Gli accordi del maggio 2012 tra Comune e associazioni proprietarie ipotizzavano un trasferimento dell'attuale Coop di Via Merano nell'area di Multedo, ma il progetto non sarà realizzato. Ne abbiamo parlato con l'Assessore all'Urbanistica del Comune di Genova Stefano Bernini
Le ex fonderie Ansaldo, 22 mila metri quadrati nel cuore di Genova, tra Sestri Ponente e Pegli. Uno spazio immenso, dimenticato in balìa del degrado, in un quartiere, quello di Multedo, in cui la presenza del capannone (edificato dal gruppo Ansaldo all’inizio del ‘900 e rimasto operativo fino agli anni ’80) è lo specchio dell’impronta generale di quell’area, “schiacciata” tra il Porto Petroli, la ditta Carmagnani e la Superba.
Un edificio dal grande valore storico-artistico come ce ne sono pochi in Italia, sul quale sembrava pendere un’inconfutabile condanna, un amaro verdetto: l’edificio, di proprietà privata ed appartenente a una cooperativa composta da quattro associazioni (Panorama Genova, Tecnocittà, Talea, Coop Liguria), avrebbe dovuto essere trasformato in un ipermercato. In una Coop, per la precisione: stando agli accordi del maggio 2012 tra Comune e associazioni proprietarie, si parlava del trasferimento dell’attuale Coop di Via Merano, a Sestri Ponente, nella struttura, rimessa a nuovo. Il tutto, non senza destare perplessità e stupore dei cittadini, contrari a una proposta che a detta loro era già obsoleta se non inutile (una delle tante anomalie di questa città) e che avrebbe finito solo con il danneggiare il piccolo commercio locale.
Rabbia e indignazione è stata mostrata anche da parte dei commercianti e dei rappresentanti del CIV sestrese e di Pegli, che lamentavano la scarsa attenzione ricevuta nel periodo post-alluvione e denunciavano questo colpo basso da parte dei soggetti competenti. Di fatto, però, il progetto di Coop e soci è fermo al palo e alle ex fonderie non c’è ancora traccia di un cantiere, né di alcunché che faccia prospettare l’imminenza dell’inizio lavori. Abbiamo chiesto delucidazioni al vice sindaco Stefano Bernini, nonché Assessore all’Urbanistica del Comune di Genova, e siamo andati di persona a Multedo a constatare lo stato dei fatti.
Interpellato sul progetto di trasferimento della Coop e sull’effettivo inizio dei lavori, Stefano Bernini dichiara: «Allo stato attuale, l’ipotesi di costruzione di un ipermercato nel locali di Via Multedo è ferma. In realtà, Coop Liguria e gli altri proprietari hanno parlato di “nuove proposte” e di “altre ipotesi”, che non sono state ancora ufficialmente presentate. Se ne riparlerà in autunno. Anche noi, per ora, ignoriamo di cosa si tratti, ma a quanto pare la Coop non sarà più realizzata. In ogni caso, bisogna ricordare che qualunque sia la proposta di Coop, il progetto finale dovrà essere unitario e concordato, nel rispetto del vincolo posto dalla Soprintendenza dei Beni Culturali e Paesaggistici sulla storica facciata. La trasformazione della destinazione d’uso deve, inoltre, tenere conto anche di un vincolo comunale, che prevede la realizzazione di una strada di collegamento che, da Via Multedo, si estende fino a Via Puccini (da realizzarsi al momento della realizzazione dell’atteso ribaltamento a mare nel cantiere navale di Fincantieri, a Sestri Ponente, n.d.r.). Infine, sempre in base al vincolo del Comune, è prevista anche la realizzazione di una nuova fermata metropolitana superficiale che, sfruttando i binari del treno già presenti ma inutilizzati, permetterà di deviare qui sulla costa il traffico urbano, una volta che sarà realizzato il nuovo nodo ferroviario interno, per il trasporto delle merci. Oltre Multedo, si parla di realizzare nuove fermate anche a Calcinara, a Voltri, a Pegli Lido, e in altri siti del Ponente genovese, sul modello della stazione già ricavata a San Benigno».
