numeri di questo bilancio previsionale.
«Nelle stime della giunta le risorse mancanti nel 2013 rispetto all’anno precedente ammontano a 80 milioni di euro, circa il 10% della spesa comunale complessiva; la metà è costituita da minori trasferimenti statali. Per farvi fronte sono state previste riduzioni di spesa per circa 50 milioni di euro, di cui 13 relativi alla spesa per il personale e 1,7 milioni come risparmi delle spese generali (spending review). 14 milioni derivano, invece, da non meglio precisati risparmi relativi al servizio del debito comunale, probabilmente in parte frutto della ricontrattazione di alcuni mutui.
Le risorse ancora mancanti (circa 30 milioni) sono reperite attraverso l’aumento dell’IMU sulla prima casa (21,6 milioni) e l’aumento dell’IMU sulle abitazioni in locazione a canone concordato (1,5 milioni circa).
Nel complesso, escludendo aggiustamenti contabili (quali i minori accantonamenti al fondo svalutazione crediti), la manovra finanziaria del Comune si compone per oltre la metà sull’aumento della pressione fiscale (IMU) e in misura minore su riduzioni di spesa (in primis quella sul personale)».
A proposito di spesa per il personale. Facendo nostro uno spunto lanciato dagli attenti lettori di Era Superba, quanto è giusto aumentare la pressione fiscale sui cittadini, quando, benché in costante diminuzione, la voce più pesante nelle uscite di parte corrente è di gran lunga rappresentata dagli oltre 230 milioni di euro per il personale (quasi un quarto del totale)?
«La struttura amministrativa del Comune è fortemente sovradimensionata rispetto alle necessità, tanto più che la popolazione genovese è in costante diminuzione. Occorreranno anni prima che, tramite il blocco del turnover o la mobilità, il Comune possa tornare a dimensioni più efficienti. Nel frattempo ogni possibile riduzione di spesa andrebbe privilegiata rispetto all’aumento della pressione fiscale sui cittadini genovesi».
Fin qui i freddi numeri. Ma che cosa ne pensa?
«Emergono tre ordini di considerazioni: la prima è che la manovra genovese soffre di gravi incertezze, se si considera che l’IMU sulla prima casa a settembre potrebbe essere abolita o, comunque, fortemente ridimensionata dallo Stato, con l’effetto di privare il bilancio del Comune di quasi 22 milioni di euro, che dovrebbero essere reperiti in altro modo.
Una seconda considerazione riguarda i risparmi di spesa, che appaiono significativi sul versante della spesa per il personale (anche grazie al blocco del turnover), mentre sembrano molto timidi sugli altri comparti. Dalla spending review, ad esempio, derivano solo 1,7 milioni di euro di risparmi.
Infine, non si prevedono entrate nuove da dismissioni (immobiliari e societarie), che avrebbero potuto attenuare gli effetti dell’aumento della pressione fiscale e/o ridurre l’attuale stock di debito comunale, con conseguenti benefici sul servizio del debito».
In proposito sindaco Doria e assessore Miceli hanno affermato di essere vincolati da una normativa nazionale.
«E’ vero, però le dismissioni permettono di ridurre il debito del comune, il che significa minori interessi passivi nelle voci della spesa corrente».
Ritorniamo a una delle questioni che stanno più a cuore ai cittadini: l’Imu. Che cosa potrebbe succedere al bilancio del Comune di Genova se il governo dovesse abolire l’Imu sulla prima casa? Da dove si prenderebbero i soldi mancanti per le casse di Tursi? Sarebbe necessario un bilancio bis che andrebbe a rivoluzionare quello in corso di discussione?
«Innanzitutto, verrebbero a mancare i circa 22 milioni di euro previsti a bilancio. A meno di ulteriori riduzioni di spesa, difficilmente realizzabili a distanza di tre mesi dalla fine dell’anno, sarebbe inevitabile reperire le risorse facendo leva su altri strumenti tariffari e fiscali, in primis le tariffe sui servizi comunali e la Tares. E, data la natura regressiva di questi prelievi, gli effetti sarebbero fortemente iniqui».
Certamente non si tratta di un problema solo genovese. Come ci si sta muovendo nel resto d’Italia?
«La maggior parte degli altri Comuni – tra cui Milano – ha rimandato a settembre l’approvazione del bilancio 2013, in attesa di avere un quadro più certo circa il futuro dell’IMU e di altre componenti della fiscalità locale (es. Tares). Ciò perché un bilancio approvato oggi che prevedesse modifiche all’IMU sulla prima casa potrebbe essere vanificato se successivamente lo Stato confermasse l’abolizione dell’imposta sulla prima casa. Un’alternativa avrebbe potuto essere, come ha fatto il Comune di Milano, di approvare un bilancio-ponte, provvisorio, destinato a garantire i servizi essenziali fino all’approvazione a settembre del bilancio definitivo».
Un altro lettore ci scrive: “A leggere i dettagli ci sono troppe persone e famiglie che si autocertificano per esenzioni (mense, asili, scuole, libri, sanità, medicine) senza averne diritto”. Il suo ragionamento fa nascere naturalmente alcune domande. Non basterebbe automatizzare il tutto incrociando i dati con la dichiarazione dei redditi? É realistico pensare che si risparmierebbero i soldi per coprire alcuni buchi che oggi abbiamo coperto alzando la pressione fiscale? E, più in generale, un sistema del genere non potrebbe essere sfruttato per porre un freno efficace alle evasioni?
«Sicuramente chi, evadendo le imposte, dichiara redditi bassi ha un vantaggio ulteriore, quello di poter fruire dei servizi pubblici gratuitamente o comunque a condizioni di favore. E’ per questa ragione che il contrasto all’evasione fiscale, a livello statale e locale, è una priorità. A questo fine non servono strategie o strumenti nuovi, basta connettere tra loro le diverse banche dati esistenti (Agenzia delle entrate, INPS, istituti di credito, etc.)».
Apriamo gli orizzonti al futuro. Al di là del bilancio previsionale che in un certo qual modo doveva per forza di cose essere approvato per garantire la sopravvivenza della città, come vede il futuro delle casse di Tursi nei prossimi anni, considerato che i tagli proseguiranno e che il Comune non potrà più indebitarsi?
«Occorrono azioni incisive per scongiurare situazioni di pre-dissesto. Va in primo luogo accelerata la costituzione della Città metropolitana affinché i costi dei beni e servizi pubblici siano sopportati non solo dai cittadini residenti nel Comune di Genova. In questa occasione andrebbe anche ridefinito il perimetro dell’intervento pubblico da parte del Comune, che dovrebbe concentrare la propria azione sui servizi istituzionali e su quelli fondamentali (quelli sociali in primis) e dovrebbe, laddove possibile, assumere un ruolo di regolatore, anziché di gestore diretto dei servizi pubblici.
Andrebbe, inoltre, condotta internamente una seria ed approfondita azione di spending review che attraverso l’individuazione delle determinati della spesa comunale, consentisse di eliminarne le inefficienze; in questa direzione va anche adottata, su ampia scala, la metodologia dei costi standard, in linea con quanto è già stato elaborato dalla COPAFF (Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale) a Roma.
Sul piano fiscale e tariffario, per evidenti ragioni di equità, andrebbe generalizzato l’utilizzo del nuovo ISEE per l’accesso ai servizi e alle prestazioni sociali, con la conseguente compartecipazione al costo dei servizi graduata in funzione della capacità economica dei cittadini».
Ringraziamo il professor Gandullia per i preziosi contributi e tutti i lettori di Era Superba per l’attiva partecipazione all’intervista.
Simone D’Ambrosio