«L'epoca del rock è finita», così Greg Lake storico membro dei King Crimson e degli Emerson, Lake and Palmer. Lo abbiamo intervistato dopo la sua performance al Festival Intenazionale di Poesia 2013
Meticoloso e facile al nervosismo durante le prove, trascinatore sul palco, affabile, scherzoso e gentile con tutti i fan dopo il concerto. Greg Lake, ospite del Festival Internazionale di Poesia di Genova, si è presentato così al pubblico genovese in visibilio. “Il suo perfezionismo in fase di allestimento è indicativo della sua serietà e di quanto desiderasse una buona riuscita del concerto”, osserva uno degli organizzatori della manifestazione. E a giudicare dalla piccola folla che si è ammucchiata a fine per scattare una foto o avere un autografo su un album (magari in vinile), i tanti fan accorsi sono stati pienamente soddisfatti della performance di questa leggenda vivente della musica prog degli anni Settanta, membro dei King Crimson e successivamente di Emerson, Lake & Palmer.
L’evento ha rappresentato un’ottima opportunità per parlare con Lake della scena musicale oggi in rapporto al passato e della sua relazione con l’Italia, in particolare con la Liguria.
Pensa che per una band emergente sarebbe possibile oggi avere successo proponendo una musica elaborata e complessa come la vostra?
«Non ho la sfera di cristallo per conoscere il futuro, ma sinceramente penso di no. L’epoca del rock è finita: è un fatto e bisogna accettarlo. Analogamente al periodo d’oro del cinema di Hollywood, anche il rock’n’roll ha avuto un picco a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, per poi conoscere una flessione. Ciò non significa che la grande musica non esisterà mai più: emergeranno altri artisti, in altre forme, sicuramente diversi da noi, perché nonostante le imposizioni del music business la musica e l’arte in generale parlano direttamente all’anima degli esseri umani e si trasmettono soltanto da persona a persona».
In quale modo la musica ha segnato la sua generazione?
«Il rock non è stato solo un movimento musicale, ma una vera rivoluzione culturale sotto diversi punti di vista. Per fare un semplice esempio, oggi è abbastanza comune parlare d’amore. Le giovani generazioni parlano abitualmente di amore per le persone, per il nostro pianeta e per la natura, ma quando ero ragazzo io parlare pubblicamente di questo sentimento era quasi un tabù. A un certo punto, però, arrivarono i Beatles con All you need is love, e in breve love, l’amore, si prese lo spazio che gli spettava, nella musica ma anche più in generale nella società e nella nostra cultura».
Parlando del nostro paese, qual è il suo rapporto con l’Italia?
«Per un artista è impossibile non amare l’Italia. In qualunque luogo si vada in Italia e dovunque ci si volti a guardare si è circondati da questi meravigliosi palazzi, quadri e sculture. Voi siete italiani, ci vivete dentro tutti i giorni e forse siete talmente abituati a questa bellezza da non farci caso, ma per chi come me proviene da un paese come l’Inghilterra ogni volta è una gioia venire qui, in un paese così ricco di tesori storici».
C’è sempre stato un intenso feeling tra i grandi personaggi della letteratura inglese e la Liguria. Shelley è morto a Lerici, Byron ha vissuto a Genova e anche Dickens l’ha celebrata in alcuni suoi scritti. Anche lei ha un rapporto privilegiato con la nostra regione?
«Sono quarant’anni che vengo qui. Di questo posto amo tutto: l’aria, il clima, il mare (tema caro a Lake, non a caso il concerto era iniziato con la lettura del testo di Pirates, ndr), la cucina – il cibo qui è davvero meraviglioso! E poi, adoro Portofino. La prima volta che ho avvistato dal mare questo piccolo villaggio mi sono stropicciato gli occhi e ho detto ad alta voce: “Ma questo posto esiste davvero?” Non riuscivo a crederci… Quindi, ripeto, non è difficile capire le ragioni per cui un inglese ritorni in questi luoghi con così tanto piacere».
Daniele Canepa e Giuliano Nervi