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Cumuli di spazzatura, scie di deiezioni canili e caruggi maleodoranti che brulicano di ratti. Crescono i locali e la ristorazione, ma sullo svuotamento dei bidoni si va al risparmio
“La spazzatura è una grande risorsa nel posto sbagliato a cui manca l’immaginazione di qualcuno perché venga riciclata a beneficio di tutti”, ha detto Mark Victor Hansen. La Germania – per citare un esempio di posto ‘giusto’ – ricicla la maggior parte dei rifiuti che produce, una buona parte di quello che resta finisce negli inceneritori che generano energia e soltanto l’1% finisce in discarica. Per dare l’idea, dieci anni fa i tedeschi riciclavano di più di quanto fa oggi la Liguria.
Perché Genova sembra così sporca e malcurata? Si tratta di inciviltà o di un cattivo sistema di gestione rifiuti? O entrambe le cose? Il degrado del centro storico è da anni un tema parecchio dibattuto eppure – nonostante i servizi offerti da Amiu e le nuove iniziative per incentivare il decoro urbano – la situazione sembra essere sempre la medesima. Mozziconi di sigarette, cartacce, plastica, scie di deiezioni canili. Non solo Genova fa male la raccolta differenziata nel 2018, ma la fa anche peggio del 2017.
Per chi abita nel centro storico, gettare la spazzatura è sempre stato un incubo: le famose ex ‘stanzine blu’ sono state sostituite dagli EcoPunti ad accesso controllato, ma la situazione sembra non essere cambiata. Anzi – nonostante lo sporco rappresenti sempre un problema urgente da risolvere – gli spazzini sul territorio non accennano ad aumentare.
Dai bilanci pubblicati sul sito di Amiu – l’Azienza Multiservizi e d’Igiene Urbana – si evince, infatti, che il numero degli operai nel corso degli anni ha subito un leggero decremento. Se nel 2015 erano 1254, nel 2016 erano 1236, l’anno successivo 1211 e nel 2018 gli spazzini erano 1226 (quasi tutti a tempo indeterminato e con una media d’età di 52 anni). Quindi dal 2015 ad oggi il numero degli operai impiegati nell’organico aziendale è andato man mano a scemare, con un leggero incremento soltanto nel 2018, che comunque resta inferiore al numero degli spazzini che erano impiegati in azienda qualche anno fa. Si registra anche una riduzione sui costi per il personale: si è passati da circa 51 milioni nel 2015 a circa 47 nel 2018.
Il numero degli operai presenti nell’organico aziendale però, sarebbe ancora inferiore rispetto a quello riportato nei bilanci: “Nei conteggi vengono messi anche circa 30 operai che dipendono sempre da Amiu, ma svolgono dei servizi totalmente diversi come quelli funerari. In questo numero sono compresi anche quelli a tempo determinato presi per il crollo del ponte Morandi. Quindi i numeri, in realtà, sono un po’ al di sotto”, ci racconta una fonte qualificata fonte interna ad Amiu, che aggiunge: “È un problema. La richiesta di decoro è sempre la stessa. Dal crollo del ponte il numero degli operai e dei dipendenti in generale è andato a diminuire. Il calo degli operai si fa sentire. Col decreto Genova hanno assunto quelli che chiamiamo i ‘morandisti’ – che sono 30 – e queste sono state le uniche assunzioni fatte. Nel 2019 sono andati in pensione una settantina di dipendenti in generale. La carenza di personale, soprattutto operativi, è evidente”.
Secondo questa lettura l’intenzione sarebbe quella di “smantellare l’azienda e far prendere ad Iren tutto il pacchetto. Noi lavoratori abbiamo fatto una lotta abbastanza dura e Iren non è entrata dalla porta, ma è entrata dalla finestra. Ha la concessione alla costruzione dell’impianto di Scarpino e tutte le ditte in appalto che stanno lavorando per Amiu sono ditte che notoriamente lavorano per Iren. Iren ci sta facendo a pezzettini, la situazione è questa”.
