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In attesa del bando per affidarne la futura gestione, atteso intorno a metà ottobre, ripercorriamo il recente passato del teatro
Per il Teatro Hop Altrove, un piccolo gioiello incastonato nei vicoli genovesi con una storia travagliata alle spalle, si profila all’orizzonte l’ennesima opportunità di rinascita: ad ottobre, infatti, scade la concessione per l’affidamento dello spazio ed il Comune di Genova, proprietario del cinquecentesco palazzo Fattinanti Cambiaso, sede del teatro, si prepara a bandire una gara per trovare un nuovo soggetto gestore.
Nel luglio scorso l’amministrazione comunale ha organizzato un incontro pubblico in piazza Cernaia proprio per discutere sul futuro dell’Hop Altrove. La cittadinanza ha risposto positivamente, comitati, associazioni, residenti sono intervenuti con proposte e idee per la gestione di un luogo unico nel suo genere, ubicato in piazzetta Cambiaso, nelle immediate vicinanze della Maddalena. All’incontro di ascolto erano presenti Carla Sibilla, assessore alla cultura e al turismo del Comune di Genova, Elena Fiorini, assessore alla legalità e ai diritti e due esponenti del Municipio Centro Est, il presidente Simone Leoncini e l’assessore allo sviluppo economico, Maria Carla Italia. «L’obiettivo è ascoltare in vista dei tempi di affidamento che scadono a ottobre. L’impostazione dell’amministrazione vuole abbracciare una modalità più aperta e trasparente che combini le finalità di questo spazio con la necessità di sostenibilità in un bando pubblico».
In quest’occasione due posizioni, tra le altre, hanno trovato maggiore condivisone: la prima, per una gestione pubblica e partecipata da più soggetti del quartiere; la seconda per una funzione esclusivamente teatrale.
Come spiega l’assessore Maria Carla Italia «Gli orientamenti emersi dall’assemblea sono questi. Il 4 ottobre sentiremo in audizione i gruppi rappresentativi del territorio per portare le loro istanze all’attenzione del Comune. Continuiamo il processo di partecipazione collettiva. Il teatro Hop è un luogo che merita la massima visibilità e può contribuire al rilancio del centro storico».
«Faremo ancora un passaggio in commissione per confrontarci con gli stakeholder (soggetti portatori di interesse della comunità, ndr) ad esempio il Civ di zona – aggiunge l’assessore comunale alla cultura e al turismo, Carla Sibilla – Il bando potrebbe essere pronto intorno a metà ottobre».
Ripercorrendo brevemente la storia recente del teatro emergono enormi difficoltà di gestione legate soprattutto al difficile contesto in cui si trova, nel cuore della città vecchia e alla particolare natura dell’edificio che lo ospita.
Palazzo Fattinanti Cambiaso, sede del Teatro Hop Altrove, è un edificio cinquecentesco situato poco distante dalla Chiesa di Santa Maria delle Vigne. Inizialmente di proprietà della famiglia nobiliare Fattinanti, che annovera tra i suoi esponenti un doge (Prospero Centurione Fattinanti), viene rinnovato nel ‘600 per volontà dell’allora proprietario Gio.Giacomo Centurione, per passare in mano ai Cambiaso nel ‘700. Durante il secondo conflitto subisce danni gravissimi, venendo semidistrutto dal famigerato bombardamento del 22 ottobre 1942, quando su Genova si abbattono 85 bombardieri inglesi Lancaster.
Le operazioni di restauro conservativo, terminate nel 2003 dalla Soprintendenza ed effettuate sotto la direzione di Nicolò de Mari, hanno riportato alla luce gli affreschi della loggia e dei locali superiori.
Il Comune di Genova, grazie ai fondi delle Colombiadi, ha speso la bellezza di 2 miliardi delle vecchie lire per riportarlo all’antico splendore. La ristrutturazione ha portato alla ridefinizione degli spazi principali, ovvero teatrino da 80 posti al piano terra e ristorante al piano superiore.
A partire dal 2003 e fino al 2007 la gestione è affidata a Mario Jorio che ha dovuto fare affidamento esclusivamente sulle sue forze, senza godere di nessun finanziamento pubblico. Fino al 2006 ha proposto una programmazione teatrale e culturale a cui ha affiancato una biblioteca di cinema e teatro ed un’attività di ristorazione, nell’ambito di una convenzione con il Comune di Genova che prevedeva l’apertura del ristorante solo nelle serate di spettacolo. Purtroppo però, nonostante la notevole qualità artistica degli eventi proposti, l’Hop Altrove non è mai riuscito ad attirare il grande pubblico e nel 2007 Jorio è stato costretto a gettare la spugna.
