Uno dei politici genovesi più in vista del momento ha raccontato del suo rapporto con la città, della sua vita e della sua idea di politica
Una lunga intervista con il parlamentare genovese Enrico Musso, candidato sindaco per il Pdl alle scorse elezioni amministrative.
Che rapporto ha con Genova?
Genova è la città nella quale sono nato, in cui ho abitato, trascorrendo periodi anche abbastanza lunghi e significativi fuori. Ma la mia città era sempre Genova anche quando ero a Parigi, a Cambridge, anche adesso che sto a Roma. E questa è una cosa che la vita la segna. Si è visto anche quando tre anni fa in modo assolutamente inaspettato un insieme di partiti mi ha chiesto di rappresentarli facendo il candidato sindaco nella mia città. Questo ha segnato profondamente la mia vita e ha limitato le attività che con molta passione stavo svolgendo. Nel momento in cui accetti una cosa del genere, naturalmente le scadenze scompaiono dal tuo orizzonte, ed è abbastanza doloroso. In tutto questo, il fatto che fosse per Genova è stato decisivo.
Lei ha un’attività intensa, e spazia tra la docenza universitaria, la ricerca scientifica, e anche l’attività concertistica (è organista, nda). Se dovesse descrivere Enrico Musso, come lo descriverebbe?
Intanto sfumerei un attimo sull’attività intensa, perché da quando sono parlamentare sono in aspettativa all’università perché c’è il divieto di cumulare queste due funzioni. Detto questo, evidentemente l’aver fatto molte cose cercando di farle non dico bene, ma al meglio delle mie possibilità, rappresenta l’indice di una certa curiosità. In molte delle cose che ho cercato di fare, certamente nell’università e nella politica, ho cercato di dedicare il mio tempo ad un’attività che fosse utile ad un certo numero di persone. Nello stesso spirito ho accettato di fare il candidato sindaco e poi il parlamentare, addirittura sospendendo. L’attività di parlamentare consente di essere utili a molte più persone; certamente con un apporto personale molto più limitato.
Che ruolo ha la musica nella Sua vita?
Le mie qualità da musicista sono assolutamente trascurabili e quindi il ruolo è quello amatoriale. Ha avuto effetti molto positivi per me, perché ti mette direttamente in comunicazione con un’idea di bellezza, che in fondo è quello a cui tutti tendiamo e rispetto a cui la nostra vita diventa troppo tortuosa. Quando hai la fortuna o la possibilità di metterti a suonare allora riprende la presa diretta con la bellezza. Mi sono specializzato sul periodo barocco, e in particolare sulla musica organistica di Bach e dei suoi predecessori. Questa musica ha la caratteristica di stabilire un ordine sulla realtà dei suoni; può quindi aiutarti a stabilire un ordine sulla realtà delle cose che ti circondano, ossia una certa geometria nella lettura delle sensazioni che ti hai intorno, persino nella politica; ti aiuta a leggere l’intorno in un modo più ordinato e anche essenziale. In una fuga di Bach non c’è una nota fuori posto. E invece in politica ci sono tante note fuori posto, ma ci si rende conto più facilmente di quali sono.
D – Ho letto una Sua dichiarazione sul Pdl, in cui Lei afferma “Basta zoccole e scandali”. Allargando l’obiettivo, e guardando alla nostra società, quanto pensa che la società sia specchio della politica e quanto la politica sia specchio della società?
R – Io ho detto quella frase su Facebook, che ha un linguaggio fra scritto e parlato. La frase esatta diceva “Vorrei un partito serio dove non ci siano scandali e zoccole”. Io facevo riferimento al partito che rappresenta oggi “casa mia”, quindi voglio prima di tutto che casa mia sia un posto pulito. Ma il punto non è il Pdl: la sensazione è che in qualche modo i partiti rappresentino i difetti della società; gli eletti, nei loro difetti, sembrano evocare i difetti degli elettori. L’Italia è il paese della raccomandazione, per esempio, così tanto che è addirittura stata un po’ sdoganata, un po’ assolta: oggi, se una persona mi chiede, come professore, di dare una mano al figlio o al figlio dell’amico non ha la sensazione di fare qualcosa di dannoso per la società, e invece sì, perché cominciamo a stabilire un sistema di regole deviate per cui vince non quello che ha più merito ma quello che ha più conoscenze. Tutto questo si trasferisce poi nel lavoro e poi nella politica, e tutto il paese viene permeato dal sistema della raccomandazione. Io faccio fatica a definirmi di destra, ma se ci sono delle parole chiave di una destra moderna queste dovrebbero essere: una società basata di nuovo sull’individuo, sul merito, sulle capacità individuali, su un sistema di regole rispettate e condivise.
Marco Topini
Intervista integrale disponibile sul canale video di EraSuperba