«Per il momento – prosegue Bernini – non ci resta che attendere e valutare i prossimi passi dei proprietari. Anche nel caso in cui restasse valida l’opzione iniziale del trasferimento della Coop di Sestri Ponente, resterebbero in vigore le disposizioni del 2012 circa la riduzione della metratura. Mentre inizialmente si parlava di 13 mila metri quadrati da destinare al commercio non alimentare, più 2 mila 500 per il settore alimentare, in base alla variante adottata definitamente dal Piano Regolatore lo spazio commerciale è stato ridotto a un massimo di 7 mila mq».
Disinnescata la “bomba” del progetto Coop, nonostante il sollievo di commercianti e CIV, restano alcune perplessità: i continui rimandi, la persistente assenza di un progetto vero e proprio, la lentezza della Pubblica Amministrazione e lo scarso interesse dei soggetti privati finirà per provocare lo sfascio definitivo dell’edificio prima che sia raggiunto un accordo? Quello che si chiedono i cittadini è perché – dopo tante titubanze, incertezze, rimandi- ancora non si riesca a trovare un accordo per la riqualificazione di una struttura con così tante potenzialità.
L’edificio, allo stato attuale, è completamente abbandonato, se non per la presenza di un deposito dell’azienda comunale AMIU, nel piazzale adiacente allo stabile (in cui sono presenti camion e furgoni) e in quello posteriore, dove sono posizionati i cassonetti per la raccolta. L’accesso, reso possibile esclusivamente agli addetti negli orari lavorativi, è altrimenti interdetto al resto della cittadinanza: le due cancellate, a destra e a sinistra della storica facciata principale che affaccia su Via Multedo, sono aperte e varcabili solo dai lavoratori e, anche entrando, l’edificio è ulteriormente recintato da filo spinato e barricate che, pur aggirabili, rendono chiari i precetti di Comune e proprietari: è vietato l’accesso, per motivi non solo di ordine pubblico, ma anche di sicurezza. La struttura, tutta, è infatti fatiscente: spesso varcata abusivamente da “writers” che realizzano graffiti o da persone in cerca di un riparo -come ci confermano i residenti e le persone che incontriamo in zona-, anche da fuori si vede chiaramente che versa in condizioni pericolanti, con calcinacci cascanti, crepe sui muri, pareti abbattute, fili, scale, oggetti dimenticati all’interno dai tempi in cui ancora le fonderie erano operative. Attorno, l’erba alta, le bottiglie rotte e la sporcizia.
La struttura, importante esempio di architettura industriale dei primi del ‘900, ha subito variazioni nel corso degli anni: al nucleo originario, ridotto per estensione, sono state fatte delle aggiunte, con l’aumento della volumetria iniziale sia in lunghezza che in altezza, con la costruzione di piani superiori tra gli anni ’60 e ’70.
I pareri dei cittadini sono vari: lo sdegno per le attuali condizioni è trasversale, e si sprecano non tanto i “mugugni” sull’inefficienza amministrativa, quanto l’incredulità per l’abbandono di un sito che ha fatto la storia recente di questa città. Le proposte di riqualificazione (raccolte grazie alla partecipazione al dibattito aperto sui social) si sprecano: polo artistico-museale, spazi per i giovani sul modello internazionale (sullo stile dell’ex locale berlinese “Tacheles”, luogo di ritrovo per artisti di tutto il mondo), polo scientifico sul modello del meno raggiungibile IIT, sulle alture di Morego, e così via. Ai genovesi in fermento che chiedono di ottimizzare i grandi spazi e le strutture cittadine (si veda il caso analogo dell’ex mercato di Corso Sardegna), non resta che attendere le nuove disposizioni.
Elettra Antognetti
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