La Merkel consiglia all'Italia l'unione fiscale, ma fra corruzione e disuguaglianza l'Italia deve prima imparare che cosa significa
Merkel: «Necessaria un’unione fiscale». Finalmente una cosa intelligente.
Mi perdoni ministro Monti, io non sono un’economista e mi intendo di finanze come una formica che guarda le stelle ma i bilanci, quelli molto più terra terra del quotidiano, credo proprio di saperli fare. Gas, luce, telefono, amministrazione, bollo e bollini auto, assicurazioni varie, canone tv, spese sanitarie ecc, un vero bollettino di guerra che, ogni giorno, il povero italiano deve affrontare per la quadratura di un cerchio che, dal mondo matematico, ci assicurano impossibile. In questo paesaggio sconsolato Lei, caro Ministro mi ripropone l’ICI sulla casa insieme ad altri simpatici balzelli (Iva, caro bollette, caro benzina…) che, inevitabilmente, si spalmeranno su tutti, ad eccezione del barbone da cui, spremuto dalla vita come una rapa, non si potrà ricavare più nulla.
Questo percorso, che sarebbe persino condiviso dal popolo italiano solidale, stride davanti alle vergognose notizie di corruzioni miliardarie in cui fiumi di denaro, ben più consistenti di una manovra finanziaria, saltano da una tasca all’altra con la disinvoltura di Nureyev o all’iniquità fiscale che contraddistingue il nostro paese.
Sollecitata a condividere l’emissione degli euro-bund, la cancelliera tedesca ci ha fatto il classico gesto dell’ombrello perché, da quelle parti, è pur vero che si mangiano kartoffeln ma ciò non è sinonimo di stupidità. “Con la socializzazione del debito non si risolve il problema” ha spiegato la Merkel, che tradotto in “casalinghese” significa il debito è tuo, tienitelo ,”ma mi sono schierata per un patto Europlus in modo da poter parlare di diritto al lavoro, di pensioni e un sistema uniforme di tasse”.
E qui che La voglio caro ministro. Mi permetta l’impertinenza della massaia frustrata (se preferisce anche frustata) dalle sigle erariali quali Ilor, Irpef, Iva, ICI, Tia, ect, ben fatto il rinvio parziale dell’acconto Irpef 2011, dal 99 all’82% del reddito del 2010, che darà un boccata d’ossigeno a piccoli imprenditori, artigiani, commercianti tra i quali, non dimentichiamo, si annidano anche grandi evasori esemplificati nel noto caso di Treviso, ma che ne facciamo dei lavoratori dipendenti, dei pensionati e di tutti quei ligi pagatori di imposte, loro malgrado, su cui più di tutti si farà sentire un aggravio erariale che già ci vede ai primi posti in Europa?
Se, infatti, è un’anomalia l’esenzione ICI sulla prima casa e le entrate fiscali sul possesso immobiliare rappresentano solo il 1,47% di contributo sul totale del gettito tributario, aggiungendo le tasse sul lavoro (22,1%), più le imposte sul capitale (11,2%), arriviamo alla rispettabile somma del 34%, con un crescendo gravoso relativo ad altri oneri accessori quali balzelli comunali, sociali, sanitari e di servizi.
Se ad un conteggio assoluto, apparentemente, il “monte–tasse” risulta minore rispetto ad altri paesi europei, la fallacità del dato si evince ricordando che, ad esempio, in Francia sono deducibili l’imposta sulla casa, sulle ristrutturazioni, sulla baby sitter, sulla colf, sugli asili, sulla sanità e tutta un’altra quantità di cose ivi compresi i figli. Considerata “bene nazionale”, la prole, già dal secondo figlio, permette di dimezzare il debito con lo stato e al terzo praticamente lo azzera. Per non parlare dei servizio sociali quali ospedali, trasporti, strutture scolastiche che “fanno luce”.
Capisco che rischio di cadere nei soliti luoghi comuni, ma che ne direbbe di trovarmi un posto al Parlamento dove ti regalano la casa a tua insaputa, dove dopo una legislazione puoi contare su una pensione d’oro, dove percepisci uno stipendio non confacente alle squallide scene da cortile che ci offrono, talora, i nostri politici, dove faccendieri rampanti trovano un ottimo substrato per ruberie incommensurabili. Italiana convinta, non vorrei guardare alla Merkel come al salvatore della patria e sventolando una bandiera con il tricolore blu, inneggiare al grido di” Vive la France”.
Adriana Morando