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La Costa Concordia e la storia della gente comune

Dalla tragedia del naufragio della nave all'isola del Giglio si distinguono i piccoli o grandi gesti eroici delle persone comuni


14 Gennaio 2012Notizie

Naufragio Costa ConcordiaUn gigante del mare  mostra il fianco, lacerato da una ferita di 80 m, a pochi passi dall’isola del Giglio: in uno scenario evocatore di vacanze, di natura incontaminata, di pace e relax si è scatenato un inferno dantesco che i protagonisti porteranno scolpito nei loro occhi per l’intera vita.

La cruda cronaca ci parla del naufragio della Costa Concordia con una molteplicità di immagini che ben documentano la tragedia, così come ci aggiornano, in tempo reale, sulle cause o sulle responsabilità di un fatto che ha pochi precedenti se non ritornando, molto indietro nel tempo, al Titanic, all’Andrea Doria o al Moby Prince.

Io vorrei, però, focalizzare l’attenzione su quei piccoli o grandi gesti eroici che passano sotto silenzio o sulla solidarietà che la gente comune sa far propria in caso di ingenti calamità.

Si potrebbe incominciare da un anonimo Claudio che una superstite ha pubblicamente ringraziato per l’aiuto portato, ai più fragili, nei momenti drammatici dell’evacuazione o di quel volto apparso per pochi minuti in Tv di un certo Omar Brolli, studente di Misano Adriatico,  che, a rischio della sua incolumità, ha  contribuito alla salvezza di persone “intrappolate” in sedie a rotelle da una diversa abilità motoria.

Vorrei parlare di quel popolo instancabile di soccorritori, appartenenti alle più disparate categorie, che continuano, con il loro ininterrotto lavoro, a compiere miracoli insperabili come il ritrovamento e la liberazione, dopo due giorni, di passeggeri bloccati nelle loro cabine, compiendo quel prodigio che, tanto invocato, i malcapitati prigionieri disperavano si potesse realizzare.

Soprattutto vorrei  soffermarmi su quella stirpe italiana di “navigatori ed eroi” che non ha esitato un solo attimo a mettere in mare ogni tipo di “risorsa” galleggiante per recuperare coloro che, per disavventura o per panico, era finito nelle gelide acque del mare.

Che dire, poi, degli abitanti del Giglio che hanno aperto le loro dimore, umili o signorili, a una folla di più di 4000 persone per rifocillarle, scaldarle, vestirle ma, principalmente, per  rincuorarle e sostenerle in un momento tanto terribile.

E’ la stessa folla dai connotati indistinti che si è mossa verso l’Aquila sepolta dalle macerie del terremoto, quella che ha scavato nel fango della recente alluvione  ligure, quella che interviene, senza essere evocata, quando è necessaria la solidarietà.

In questa società che ci brutalizza, quotidianamente, con fatti di cronaca agghiaccianti che non risparmiano neppure i bambini, in una società abbruttita dal potere economico ed in balia dei giochi di “palazzo”, sapere che esistono ancora sentimenti di totale altruismo è un buon viatico per l’umanità.

Per dare l’idea dello sforzo titanico compiuto dagli abitanti dell’isola basti pensare che i residenti ufficiali sono 1500 ma, in periodi di bassa stagione, la popolazione effettiva risulta di 700 anime: 700 piccoli “David” capeggiati da un esausto sindaco, Sergio Ortelli, e dal parroco  don Lorenzo Pasquotti che, ancor prima dell’intervento della protezione civile, si sono “armati” contro l’agonizzante Golia, evitando che la tragedia si trasformasse in un’ecatombe di vite umane.

Un grazie, dunque, unica ricompensa che possiamo offrire, accanto a un dubbio angosciante: questa catastrofe poteva essere evitata?

Adriana Morando


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