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Oltre 55 km di scavo e 3,2 miliardi di spesa. Commissione fiume a Tursi, presenti i comitati No Gronda e Società Autostrade. Martedì in Consiglio comunale la posizione definitiva del Comune. Facciamo il punto
L’antipasto è servito. Come ampiamente annunciato, martedì prossimo il Consiglio comunale sarà chiamato a discutere sulla Gronda. Una delibera di per sé tecnica che dovrebbe risolvere, una volta per tutte, le problematiche degli interferiti, i cittadini genovesi (famiglie e attività produttive che siano) interessati dalla costruzione e dal passaggio del nuovo nodo autostradale. Una delibera chiesta al Comune di Genova dalla Conferenza dei Servizi che attende un parere positivo sul tracciato definitivo dell’opera per proclamarne la pubblica utilità e dare il via libera agli espropri. Il problema nasce dal fatto che il tracciato definitivo della Gronda (approvato nel ciclo amministrativo Vincenzi) è sì contenuto nel nuovo Puc, che dovrebbe essere approvato entro un mese, ma non nel Puc attualmente vigente, in cui invece è stato inserito un percorso ormai superato (che prevede il raddoppio della A7 e un passaggio sul Polcevera a fianco al ponte Morandi).
«Nel momento in cui diamo il parere sugli interferiti e si arriva alla Conferenza dei servizi – sostiene il vicesindaco Stefano Bernini – la Conferenza stessa diventa pianificatrice dal punto di vista urbanistico, sovraordinata rispetto agli enti locali: può dare la pubblica utilità all’opera e procedere agli espropri. Per cui non è necessaria una variante al Puc vigente che, comunque, entro i primi di febbraio sarà sostituito dal nuovo Puc in cui il tracciato della gronda è aggiornato». Resta il fatto che il primo punto della parte esecutiva della delibera in esame chiama in causa l’espressione di “parere favorevole” per quanto attiene alla “compatibilità e agli effetti sul Puc del 2000 dell’inserimento del tracciato dell’infrastruttura autostradale Gronda di Ponente in coerenza con il progetto all’esame della Conferenza dei Servizi”.
L’obiettivo della seduta odierna di Commissione (aggiornata a martedì mattina) era esclusivamente quello di ascoltare i comitati no Gronda, Società Autostrade, i rappresentanti dei cittadini interferiti e i Municipi interessati al passaggio del nuovo nodo autostradale.
Il dibattito si è aperto tra le polemiche per la mancata audizione di Paolo Gozzi, rappresentante dei Consiglieri comunali nell’Osservatorio cittadino per la Gronda che ha tuttavia rassegnato le proprie dimissioni dall’organismo a metà dicembre, e l’assenza dei Municipi ad eccezione del Medio-Ponente.
L’occasione è stata utile ai comitati “No Gronda” per ricordare l’impatto gravoso dell’opera sul territorio. In sintesi: 11 milioni di metri cubi di terre da scavo che verranno movimentati di cui 6 milioni contenti amianto in varie percentuali, 55 chilometri di scavo per realizzare le gallerie necessarie, 3,2 miliardi di euro di costo preventivato, almeno 8 anni di tempo per la costruzione, aumento del 15,11% del pedaggio autostradale su tutta le rete nazionale per finanziare l’opera, 1 milione di mezzi pesanti che complessivamente transiteranno sulla viabilità urbana genovese a cantieri aperti e 60 sorgenti acquifere a rischio.
La risposta arriva direttamente da Società Autostrade, per bocca dell’ingegner Alberto Selleri: «Il progetto dal nostro punto di vista è definitivo ed è stato approvato anche dal Ministero dell’Ambiente, con una serie di ben note prescrizioni (poche rispetto a progetti di portata simile a questo come il San Gottardo o la Variante di Valico) su cui vorremmo fare chiarezza in sede di Conferenza dei Servizi possibilmente prima di arrivare alla fase esecutiva. Si tratta di un progetto studiato nel miglior modo possibile, limitando tutti gli impatti ambientali e cercando di validare le promesse fatte nel corso del dibatto pubblico. Ma si tratta di un progetto unico: non esiste la possibilità di spezzarlo in lotti perché funziona solo nella sua interezza».
Un’affermazione che apparentemente potrebbe far crollare tutti i tentativi di mediazione all’interno della maggioranza di Tursi. Ma, come ricorda il vicesindaco Bernini, la decisione ultima non è di Autostrade ma spetta al ministero delle Infrastrutture e quindi al governo: «Se Lupi decide che non è il caso di fare tutta la Gronda perché siamo in grado di sostenere economicamente solo il primo lotto, così si dovrà fare. Il ministro ha chiaramente detto che non è possibile dirottare per 10 anni tutti gli introiti nazionali degli aumenti di pedaggio solo per finanziare la Gronda e ha pure scartato la possibilità di incrementare tali aumenti. Una terza strada sarebbe quella di chiedere alla Comunità europea una proroga sui 10 anni di concessione del tratto autostradale a Società Autostrade per allungare i tempi di rientro dall’investimento economico. Ma è ancora tutto da vedere e il Comune deve essere parte attiva all’interno di questo confronto. Anche perché dal punto di vista della fattibilità in lotti tutto è possibile. La gronda di ponente da Bolzaneto a Voltri può essere fatta in unico lotto, come unico lotto è il collegamento Genova ovest – Bolzaneto (raddoppio a7): quindi, almeno due lotti sono possibili dal punto di vista tecnico».
