Le pensioni alla Camera raggiungono i 127 milioni l'anno, in Senato 59 milioni e 887mila euro
Al momento, l’indennità di un deputato italiano ammonta, medialmente, a 11.704 euro, al netto della diaria. Qualche “disgraziato” sabotatore ha proposto di adeguarla allo standard europeo e quindi di ridurla di circa la metà. Politici furiosi. “Tocca a noi decidere come procedere”,”lede l’autonomia del parlamento”, “depositeremo un emendamento correttivo”. Qualche dubbio? Nessuno! C’è da fare sacrifici? Tocca a te! Si deve ricuperare denaro? Tocca a loro!
Questa è la norma che vige nel nostro Stato par tutelare la “casta” che ogni giorno ci delizia con un nuovo vergognoso show, granitica contro il resto della popolazione che ne denuncia, da sempre, infamie ed abusi. Taglio vitalizi? Si, ma a quelli che verranno. Riduzione indennità? Ingiusto e viziato nella forma quindi da rimandare e poi… vedremo. Rivendicano, anche, la competenza decisionale sull’argomento: è come chiedere al condannato di stabilire se il boia lo deve impiccare o no.
Bene, rivendico anch’io lo stesso diritto. Rivendico il diritto del pensionato che viene tassato non una ma dieci volte: le tasse le paga, in anteprima, direttamente sul compenso mensile; le paga se il governo decide di congelare l’adeguamento; le paga sull’Ici della prima casa; le paga su un’eventuale seconda casa; le paga dall’aumento della benzina; le paga sull’aumento dei servizi; le paga sull’aumento dell’Iva e, quindi, dei prezzi; le paga sulle transazioni con bancomat o carte di credito; le paga con la necessità di aprire un conto corrente; le paga sui famosi “diritti acquisiti”, tanto declamati ma sempre calpestati. Cosa è rimasto dell’assegno mensile? Nulla!
Lo stesso, naturalmente, vale per tutti i dipendenti a stipendio fisso che si sono visti, negli anni, ridurre il potere di acquisto per contratti mai rinnovati; per blocchi sugli adeguamenti salariali; per aumento di lavoro a parità di stipendio, dovuto a pensionamenti mai reintegrati da nuove assunzioni; per blocco degli scatti di anzianità; per il prolungamento della vita lavorativa (nella speranza che muoiano) e così via.
E i giovani? Ne parliamo tanto ma, per lo stato, non esistono. Niente lavoro se non precario (quando sei fortunato); stipendi che rasentano lo sfruttamento, nascosto sotto diciture di un “apprendistato” che non finisce mai; nessuna possibilità di pensare ad un futuro di “casa o famiglia”; bamboccioni per necessità e non per scelta, perennemente a carico dei suddetti tartassati genitori. Come risponde il parlamento? Si indigna (loro!!!!!).
Si indigna, uno per tutti, l’onorevole (mica tanto) Dini che, vorrei ricordare, è stato il promotore, anni fa, di una riforma sulle pensioni-baby, ad eccezione della sua et compagni. Vediamo: il nostro amato parlamentare, di pensioni ne ha ben 2, per un totale di 27mila euro al mese (più la tredicesima mensilità), a cui va aggiunta l’indennità da senatore. Per avere un’idea di quanto ci costano questi “rigorosi” personaggi, basta leggere la lista delle loro pensioni, pubblicate da un noto settimanale e presenti in rete: “Camera (in totale, 2.005 per una spesa di 127 milioni di euro l’anno) e Senato (1.297 per 59 milioni 887 mila euro) a favore degli ex parlamentari (nelle cifre sono comprese anche le 1.041 pensioni di reversibilità incassate dagli eredi di eletti defunti)”. La Mussolini, un’altra illustre indignata contro i tagli ai privilegi, tuona: «istigazione al suicidio». Si, il nostro!
Adriana Morando