Incontro con Federico Sirianni, cantautore genovese emigrato a Torino, che racconta le sue esperienze professionalie il suo rapporto con Genova
Federico Sirianni, cantautore genovese emigrato a Torino per amore e poi stabilitosi nel capoluogo piemontese. Racconta di essere nato in un taxi e di aver sfruttato il cuore spezzato del tassametro per farsi portare nella città vecchia…E racconta di aver raggiunto Torino con un battello a vapore disincagliato nelle paludi del Mississipi.
Il cantautore è ancora un mestiere praticabile, una strada perseguibile per le generazioni che ti succedono, o pensi sia ormai quasi una velleità, una chimera?
E’ un mestiere difficile, soprattutto in un periodo storico come questo. Però chi decide di scrivere per professione lo fa spinto da una sorta di “malocchio” che non gli permette di dedicarsi ad altre attività. Voglio dire, se non hai un sacro fuoco che ti muove testa, stomaco e ventricoli, non esiste alcun motivo per buttarsi in questo crepaccio, si desiste in fretta.
Quando muovevi i primi passi fra la fine degli ’80 e i primi 90 collaboravi con Luca e Paolo, Casalino, Maifredi… Artisti genovesi che come te sgomitavano per far sentire la propria voce. Sembra che oggi in città quello spirito collaborativo tra artisti emergenti si sia un po’ perso, tanti cani sciolti distanti l’uno dall’altro… Perchè secondo te?
Sono diversi anni ormai che non vivo più a Genova e non ho più il polso della situazione artistica. Però quel periodo lo ricordo con grande affetto, ci si trovava a casa di Marco Spiccio, medico-pianista e padre putativo di almeno un paio di generazioni di cantautori genovesi, oppure nei locali dei vicoli, dove suonare dal vivo non era una bestemmia e dove, se c’era qualcuno che si azzardava a fare una cover, veniva gettato sui bidoni dell’immondizia antistanti. Eravamo tanti, con più o meno talento, ci si confrontava a colpi di canzoni, si beveva molto. Forse i giovani cantautori genovesi bevono meno? chissà…
Ti sei stabilito a Torino. Cosa ti ha spinto a lasciare Genova?
Sono andato a vivere a Torino per amore. Poi l’amore è finito ma sono rimasto perchè ho trovato una città accogliente e culturalmente viva, che ti permette di lavorare (non parliamo di New York, eh…) e, soprattutto, a differenza di Genova, non ti odia.
Il cammino professionale di tuo padre (Vittorio Sirianni n.d.r.) credi per te sia stato un aiuto o un ostacolo nella tua crescita come cantautore?
Mio padre fa un lavoro completamente differente. Avessi seguito le sue orme, come doveva essere nei progetti iniziali, questo aspetto avrebbe potuto forse rappresentare un problema. Devo dire che lui, come mia madre, m’è stato sempre vicino e non ha mai ostacolato il mio percorso. E, come dice il mio amico poeta Guido Catalano, “avere un figliolo che fa il cantautore o il poeta è una roba che un genitore non glielo augurerebbe al suo peggior nemico”…
Immagina di osservarla dal mare… Genova sembra sporgersi assorta dai monti… Cosa osserva secondo te? A cosa starà mai pensando Genova?
Pensa: “Vedi come son strani i genovesi? Più sono stronza più questi non si tolgono dal belino”.
Gabriele Serpe
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