In Liguria i dati sulla raccolta differenziata sono positivi se paragonati a quelli di qualche anno fa. La regione ha registrato un incremento dei dati percentuali nel corso degli anni: se nel 2012 la raccolta differenziata era al 32,02%, nel 2018 è salita al 49,66%. Purtroppo, però, la provincia che registra la percentuale inferiore resta ancora Genova, con un 41,55% nel 2018. Paradossalmente, la raccolta differenziata genovese ha registrato un decremento rispetto al 2017 dove aveva registrato un tasso del 41,63%. Nessun miglioramento per Genova, nessun passo in avanti nel corso di un intero anno, mentre tutte le altre province hanno raggiunto e superato il 45% di raccolta differenziata. L’obiettivo della regione per il 2020 è raggiungere il tasso del 65%, un traguardo che a questo punto pare decisamente utopico per il capoluogo ligure.
Il crollo del ponte Morandi – oltre a portare via 30 mila mq di aree industriali funzionali al servizio di igiene del suolo, alla raccolta e al trasporto di rifiuti – è stato un punto di svolta per Amiu che ha deciso di ripensare urgentemente l’organizzazione logistica e impiantistica. La distruzione che ha lasciato il crollo del ponte della Valpolcevera ha costretto l’azienda a traslocare persone, mezzi e attrezzature in altre sedi (non idonee come le precedenti) e questo ha comportato inevitabilmente un aumento dei costi.
Dai bilanci di Amiu si comprende come la chiusura della discarica di Scarpino nel 2014 e il crollo del ponte Morandi nel 2018 abbiano segnato la città di Genova, causando un forte incremento dei costi per i servizi. In seguito alla chiusura di Scarpino i costi subirono un drastico aumento (di oltre 29 milioni), salendo a 62 milioni nel 2015. Dopo una sorta di assestamento dei costi per un triennio, nel 2018 hanno registrato un nuovo aumento rispetto all’anno precedente – pari al 10,72% – dovuto principalmente a due voci di spesa: i lavori di bonifica all’area ex Nira e i lavori di igiene urbana. I primi erano inesistenti, dunque sono stati stanziati per la prima volta oltre 3 milioni per bonificare dall’amianto la struttura abbandonata da oltre 20 anni, mentre i secondi hanno subito un aumento di oltre 2 milioni. Il che significa che la gestione delle attività che riguardano smaltimento rifiuti, pulizia spiagge e scogliere, gallerie e sottopassi, aree verdi e wc, diserbo, rimozione carcasse e discariche abusive e lavaggio cassonetti ha richiesto un budget più elevato (basti pensare al maltempo e i danni provocati).
La nostra fonte ci spiega cosa è andato perduto il 14 agosto 2018 e quali decisioni sono state prese dall’azienda per sopperire alla perdita delle aree sottostanti il Morandi: “Nelle isole ecologiche, per fare un esempio, noi abbiamo dei grandissimi problemi. Sotto il ponte, oltre ai colleghi, abbiamo perso una rimessa, l’isola del riciclo, l’isola ecologica, una serie di uffici. Queste aree sono state perse e mai più recuperate”.
E continua: “Tutto quel cantiere è stato riportato nella vecchia rimessa, insieme ad altri lavoratori tutti ammassati, abbiamo mezzi parcheggiati in posti privati dove paghiamo per tenere i nostri camion”. L’intento sarebbe quello di avere un “servizio sempre più scadente”.
Il calo del personale non sarebbe l’unico problema dell’azienda: “Dalla chiusura di Scarpino non abbiamo mai fatto sentire l’emergenza, ma ora iniziamo ad andare pesantemente sotto di organico. A questo si aggiunge anche il problema dello stato dei mezzi: abbiamo camion che hanno 20 anni e che usiamo quasi 24 ore su 24. Di notte, abbiamo 6 o 7 zone scoperte per turno. Spesso mi è capitato di dover aspettare qualcuno che rientrasse col camion per poter fare la mia zona. E questo accade dappertutto. Non c’è più gente e quella che c’è viene dirottata su mille servizi. Poi l’età media dell’azienda è molto alta e non assumendo giovani questo si configura come un problema nel problema”.