D’altra parte una programmazione prettamente teatrale in uno spazio così ridotto e difficile da raggiungere, se non addirittura sconosciuto ai più – sia nella sua veste storica di edificio vincolato e restaurato sia in quella odierna di “centro culturale polivalente” (così appare la denominazione nell’elenco dei beni vincolati della Soprintendenza) – dà adito a qualche ragionevole dubbio sulle concrete possibilità di ricavare degli utili dall’attività, considerati i problemi che già soffrono ben più grandi e importanti teatri cittadini, Carlo Felice in primis. Inoltre a ben vedere la definizione stessa con cui l’Hop viene indicato nell’elenco suggerisce una varietà dell’offerta culturale e artistica, non limitata al solo teatro.
La conferma arriva dallo stesso assessore alla cultura e al turismo del Comune di Genova, Carla Sibilla «Siamo perfettamente consapevoli che la sola funzione teatrale non sarebbe economicamente sostenibile. Vogliamo coniugare le esigenze di spazio delle realtà associative con gli interessi privati del futuro gestore. Le attività culturali necessariamente saranno affiancate da altre attività. E probabilmente quest’ultime non saranno così strettamente legate agli eventi. Abbiamo già ricevuto alcune manifestazioni di interesse e questo è un fatto positivo».
Da circa tre anni l’Hop è gestito dalla cooperativa Altrove presieduta da Giuseppe Varlese che ha provato a promuovere un centro di cultura enogastronomica, in particolare dedicato alla storia della birra. L’idea di Varlese era quella di vendere la birra artigianale di sua invenzione, la “Bryton” chiamata “la birra dei liguri”, in occasione di eventi teatrali, musicali ed artistici.
Ma la sua gestione è stata contestata dall’amministrazione comunale che gli ha notificato per tempo la disdetta anticipata del contratto di appalto. Le contestazioni che gli vengono fatte sono l’inadempienza rispetto alle clausole di concessione in due punti: non ha rispettato il programma culturale e i giorni di cessione gratuita degli spazi.
Per quanto riguarda il primo aspetto occorre sottolineare che Varlese ha dovuto fare i conti, nel corso del 2011, con il rovinoso crollo del soffitto della sala – corrispondente al pavimento del locale superiore adibito a bistrot – dovuto a gravi e ripetute infiltrazioni d’acqua che hanno danneggiato anche l’impianto elettrico. Ovviamente l’incidente ha compromesso, per lungo tempo, la programmazione degli eventi. In seguito, secondo il Comune, il gestore avrebbe comunque privilegiato l’attività di ristorazione e bar che al contrario doveva essere intrinsecamente legata all’organizzazione di momenti culturali.
In merito alla seconda contestazione, ovvero la prevista cessione gratuita degli spazi per 60 giorni all’anno, Varlese afferma che ne avrebbe rispettati circa 15, lamentando comunque il fatto di essersi fatto carico delle spese di energia elettrica e acqua durante quei giorni oltre che di quelle di pulizia.
«Durante i 3 anni di gestione non ho mai ricevuto alcun supporto economico da parte del Comune – spiega Varlese – il mancato pagamento dell’affitto è dovuto al crollo del soffitto per il quale ho dovuto sostenere le spese di recupero». Resta l’interrogativo su come sia possibile che il gestore intervenga a mano libera su un bene di proprietà del Comune e per di più vincolato.
Varlese non intende presentarsi al nuovo bando perché ritiene impossibile la gestione nei termini che si vogliono dettare. E proporrà la sua formula in un nuovo e più favorevole contesto.
«Durante la riunione del 25 luglio, alla quale non sono stato neppure invitato, ci sono stati una ventina di interventi per altrettanti comitati ma non c’è stato spazio alcuno, né ci sarà in futuro, per le espressioni e le esigenze delle comunità extracomunitarie che pure vivono la Maddalena ma non vengono coinvolte», è la critica che muove Varlese all’amministrazione comunale.
Gli ottanta posti a sedere del teatro sono da lui considerati assolutamente insufficienti, anche se si facesse il tutto esaurito, a coprire da soli le uscite, in assenza di un aiuto pubblico o di un’altra fonte di entrate.
«L’attività culturale in uno spazio del genere va affiancata a quella di ristorazione o di bar se si vuole garantire quanto meno il pareggio di bilancio», ribadisce Varlese.
Le iniziative che hanno avuto maggiore successo sono state le mostre e la musica, le prime ospitate nella loggia cinquecentesca adibita a foyer, la seconda nella sala adiacente.
Alla nostra visita il luogo è parso integro e il pavimento del piano superiore calpestabile (eccetto una limitata parte di parquet che affonda vistosamente), ma non è stata eseguita alcuna perizia che certifichi l’agibilità. I vigili del fuoco sono intervenuti fermando l’infiltrazione, ma il resto dei lavori sarebbero stati fatti dall’attuale gestore.
Matteo Quadrone e Claudia Baghino
[foto di Daniele Orlandi]
Commento su “Teatro Hop: storia travagliata di un piccolo gioiello del centro storico”