Alloisio racconta Genova e i genovesi, e le sue collaborazioni con Gaber, Guccini e Fossati: "Finché ci saranno genovesi che scrivono musica la tradizione della canzone d'autore resterà in vita"
Gian Piero Alloisio è nato ad Ovada nel 1956, ma ancora giovanissimo si trasferisce a Genova dove inizia la sua carriera artistica. Dall’Assemblea Musicale Teatrale alle collaborazioni con Giorgio Gaber e Francesco Guccini. Nel 2008 l’avventura a teatro insieme a Maurizio Maggiani con “Storia della Meraviglia” e nel 2010 il progetto ” La Musica Infinita” per recuperare le opere inedite di Umberto Bindi.
La tua carriera ha avuto inizio nella Genova dei primi anni settanta. Cosa è cambiato secondo te rispetto ad allora e cosa, invece, ritrovi sempre uguale in questa città?
Genova è migliorata dal punto di vista dell’aspetto estetico, personalmente la trovo molto più bella oggi rispetto a quarantanni fa. Dall’altro canto, invece, continua a non esistere spirito produttivo, i genovesi non pensano, soprattutto in campo artistico, a sviluppare la loro esperienza e il loro talento nella propria città, preferiscono andare altrove. Tenco, Lauzi, lo stesso Bindi… si vedevano a Milano, raramente a Genova. L’eccezione, in particolare nei primi anni, era rappresentata dalla stanza dei fratelli reverberi alla Foce.
Il discorso è semplice: siamo eccelsi produttori di musica e arte, perchè non iniziamo a produrre a casa nostra? E non vale solo per la musica, prendi anche gli spettacoli televisivi “Striscia la Notizia“, “Colorado“, “Le Iene“, gli spettacoli di Crozza… tutti esempi di arte genovese emigrata. Non esiste imprenditoria culturale a Genova e credo sia un suicidio per la città, oggi come allora. Eppure la mostra di De Andrè al Ducale aveva dimostrato per l’ennesima volta che il turista viene a Genova per i cantautori e non solo per il Salone Nautico.
Guccini, Gaber, Fossati… solo per citare tre dei grandi artisti con cui hai collaborato. Cosa ti hanno lasciato?
Guccini mi ha lasciato la scrittura etica, ovvero l’esigenza di scrivere per gli altri e non per sé stessi. Sembra banale dire “scrivo per gli altri”, in realtà non è così. Anzi personalmente credo sia proprio questo il limite di molti cantautori “moderni”, mi capita spesso di ascoltare brani in cui l’io riguarda sostanzialmente solo colui che canta e nessun altro.
A Gaber invece devo un aspetto non propriamente artistico, ma fondamentale giacchè è l’unica cosa che rende l’arte possibile: il mestiere. Tu sei il tuo discografico, il tuo editore, il tuo impresario… rifiutare gli intermediari significa non regalare soldi al “grande sistema”. Io questo l’ho capito grazie a lui e ho scelto l’autoproduzione, lui mi ha insegnato che sarebbe stato l’unico modo per restare liberi.
Con Fossati c’è stato un rapporto di pura simpatia dovuto più che altro alla casualità. lavoravo al Teatro della Tosse e abbiamo collaborato per la creazione di uno spettacolo. Mi è rimasta impressa una teoria di Fossati sulle armonizzazioni vocali, i cori: ricorda Gian Piero, due stonati insieme fanno uno intonato!
Ti senti fra coloro che sono riusciti a mantenere in vita la tradizione dei cantautori genovesi? Che rapporto hai con tutto ciò che in questo campo è nato o sta nascendo dopo di te, segui le nuove proposte? Credi che sia una tradizione in continua evoluzione o è ormai giunta ad un punto morto?
Si, confesso di si, mi sento fra coloro che hanno proseguito un cammino, soprattutto per quello che è l’apporto della canzone d’autore alla produzione teatrale. Cerco di seguire tutti coloro che fanno musica a Genova e se c’è la possibilità di collaborare con giovani cantautori genovesi non mi tiro mai indietro. Il mio è anche un ruolo di coordinamento, come è accaduto per gli inediti di Umberto Bindi. E non considero affatto morta la nostra tradizione, anzi.
Finchè ci saranno ragazze e ragazzi che scrivono canzoni la scuola genovese resterà in vita. Personalmente credo che ancora oggi Genova sia la patria della canzone d’autore, è nel dna di questa città. Come dice Gino Paoli, cosa posso consigliare ad un giovane genovese se non iscriversi al conservatorio e studiare lettere?
Mi piacerebbe tanto partire da questo aspetto per attirare gente dall’estero e da tutta Italia a studiare a Genova, un’enorme stanza con un pianoforte ed una chitarra, proprio come quella dei fratelli Reverberi per ripartire da dove ci siamo arenati qualche decina di anni fa.
I grandi esponenti di quel filone di cantautori erano cresciuti insieme, suonavano e si confrontavano ogni giorno… questo a parer mio fu il vero segreto di un così grande successo e il mio sogno è proprio quello di riuscire a ricreare quelle condizioni…
Gabriele Serpe
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