Inoltre, anche la turnazione non sarebbe gestita in relazione alle necessità. Per esempio nel centro storico il numero crescente di esercizi legati alla ristorazione, anche turistica, sta mettendo in crisi la tenuta del servizio: “L’inizio turno è stato spostato dalle 23 alle 19,20, creando problemi con lo svuotamento dei bidoni, che quindi vengono nuovamente riempiti appena svuotati, rimanendo pieni anche per tutto il giorno successivo”. Ma non solo: “Lo spazzamento manuale è stato di fatto ridotto – spiega – ogni operatore oggi ha una zona molto più ampia e deve scegliere, coprendo solo i punti di maggior passaggio. L’impegno della gente che lavora c’è ed è costante, ma più di così non ci riusciamo. Manca personale”.
Per unire le esigenze di gestione dei rifiuti nel centro storico con quelle dì decoro del quartiere, Amiu ha allestito quasi 40 EcoPunti. Il centro storico di Genova – oltre ad essere densamente popolato – è una rinomata meta per i turisti di tutto il mondo, perciò necessita di frequenti e particolari lavaggi del suolo. In più, proprio a causa della densità di popolazione nel quartiere, i cassonetti vanno svuotati e puliti ancora più frequentemente. Amiu ha quindi servito il centro storico di piccoli magazzini che ospitano i contenitori della spazzatura, tutti ad accesso controllato e dotati di un sistema di video-sorveglianza e un sistema di anti-intrusione dei ratti. Nel centro storico attualmente gli EcoPunti sono 11, ma – sempre in termini di mantenimento del decoro e costruzione di appositi spazi per togliere i cassonetti della spazzatura dalle zone di pregio della città – queste aree aumenteranno.
Abbiamo ascoltato due operatrici ecologiche che ci hanno raccontato una situazione sì migliore del passato, ma che mette in luce un sistema ancora poco efficace da alimentare comportamenti non virtuosi da parte dei cittadini, come l’abbandono degli ingombranti: “Gli EcoPunti nuovi funzionano con un badge distribuito ai residenti. Sono tutti video-sorvegliati, ma acquisire le immagini non è facile per via della privacy. Una persona che butta gli ingombranti dentro un EcoPunto chiuso come si fa a trovare? Bisognerebbe risalire, tramite le telecamere, all’orario preciso in cui è stato buttato il mobile, andare a vedere il badge che è passato proprio in quel momento e fare un controllo incrociato che diventa abbastanza difficile. Roba da CIA”.
Mentre sullo stato dei bidoni e sul cambiamento che hanno notato in seguito all’installazione dei nuovi EcoPunti ci raccontano: “I bidoni non vengono lavati a sufficienza, respiriamo di tutto e d’estate la puzza è insopportabile. Il bunker è effettivamente più pulito all’interno da quando vi si accede con il badge, prima ci trovavamo ogni genere di cose e di situazioni. Il problema è che non tutti hanno la residenza e sono dotati del badge, quindi a volte troviamo cumuli di rumenta davanti all’EcoPunto. Alcuni sono più puliti di altri, dipende dalle zone”.
La situazione dei rifiuti nel centro storico di Genova potrebbe essere considerata come un’emergenza, emergenza che ha origini lontane e sviluppi recenti: il crollo del Morandi poteva essere un’opportunità per pretendere da parte dello Stato nuove risorse, ma nei fatti il personale continua a diminuire, mentre il servizio diventa sempre meno efficiente, anche visibilmente. Eppure i rifiuti continuano ad essere una potenziale risorsa, che aspetta solo qualcuno o qualcosa che la sappia valorizzare.
I rifiuti ci sono e sono sempre di più – nel 2018 circa il 49% in più dell’anno precedente – e in qualche maniera bisogna occuparsene. Una loro cattiva gestione diventa un problema per la salute dell’uomo e quella dell’ambiente, perciò occorre al più presto una politica di gestione rifiuti efficace, in grado di dare valore alle risorse al termine della loro vita, destinandole al corretto trattamento e riutilizzo. L’attuale servizio pare inadeguato e il centro storico è letteralmente saturo di spazzatura, decisamente non un bel vedere per i turisti in visita nella Superba e nemmeno un motivo di vanto per gli abitanti. Con l’ultimazione dei lavori per la ricostruzione del ponte della Valpolcevera, che determinerà in un certo senso una rinascita per la città, l’augurio è che si possa mettere un punto di partenza anche per una Genova più ‘green’: più pulita, rispettosa e accogliente.
Paola Alemanno