Intervista in esclusiva per Era Superba di Brando Benifei, europarlamentare spezzino, sui lavori di Strasburgo per superare la crisi comunitaria sulla questione migranti. Il problema sono le regole che impediscono la solidarietà tra Stati e persone
In occasione dell’incontro organizzato dall’Osservatorio Balcani e Caucaso-Transeuropa e dalla associazione Januaforum, sul tema “Migrazioni in Europa: quali connessioni tra accoglienza e sviluppo?”, abbiamo incontrato Brando Benifei, eurodeputato spezzino del Partito Democratico, relatore lo scorso maggio del rapporto sull’integrazione dei rifugiati nel mercato del lavoro europeo. Un’occasione per capire cosa si sta muovendo a livello comunitario sul tema migrazioni, alle luce delle spaccature politico-diplomatiche di questi mesi, sia a livello nazionale che a livello europeo
I dati di questi mesi parlano chiaro: l’Europa sulla questione migrazioni si è spaccata, e anche a livello delle singole nazioni, esistono approcci contrastanti alla questione. Qual è il livello di discussione all’interno del Parlamento europeo?
La questione rifugiati è senza dubbio quella che sta creando più problemi a livello sociale in Europa, sopratutto per il gran numero di richiedenti asilo. Siamo in un sistema per cui migrare legalmente è impossibile. Un problema soprattutto italiano, provocato dalla legge Bossi-Fini, che rende impossibile migrare nel nostro paese in maniera legale. In questo scenario di straordinario afflusso, dovuto ai conflitti dell’area mediterranea, il Parlamento europeo si sta occupando di quali politiche si possano mettere in campo per tutelare chi fugge da situazioni di rischio concreto per la proprio incolumità, distinguendoli da coloro che non hanno questo situazione, che sono migranti economici camuffati. Bisogna accompagnare questa rigidità, che secondo me è giusta, alla creazione di nuovi canali di integrazione legale che oggi non ci sono. A Strasburgo sono al momento in discussione misure per rendere omogeneo e più fluido il sistema della elaborazione della richiesta asilo. Oggi abbiamo persone che rimangono in un limbo per troppo tempo, persone di cui talvolta perdiamo le tracce o vengono assorbite dalla criminalità.
Durante l’estate, in piena crisi umanitaria a Ventimiglia, molte voci si sono alzate, tra cui quella del vescovo Suetta, per dire che l’Europa dovrebbe anche lavorare per superare la differenza tra migrante economico e rifugiato…
È una cosa comprensibile, però a livello di stati non possiamo accogliere tutti, sia per una questione di sostenibilità economica che di consenso politico. Dobbiamo però lavorare per velocizzare il sistema di attivazione della protezione internazionale per chi veramente è a rischio vita nel proprio paese. In italia come dicevo la migrazione legale non è possibile, per colpa della legge Bossi-fini, che andrebbe superata.
Il sistema di accoglienza oggi vigente, inoltre, ha fatto vedere tutti i suoi limiti, soprattutto qui in Liguria…
A Ventimiglia si sono concentrati diversi problemi; da una parte l’incapacità dell’Europa di arrivare in fondo rispetto al sistema di solidarietà di distribuzione dei richiedenti asilo. In europa siamo capacissimi di fare politiche di coesione sulle autostrade e poi non c’è solidarietà nella gestione di questo fenomeno che non è più un emergenza ma ha dei tratti di strutturalità. Inoltre a Ventimiglia si consuma il problema di una mancata attuazione piena su tutto il territorio nazionale del sistema degli Sprar, che considero una buona pratica, che potrebbe essere esempio anche per altri paesi, dove i progetti di integrazione sono messi in mano ai comuni superando il problema più grosso, cioè quello della distribuzione delle persone in attesa dell’esame della loro richiesta di protezione internazionale. Un sistema che si contrappone al sistema emergenziale prefettizio che ha creato più sprechi e inefficienze che altro. Tenere molte persone concentrate in pochi posti, infatti, crea ghetti e situazioni di pericolo e intolleranza.
Anche le regole Europee, però, sono un problema, basti pensare a meccanismi del regolamento di Dublino..
Per il Parlamento Europeo questo è il nodo più importante, cioè quello del superamento di queste regole. È oggi in discussione una proposta di riforma, al momento non ancora del tutto soddisfacente, secondo me, per cambiare questi meccanismi. Ovviamente bisogno che i governi spingano politicamente per far sì che si possa arrivare al risultato. A maggio potrebbe esserci un passaggio importante, da questo punto di vista.
Quale potrebbe essere una soluzione?
Noi vogliamo che l’Europa investa nell’integrazione, ma bisogna fare in modo che le risorse utilizzate siano incrementate e che non vengono tolte ad altre problematiche sociali, come la disoccupazione di lungo periodo, le famiglie a basso reddito, la disabilità, l’assistenza degli anziani. La questione dei rifugiati ci può servire per riorganizzare in maniera più efficiente l’utilizzo delle risorse che abbiamo. Se passa il concetto che noi mettiamo soldi per i rifugiati, soldi che però sono tolti ad altre persone che sono in difficoltà, noi rendiamo impossibile l’integrazione dei rifugiati, e alimentiamo il razzismo e la guerra tra poveri. Un altro tema su cui noi siamo stati molti netti è che non si creino dei mercati del lavoro paralleli, con condizioni di lavoro per i migranti al di sotto dei minimi salariali, che oltre a sfruttare le persone, crea una concorrenza sleale.
Oggi era a Genova per parlare con gli studenti, e non solo…
È stata una giornata importante, perché queste occasioni permettono di parlare di argomenti specifici, chiarendo certi aspetti che spesso sono raccontati male dai media, facendo anche sapere come funziona, e cosa sta facendo, il Parlamento Europeo e tutti gli organi dell’Unione Europea.
Nicola Giordanella