«Immaginare di far partire prima un lotto di un altro – replica Selleri di Autostrade – vuol dire allungare i tempi e generare un nuovo impatto ambientale. Se il ministero decidesse di abbandonare il vecchio progetto è ovvio che dovrebbe essere fatta tutta una serie di studi sulle eventuali nuove soluzioni».
Le decisioni esecutive, comunque, spetteranno alla Conferenza dei servizi (un tavolo successivo a quello del 23 gennaio che, invece, sarà chiamato a esprimersi solamente sulla pubblica utilità dell’opera e sui conseguenti espropri) che, paradossalmente, vedendo la piega che stanno prendendo le cose e l’ormai nota perdita di interesse da parte di Società Autostrade per l’opera potrebbe anche portare a decisioni clamorose. Tutto, o quasi, dipenderà dalla volontà del governo.
Anche perché la vera utilità dell’opera, secondo i suoi principali detrattori, è ancora tutta da verificare dato che si basa su studi trasportistici e di traffico veicolare ormai superati da anni. Sul tema anche il vicesindaco si lascia sfuggire una battuta: «L’attuale tracciato della Gronda non può risolvere tutti i problemi di mobilità generati soprattutto dal sovraccarico di traffico sul ponte Morandi e nel nodo di Genova Ovest. Anche con la nuova opera, se arrivo da Ventimiglia e devo andare al Porto, induco i camion comunque a uscire a Genova Ovest. Le cose sarebbero state diverse se avessimo avuto il braccio che portava verso Cornigliano, differenziando i traffici e decongestionando il centro città. Certo si potrebbe sempre intervenire con una riqualificazione strutturale del Morandi che però al momento non sembra essere all’orizzonte».
Insomma, siamo vicini alla battaglia finale, in attesa di capire quanto la maggioranza riuscirà a essere ancora compatta. La mediazione per convincere i consiglieri di Lista Doria, Sel e Fds a votare con il Pd è però ancora in corso. In questi giorni, e sarà così fino a martedì prossimo, i telefoni sono bollenti. Gli uffici dell’Urbanistica stanno lavorando alacremente alla produzione di modifiche al testo della delibera già passata in giunta che possano accontentare i più: l’obiettivo degli esponenti più a sinistra all’interno della maggioranza è quello noto di ottenere la realizzazione del solo primo lotto dell’infrastruttura, ovvero il raddoppio della A7.
«Visto che il tracciato è già stato deciso dall’amministrazione precedente – commenta il capogruppo di Lista Doria, Enrico Pignone – l’unica cosa che possiamo fare è sfruttare il ritorno della questione in Consiglio comunale, seppure per via traverse, per ottenere risultati utili alla città inserendo elementi finora mai considerati».
Ecco allora che nella delibera spunterà la richiesta di inserire il Comune di Genova all’interno del Comitato nazionale di controllo e vigilanza sull’opera che al momento contempla solo Arpal, Regione Liguria e ministero dell’Ambiente. Ma l’aspetto più delicato e ancora in fase di discussione è un richiamo a una rivalutazione dell’opportunità dell’opera alla luce delle recenti alluvioni: certo, il Pd non potrebbe mai accettare una posizione così esplicita ma proprio qui si stanno giocando tutte le carte interne alla maggioranza. È lo stesso vicesindaco ad ammettere aperture: «L’accento va posto sul fatto che il Comune deve per forza di cose poter partecipare alla discussione sulla regolamentazione dei corsi d’acqua e verificare che i calcoli fatti in passato risultino corretti anche in funzione dei nuovi fenomeni atmosferici che, ahinoi, si verificano ormai con regolarità».
Rispetto al passato, dunque, il vicesindaco sembra essere molto più conciliante verso i detrattori dell’opera, cercando di portare a casa da questo confronto qualche frutto positivo per il prosieguo della giunta Doria e della variegata maggioranza. «Capisco la posizione di chi vorrebbe concentrarsi esclusivamente sul raddoppio della A7 – dice il vicesindaco – sulla cui necessità siamo tutti convinti a prescindere dall’impatto ambientale che verrebbe mitigato dai notevoli vantaggi ottenuti dalla città. Ma per me è strategica tutta l’opera, anche dal punto di vista ambientale, perché toglierebbe traffico pesante dalla viabilità urbana e dalla parte più vicina alla case».
Difficile, comunque, un voto unanime anche se dovessero essere accolte tutte le richieste delle sinistre. Il compromesso, comunque, sembra ancora possibile. Anche perché il Partito Democratico ha più volte annunciato che un’eventuale maggioranza sulla delibera diversa da quella uscita dalle urne potrebbe aprire una grave crisi di governo della città. «Ma si tratta soprattutto di una questione di immagine – chiosa Bernini – perché gran parte delle rivendicazioni di chi si oppone al progetto sono già state evidenziate dalle prescrizioni della VIA. Non posso essere tranquillo sull’esito della votazione di martedì perché sono molto sensibile ai voti secondo coscienza e posso capire che qualche consigliere che ha da sempre espresso contrarietà radicale all’opera non se la senta di votare neppure una delibera tecnica, pur con tutti gli adeguamenti del caso».
Simone D’Ambrosio