I Forti genovesi, patrimonio storico-culturale di indubbio valore, cui i nostri concittadini sono molto affezionati ma di cui, allo stesso tempo sembrano non curarsi troppo. Da qui, l'idea per un rilancio partecipato, in soli quattro punti
E Bellesse de Zena, dal progetto di creazione di uno spazio web dove mostrare il lato bello della “Genova che mangia”, allo sfruttamento delle potenzialità di internet per una promozione più vasta del nostro territorio. Di recente, i fondatori, Giulia e Alessandro, hanno allargato le prospettive iniziali e si sono lanciati in un progetto legato alla riqualificazione e al recupero dei sedici Forti di Genova, sotto il profilo culturale, storico, artistico, architettonico e “affettivo”. Un’iniziativa lanciata da pochi mesi (fine settembre 2013) che vive del tam-tam mediatico e del passaparola. “Sfruttare le potenzialità di internet per aprire gli occhi ai giovani genovesi, recalcitranti, e dimostrare loro che questa negatività potrebbe essere liquidata da una voglia naturale e sana di scoperta e di divertimento, che la nostra città offre in quantità abbastanza elevata”, si legge sul blog dei due giovani universitari. E sappiamo che questa prospettiva sta a cuore a molti altri genovesi, che -giovani e meno giovani- si battono per far passare l’idea che il mugugno sia spesso sterile, che Genova è una delle città più belle d’Italia (del mondo?) e che ha molto da offrire. Sì, ma senza fermarsi agli sterili proclami e alle vane dichiarazioni di intenti e di superiorità, Giulia e Alessandro si sono fatti venire un’idea e sono passati dal “dire” al “fare”…
«Il nostro progetto nasce dalla riscoperta del patrimonio murario genovese che abbiamo fatto recentemente: una domenica pomeriggio, in mancanza di alternative allettanti, abbiamo deciso d’improvvisarci escursionisti e di visitare i Forti nella nostra zona (sul percorso Trensasco – Righi). Colpiti dalla bellezza dei paesaggi, per non parlare di quella dei Forti stessi, abbiamo deciso, nello spirito un po’ “cinico” del blog, di effettuare una ricerca tra le genti: il risultato è che la maggior parte li conosce, collocandoli nei dintorni dell’Europa, ma nessuno li frequenta, almeno abitualmente. Per carità, anche noi ci siamo accorti di conoscerne solo una piccola parte, e leggere sul web che la lunghezza totale delle nostre sette cinta murarie è seconda solo a quella della Grande Muraglia ci ha convinto a cospargerci il capo di cenere e a dare avvio a questo esperimento di “ri-/scoperta”. In quanto abitanti della Val Bisagno, questo argomento ci riguarda da vicino. Non ci siamo accorti dell’enormità di questo patrimonio storico e naturale finché non abbiamo dato un’occhiata ai numeri: le sette cinta murarie cittadine sono, per estensione totale, le più lunghe d’Europa e le seconde nel mondo; i forti sono sedici, divisi tra quelli cittadini e quelli fuori dalle mura, cui aggiungere quelli di Ponente (ormai demoliti), le torri, le batterie costiere e i resti innumerevoli dei sistemi difensivi della prima e della seconda guerra mondiale. In fatto di conservazione e manutenzione, va riconosciuto l’impegno di chi se ne occupa: i forti (tranne qualche caso più drammatico, come Forte San Martino) non sono ruderi né immondezzai, i sentieri (segnalati spesso e chiaramente, con tempo di percorrenza relativo) sono numerosi e caratterizzati da gradi di difficoltà diversi, adatti quindi a persone in condizioni fisiche differenti, senza contare i siti d’interesse non difensivo come le neviere, di cui prima ignoravamo l’esistenza. Per i collegamenti, invece, il quadro è meno roseo: i mezzi esistono (ad esempio il trenino di Casella), ma sono tentativi timidi e troppo sporadici».
Il passo successivo è stato quello della ricerca e dello studio delle proposte di riqualificazione che negli anni si sono moltiplicate riguardo alle fortificazioni genovesi «Alcune piuttosto interessanti, altre assurde, la maggior parte comunque irrealizzabili, a causa soprattutto dei soliti impedimenti burocratici». Una su tutte, la questione del Demanio statale, che detiene la proprietà di molti beni comunali – tra cui gli stessi Forti, ma non solo – per cui l’Amministrazione Comunale dovrà decidere entro fine novembre di acquistare almeno parte dei beni in questione, previo presentazione di un progetto di riqualificazione.
«Abbiamo creato una sorta di database multimediale che contenga e aiuti a diffondere ogni dato possibile su questo patrimonio: post di blog, articoli di giornale, commenti, foto personali, video, disegni, racconti, mappe, consigli sui percorsi ecc. La proposta si articola in quattro punti: mettere in sicurezza le strutture; potenziare la segnaletica (basterebbe qualche indicazione stradale in più, non a cinque metri dal forte ma a valle e in centro); promuovere il patrimonio attraverso manifestazioni, eventi di tipo “sportivo” (trekking, corsa campestre, mountain bike…), riunioni di scout, gite scolastiche e parrocchiali (negli ultimi otto anni, gli eventi sono stati solo dieci!); creare strutture adeguate a ricevere un flusso di visitatori si spera il più consistente possibile (con banchetti di panini, fontanelle con cisterne, tavoli e panche di legno, staccionate, ecc.).
Veniamo al tasto sino a qui dolente, ovvero la risposta dei genovesi… «Purtroppo, come in altri casi, la risposta del pubblico è stata pressoché nulla. Il risultato è particolarmente scoraggiante se teniamo conto del fatto che il nostro blog vanta all’incirca quattrocento lettori abituali (una cifra ridicola rispetto a quella di altri blog ma comunque abbastanza significativa) e che nessuno di loro, nemmeno quelli appartenenti a forum dedicati esplicitamente a questa problematica, ha avuto né il tempo né la voglia di dare anche solo un minimo contributo. Pertanto, lo sviluppo dell’iniziativa è al momento bloccato: qual è il senso, per entrambi, di faticare nel tentativo di riqualificare i forti se poi anche chi si proclama affezionato a questo patrimonio rimane totalmente apatico? Possiamo solo sperare di sbagliare e che dal nostro blog, prima o poi, nasca qualcosa di bello e di utile per tutti. Non demordiamo!».
Elettra Antognetti