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Occasione persa o flop annunciato, l'incontro neanche si svolge. Animi esasperati e nessun dialogo possibile, quello che emerge è un totale scollamento istituzioni-territorio
Dopo un’ora di tensioni e toni accesi, in un clima a dir poco avvelenato, gli assessori si alzano dalla sedia e se ne vanno. L’assemblea pubblica ieri pomeriggio non è neppure cominciata: interrotta da fischi e grida della maggioranza più rumorosa tra i partecipanti, mentre una parte di cittadini, accorsi nel salone parrocchiale di Sant’Ambrogio di Fegino – forse troppo piccolo per accogliere tutti, visto che alcuni sono rimasti fuori – per la presentazione dei lavori sul rio Fegino, tornano a casa senza aver ascoltato una parola.
Gli animi fin, dal principio, sono apparsi esasperati. In particolare quelli dei residenti di Borzoli che da mesi sono ai ferri corti con l’amministrazione comunale per la questione viabilità. L’assemblea, però, era stata convocata per discutere degli interventi di messa in sicurezza del torrente Fegino, alla presenza del presidente del Municipio Valpolcevera, Ioele Murruni e di molti consiglieri, del vicesindaco, Stefano Bernini, degli assessori comunali Gianni Crivello (Lavori Pubblici) e Anna Maria Dagnino (Traffico) e dell’ingegnere Stefano Pinasco (Direzione manutenzione infrastrutture e verde pubblico).
Il confronto con gli abitanti – va detto – è tardivo, considerando che gli interventi sono già stati decisi, tuttavia neanche i rappresentanti istituzionali si aspettavano una simile accoglienza. La partenza non è delle migliori: l’ingegnere Pinasco si prodiga nell’illustrare i lavori ma la sua voce, senza l’ausilio di un sistema di amplificazione, non raggiunge i numerosi presenti. Poi, con l’aiuto del parroco, si provvede a recuperare microfoni e casse, però la situazione è ormai degenerata e, nonostante ripetuti tentativi, l’incontro finisce in un flop, senza aver trasmesso uno straccio di informazione utile. Le parole si perdono in una sala che rumoreggia sempre più e qualsiasi tentativo di dialogo – affinché sia possibile almeno mitigare l’impatto di lavori che per 2 anni interesseranno una zona perennemente congestionata da un forte traffico – naufraga miseramente.
Il mantra è il solito, quello che contraddistingue un periodo particolarmente difficile per le casse comunali: “se ci fossero i soldi potremmo...” ma visto che non ci sono bisogna arrangiarsi come si può.
L’ingegnere Pinasco, nel marasma generale, riesce a ribadire un solo concetto «Dal punto di vista idraulico, l’amministrazione sta agendo correttamente». Ossia partendo con gli interventi da valle e risalendo, nonostante tra i residenti sia opinione comune che le criticità stiano a monte (come evidenziato nella nostra inchiesta).
«Dal ponte di via Ferri verso la foce del torrente abbiamo già abbassato l’alveo di 1,5- 2 metri – sottolinea Pinasco – Se togliamo il “tappo” a monte e contestualmente non lo facciamo a valle non miglioriamo la situazione, anzi la peggioriamo. Certo, disponessimo delle risorse necessarie si potrebbe fare un appalto unico. Ma non le abbiamo. Dunque, siamo obbligati a partire da valle e via via abbassare il letto del corso d’acqua in direzione monte. La Provincia non autorizzerebbe interventi a partire da monte perché i Piani di Bacino lo vietano».
Alcuni residenti di Borzoli, esasperati da anni di convivenza con il traffico di mezzi pesanti contestano lo scopo dei lavori che, a dir loro «Serviranno soltanto a migliorare il passaggio dei camion con l’allargamento del ponte di via Ferri, facendo un favore ai privati, mentre la sicurezza dei cittadini, evidentemente non interessa al Comune».
Alla fine l’incontro si risolve in un nulla di fatto: vicesindaco e assessori, a questo punto, hanno gioco facile ad alzare i tacchi e andarsene. Così è impossibile continuare, la giustificazione è plausibile. I toni sono fin troppo coloriti anche fra gli stessi cittadini, divisi tra chi pensa che non far parlare gli altri sia un metodo profondamente sbagliato oltreché controproducente e chi, al contrario, ritiene di esser già stato preso in giro a sufficienza.
Insomma un vero e proprio dialogo tra sordi che non serve a nessuno e chiama in causa tutti, ognuno per la sua parte di responsabilità. Non è la prima volta che capita in simili assemblee sul territorio. Questa volta, però, si è superato il limite: quello che emerge con maggiore evidenza è lo scollamento totale delle istituzioni dal territorio che dovrebbero rappresentare. Il clima avvelenato, probabilmente, è il frutto malsano di una politica che a tutti i livelli – dal locale al nazionale – è vista dai cittadini come il fumo negli occhi. Se davvero le istituzioni intendono riprendere il filo del discorso, innanzitutto occorre che esse recuperino la credibilità persa in questi anni, spesso segnati da una scellerata gestione della cosa pubblica.
Matteo Quadrone