Una settimana di mobilitazione, dal 23 al 28 aprile, davanti ai cancelli dei Centri di identificazione ed espulsione per migranti, per chiedere l'abolizione delle detenzioni amministrative e verificare le condizioni delle persone recluse ed il rispetto dei diritti umani
Al via la campagna contro le detenzioni amministrative nei Centri di identificazione ed espulsione per migranti sparsi sul territorio italiano: “LasciateCIEntrare”, per la seconda volta dopo la mobilitazione del 2011, Fnsi, Art. 21, European Alternatives, Cgil, rete Primo Marzo, Giù Le Frontiere, Asgi, Open Society Foundation, insieme a tante altre associazioni nazionali e internazionali e partiti della sinistra italiana, chiedono libertà di accesso alle strutture per verificare le condizioni delle persone recluse, durante la settimana di mobilitazione iniziata ieri, 23 aprile, all’interno della campagna europea OPEN ACCESS NOW, con l’obiettivo di riportare l’attenzione pubblica su questo tema.
Fino al 28 aprile saranno nove le manifestazioni e gli appuntamenti che porteranno parlamentari, operatori dell’informazione e sindacalisti davanti ai cancelli dei Cie e, prefetture permettendo, anche dentro le strutture, per chiedere l’abolizione delle detenzioni amministrative, ovvero detenzione per le persone trovate senza documenti, che con l’ultimo governo di centrodestra sono state portate da un periodo di 6 ad uno di 18 mesi.
«Un periodo lunghissimo, inaccettabile, che viola ogni diritto umano, anche perché chi si trova là dentro non ha commesso alcun reato se non quello di non avere i documenti», denuncia il responsabile nazionale immigrazione della Cgil, Pietro Soldini.
La mobilitazione del 2011 aveva portato ad un importante risultato: consentire di nuovo ai giornalisti l’accesso nei CIE previa autorizzazione della prefettura. Diritto che era stato negato dal Ministro Maroni con un’apposita circolare (la n. 1305) il primo aprile dell’anno scorso.
«Ma questo primo successo purtroppo non è stato sufficiente a garantire la reale libertà di informazione – sottolinea il sindacato dei giornalisti – e molte richieste di accesso vengono ancora negate o ottenute con estrema difficoltà».
Dopo le recenti rivolte ed i casi modenesi di Andrea e Senad, due fratelli ventenni di origine bosniaca ma nati a Sassuolo, costretti a rimanere nel CIE di Bologna per più di un mese perché disoccupati e quindi senza possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno, infine liberati decretando che «chi è nato in Italia non può essere rinchiuso in un CIE»e quello di Said, il ragazzo marocchino fermato sull’altare mentre si accingeva a sposarsi e portato nel CIE per poi essere rilasciato pochi giorni dopo, si pone con urgenza l’esigenza di entrare nei centri d’identificazione per valutare le condizioni dei trattenuti e verificare la possibilità di libero accesso di giornalisti e associazioni.
CHIEDIAMO AI DIRETTORI DELLE TESTATE GIORNALISTICHE E AI GIORNALISTI: di raccontare la realtà dei Cie nella settimana che va dal 23 al 27 aprile, chiedendo l’accesso alle prefetture competenti o rilanciando le iniziative della campagna
ALLA SOCIETA’ CIVILE: di mobilitarsi con noi partecipando ai sit in che verranno organizzati davanti ai Cie
ALLA POLITICA: di rivedere l’attuale normativa a livello nazionale e internazionale
Hanno già aderito molti giornalisti, intellettuali, parlamentari, sindacalisti e associazioni della società civile, fra i quali: Andrea Camilleri, Erri De Luca, Ettore Scola, Stefano Disegni, Fabrizio Gatti, Tiziana Ferrario, Andrea Segre, Enzo Iacopino (presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti).
Matteo Quadrone