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Tante le adesioni in tutto il mondo all'ora di buio voluta da Wwf. Buio che alla fine di quest'anno calerà anche sul famoso trattato di Kioto
Sabato 31 marzo, Earth Hour 2012. Ha riscosso successo la sesta edizione dell’ormai celebre iniziativa lanciata nel 2007 dal WWF a favore della sostenibilità ambientale. Un’ora di buio a cui hanno aderito cittadini e istituzioni di tutto il mondo e che ha avuto inizio in quelle lontane isole Samoa, che hanno già perso due piccole consorelle a causa dell’innalzamento delle acque, e che, come un’onda, si è propagata, seguendo la terra nella sua rotazione, per concludersi nelle isole Cook (5,30 ora italiana del primo aprile).
L’oscuramento di monumenti ed altri simboli, per sollecitare un impegno concreto nel faticoso cammino della sostenibilità, ha visto la partecipazione pubblica di quasi 150 paesi e più di 5000 città e, grazie ad un tamtam planetario sui media , anche il coinvolgimento di semplici cittadini, stimati in 2 miliardi di persone, oltre ad organizzazioni, istituzioni, imprese, impegnate in un abbraccio globale di solidarietà.
I 60 minuti di stop all’illuminazione della Tour Eiffel parigina, del Buckingham Palace inglese, della Porta di Brandeburgo tedesca, del ponte sul Bosforo turco, di piazza Tahrir al Cairo, delle Kuwait Towers arabe, della Città Proibita e della muraglia cinese, della Torre di Tokio giapponese, della Times Square di New York, del Cristo Redentore brasiliano, dell’Harbour Bridge di Sydney, solo per citare alcuni dei luoghi o degli emblemi più famosi, sono stati condivisi, a Roma, dalla Basilica di San Pietro, dal Colosseo e da Castel Sant’Angelo.
Il contributo di Genova a Earth Hour 2012 si è limitato alle insegne dell’Acquario e della fontana di Piazza De Ferrari e alla partecipazione attiva di alcuni gruppi di persone organizzate.
Il WWF guarda già all’anno venturo e nell’ambito del programma di Earth Hour 2013 sponsorizza la partecipazione a City Challenge, una sfida internazionale volta a premiare la capitale della sostenibilità. Nei prossimi mesi, infatti, si aprirà una gara che vedrà coinvolte l’Italia, il Canada, l’India, la Svezia e gli Stati Uniti, alla ricerca della capitale che avrà messo in atto le migliori pratiche innovative per rinnovare la città sotto il profilo di aria, acqua, cibo, mobilità, rifiuti, consumo del suolo, biodiversità. Proponimenti come questi, pur non essendo risolutivi, sono assimilabili all’effetto di un sasso che cade in una grande distesa di acqua: non si generano, certo, tsunami devastanti ma tante piccole onde che possono arrivare lontano.
Ne sono prova, per ciò che riguarda il nostro paese, le “buone pratiche” messe in atto dai 60 comuni italiani che hanno partecipato alla proposta, “Reinventiamo le città”, con i loro 4.329.638 abitanti e con un investimento di 1.379.264.033,95 euro (dati WWH), tra cui si sono distinte e sono state premiate Parma, per i “Pannolini lavabili e compostabili”, Venezia, per la progettualità di ottenere “ Elettricità dall’energia dalle onde”, Milano per l’istituzione di zone a traffico regolamentato, Ponte Buggianese (Pistoia) per la “Riqualificazione e la valorizzazione della Palude di Fucecchio”, Torino per le “Bike sharing” (realtà da lungo esistenti in altre grandi città europee come Parigi), Napoli per l’Incremento della raccolta differenziata, Forni di Sopra (Udine) per un progetto di “autonomia energetica teleriscaldamento a biomassa forestale” di provenienza locale, reperita dalle operazione di pulizia del bosco, Vanzago (Milano) per la “Casa dell’acqua”, una serie decisioni atte a favorire la riduzione del consumo di acqua in bottiglia, l’utilizzo di acqua a Km 0 etc, Rocchetta Vara (La Spezia) che con le ” Antiche colture di grano e filiera corta” si propone il recupero di terreni incolti.
A fronte di risoluzioni ampiamente encomiabili, va ricordato che, relativamente all’elettricità, una tecnologia, per ottenere luce a minor impatto ambientale e con costi più bassi, esiste e si chiama “led”, lampadine che permettono un risparmio valutabile tra il 50 e l’80%, che non sono tossiche, che sono di facile smaltimento, che possono durare anche un ventennio se usate solo come illuminazione notturna e quindi ideali per le strade o gli edifici pubblici.
Accanto a queste note positive si deve rimarcare, purtroppo, che nel 2012 si spegneranno le luci, anche, sul trattato di Kioto. Nato nel 1992 a Rio de Janeiro, nell’ambito del meeting internazionale sull’ambiente, e firmato, solo, l’ 11 dicembre 1997, in Giappone , l’accordo imponeva l’obbligo di ridurre, in un periodo compreso tra il 1990 (anno preso come base) e il 2012, l’emissione di elementi inquinanti l’atmosfera quali biossido di carbonio, metano, ossido di azoto, idro-fluorocarburi, per-fluorocarburi ed esa-fluoruro di zolfo. Per questo periodo, l’aspettativa di crescita era stata stimata intorno al 45%: il trattato ne aveva fissato il limite massimo ad un valore non superiore al 30%. Il risultato? Un aumento del 49% , legato all’inaspettato boom industriale della Cina e al riprovevole ritiro degli Usa. A fronte di sconsolanti risultati negativi, primeggia il nostro paese che ha raggiunto l’obiettivo del -6,5%, già nel 2011, valori stimati ancora in decrescita per 2012. Per una volta un’Italia virtuosa? Un grazie sentito, più che ai politici che hanno remato contro, effettuando tagli sugli incentivi per le energie rinnovabili, andrebbe rivolto alla coscienza sociale dei cittadini che, sempre in maggior numero, aderiscono alle iniziative atte a conservare il benessere del nostro mondo.
Adriana Morando