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Genova perde i pezzi: le emigrazioni superano le immigrazioni, via in cerca di casa e lavoro

Il numero di abitanti che ha lasciato la città è superiore rispetto a quello relativo ai nuovi arrivi. Una differenza ancora contenuta, ma emblematica della situazione difficile della nostra città. Se il trend dovesse confermarsi ogni anno i piani per il futuro andrebbero ovviamente rivisti


26 Marzo 2015Notizie > EraSuperba58
Mare e degrado

Foto di Roberto Manzoli

Genova continua a perdere i pezzi. Non stiamo parlando di bilanci, infrastrutture, palazzi o più chiacchierate situazioni politiche ma di persone, cittadini, abitanti. Quelli, cioè, che se vengono a mancare in maniera consistente rischiano di far perdere senso a qualsiasi altro progetto di sviluppo della città. Negli ultimi 50 anni (nel 1965, momento di massima espansione, risiedevano a Genova 848.121 persone) si sono persi oltre 250 mila abitanti. Secondo i dati pubblicati dall’ultimo annuario statistico del Comune, che fa riferimento esclusivamente ai residenti in città registrati all’anagrafe a fine 2013, a Genova risiedono 596.958 persone. Ma il dato che più fa riflettere e che le emigrazioni hanno superato le immigrazioni e se questa emorragia di cittadini dovesse ripetersi regolarmente anche nei prossimi anni, inutile dire che la città dovrebbe rivedere e ricalibrare buona parte dei suoi piani per il futuro.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero 58 di Era Superba (dove trovare la rivista). Sostenendo Era Superba puoi ricevere ogni uscita direttamente a casa o sulla tua email (qui maggiori informazioni)

«Prendendo come punto di riferimento il censimento generale del 1971 – spiega il direttore del Centro Studi Medì, Andrea Torre – è come se a Genova fosse stato tolto l’equivalente abitativo dell’intera città di Padova. Un dato ancor più clamoroso se si considera che all’inizio degli anni ’70 gli stranieri si potevano contare sulla punta della dita. Nel 2013, invece, gli stranieri residenti ammontano a 57.358: Significa che, al netto degli stranieri, in poco più di 40 anni la popolazione genovese è calata di 275 mila unità, ovvero l’insieme degli abitanti di Rimini e Sassari».

Veduta della città dalla Madonna del Monte

Foto di Daniele Orlandi


A testimoniare l’inesorabile diminuzione della popolazione locale è, come detto, l’emigrazione che nel 2013 ha segnato un saldo negativo di 1754 persone (nel 2012, invece, ci si era attestati su aumento di 1641 individui): 13.812 sono i cittadini che hanno lasciato la città mentre solo 12.058 i nuovi residenti (solo 4588 provengono dall’estero mentre i restanti 7470 arrivano da altre città italiane). Si tratta del dato più negativo degli ultimi dieci anni anche se non è la prima volta che compare il segno meno, già visto nel biennio 2006-2007. Numeri resi ancora più gravi dal movimento naturale della popolazione, il bilancio vivi/morti, che ha fatto registrare la perdita record di 4 mila unità.
Se fino a qualche anno fa erano gli stranieri a tenere su la baracca, l’immigrazione dall’estero è radicalmente rallentata. Anche quest’anno, in cui si è fatto un gran parlare di sbarchi a livello nazionale, il numero di stranieri arrivati nel nostro Paese è comunque molto inferiore a quanto accadeva prima della crisi economica. «Checché se ne dica in tv – commenta il professor Giuliano Carlini, sociologo delle relazioni interculturali già docente all’ex facoltà di scienze politiche dell’università di Genova e membro della Consulta regionale per l’integrazione dei cittadini stranieri immigrati – i flussi sulla nostra Regione sono andati calando negli anni, alcuni addirittura si sono fermati da tempo».
Rispetto al 2012, il saldo ingresso/uscita stranieri all’anagrafe genovese ha fatto registrare solo un +95 per un totale di 57.358 persone (erano 44.379 nel censimento del 2011, mentre solo 15.567 nel 2001), pari al 9,6% di tutta la popolazione residente. Di questi nuovi cittadini genovesi, circa un terzo proviene dall’Ecuador con 17271 rappresentati, seguito a lunga distanza da Albania (6321), Romania (4996) e Marocco (4505).

Questa mobilità assai limitata e concentrata soprattutto nell’arco di età tra i 25 e i 34 anni (3335 gli immigrati calcolati nell’ultimo anno all’interno di questa fascia) è confermata anche dal flusso dell’emigrazioni: delle 13812 persone che si sono cancellate dall’anagrafe genovese nel corso del 2013, ben 9365 l’hanno fatto per spostarsi in un’altra città italiana e, in particolare, 7593 al Nord, di cui 5120 in Liguria compresi 4370 all’interno della Provincia di Genova. Sono 4447, invece, gli italiani prima residenti a Genova che hanno spostato la propria residenza all’estero. Anche in fatto di uscite, l’arco di età più coinvolto è quello dai 25 ai 34 anni (3305 persone), seguito da 35-44 anni (2808 persone) e 45-54 anni (2012 persone). Buona parte delle emigrazioni, dunque, non consiste in rimpatri ma solo in fisiologici movimenti dettati da dinamiche di ricerca del lavoro o di migliori opportunità abitative.

Più difficile fare una riflessione stretta sul comportamento dei genovesi di nascita ma, d’altronde, come afferma lo stesso professor Carlini «le ricerche si orientano non tanto su ciò che sarebbe utile sapere ma su ciò che è più opportuno dal punto di vista politico».
Tutti questi dati, infatti, non vanno certo presi per oro colato ma solo come testimonianza di una tendenza. In realtà, le persone che si sono spostate all’estero sono decisamente di più perché non è detto che chi ha lasciato Genova abbia già spostato altrove la propria residenza. Come sicuramente di più sono i nuovi abitanti arrivati in città nel corso del 2013. Va tenuto presente, infatti, che nel momento in cui gli stranieri “scompaiono” dalle statistiche non è detto che abbiano effettivamente abbandonato il Comune, la Regione o il Paese: molte persone al momento del rinnovo del permesso di soggiorno non possono documentare la propria posizione lavorativa, magari perché in nero, e vengono così cancellate dall’anagrafe anche se di fatto non si sono allontanate da Genova con il proprio nucleo familiare. A questi numeri vanno infine aggiunti i clandestini e gli immigrati irregolari.
«Se uno si ferma a leggere i giornali – dice Carlini – continua a cogliere la sensazione errata di essere circondato da centinaia di migliaia di immigrati. Ma ci accorgeremo concretamente della tendenza alla diminuzione dei flussi. Ad esempio, sul mercato del lavoro: il cittadino medio se ne accorgerà solo quando i media glielo diranno, quando le forze politiche la smetteranno di speculare sulla cosiddetta “invasione degli stranieri”».

 

Simone D’Ambrosio

L’articolo integrale su Era Superba #58


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