Interventi emergenziali come riattivazione di acqua, luce o gas, ma soprattutto copertura delle spese scolastiche per i più deboli, assistenza agli esodati e ai minori: «possiamo considerarci sussidiari del Comune di Genova, che non ha più risorse», dichiara Farinella
Ludovica Robotti è una bimba dal cuore grande, un piccolo angelo che ha vissuto tra noi solo 299 giorni, nel cui sorriso, oggi, riescono a trovare un po’ di serenità tante persone a cui la vita sembra aver voltato le spalle.
Ludovica Robotti, infatti, è anche un’associazione, nata nella primavera del 2010 per illuminazione e volontà di don Paolo Farinella – rinomato biblista e parroco di San Torpete, ma più semplicemente “Paolo, prete” come preferisce firmarsi lui stesso – e dei suoi tanti amici genovesi e sparsi per il web, che nel 2012 si sono presi cura di quasi una sessantina di persone, per un impegno economico che ha sfiorato i 40 mila euro.
«Ricordo come se fosse ieri, il primo incontro con Valeria ed Emilio – racconta Paolo, prete, accogliendoci nei locali dell’associazione – due genitori che mi avevano contattato per sondare la mia disponibilità a celebrare il funerale della loro bambina di quattro mesi e mezzo, che sicuramente non avrebbe spento neppure la prima candelina. Non formava i muscoli, una tragica forma di Sla».
Ludovica morì a nove mesi e mezzo, il 3 febbraio 2010. Il giorno del suo saluto, San Torpete era piena di gente che, nonostante la pioggia, intasava anche piazza San Giorgio: «Fu durante l’omelia che capii che quella bambina poteva effettivamente nascere di nuovo. Stavo dicendo che Ludovica non era morta, una cosa illogica. Ma proprio in quel momento la vidi come un messaggero, un raggio di luce che è arrivato e se ne è andato. Allora lanciai subito l’idea di creare un’associazione dedicata a lei perché nel suo nome potessero vivere tante persone». Era il febbraio del 2010, ad aprile dello stesso anno è stata costituita l’associazione “Ludovica Robotti”, che a settembre avrebbe iniziato a essere operativa con 250 iscritti. «Non avevamo ancora una sede – ricorda Farinella – e in quel momento ci riunivamo nella sacrestia della parrocchia; ma volevamo partire subito, interrogandoci sui criteri con i quali avremmo dovuto operare, mossi dalla convinzione che non si sarebbe trattato di un Centro d’ascolto, come abbiamo voluto ribadire nello slogan dall’elemosina alla giustizia».
E chi conosce don Paolo, sa benissimo che i fondamenti dell’associazione Ludovica Robotti altri non sarebbero potuti essere che la Costituzione della Repubblica italiana e il Vangelo, come spiega lo stesso sacerdote: «La Costituzione stabilisce che ognuno ha diritto di vivere in pienezza la propria vita, rimuovendo tutti gli ostacoli che ne impediscono la realizzazione come sottolinea l’art. 3. Studio e lavoro sono alla base di tutto perché senza questi non ci può essere un’economia, uno stipendio e quindi viene meno la dignità di una persona, la sua libertà e il suo tempo libero, la sua dimensione sociale e spirituale». Qui il prete sembra lasciare il passo al sociologo: «Certamente la mia è una visione che riprende Marx: il lavoro non è un mezzo di produzione ma il fondamento, la sede della dignità della persona. Poi c’è la seconda pietra angolare, il Vangelo, che ci dice che tutto il creato deve avere una finalità sociale: gli egoismi non possono essere i valori si cui si costruisce la società».
A questo punto, però, urgeva una scelta perché l’Agenzia delle Entrate non consente la citazione della Costituzione italiana nello Statuto di un’associazione onlus: «Non potevo piegarmi a questa cosa – continua Farinella – d’altra parte desidero che questa associazione sia segno tangibile della gratuità assoluta: chi contribuisce non deve farlo perché può detrarre la sua donazione dalle tasse, ma lo deve fare a perdere, perché decide di condividere con gli altri un bene proprio che ha una valenza collettiva. Altro non è che l’estensione a livello collettivo del principio individuale, previsto sia dalla Costituzione che dalla Dottrina sociale della Chiesa cattolica, della proprietà privata: un valore con una valenza sociale che non può essere assoluto».
A questo punto iniziano gli sforzi non indifferenti per acquisire e ristrutturare alcuni locali adiacenti alla parrocchia che sono diventati oggi la sede dell’associazione. «Come dicevo prima, la “Ludovica Robotti” non è un centro di ascolto ma è un luogo in cui l’ascolto è al centro. Nel senso che le persone che vengono, non stanno in piedi a chiedere l’elemosina ma sono accolte e raccontano il loro problema a un’assistente sociale e un membro del consiglio direttivo, coadiuvati da uno psicologo qualora fosse necessario. Non diamo mai soldi direttamente, anche perché altrimenti il sistema si intaccherebbe immediatamente, e neppure diciamo sempre di sì ma ci facciamo sempre carico del sostegno di chi ci viene a chiedere aiuto».
Delle 57 situazioni affrontate nel corso del 2012, 27 sono provenute da segnalazioni fatte da soci o amici dell’associazione, 6 da altre associazioni, Caritas e Centri d’ascolto, 10 invece gli accessi spontanei. Le restanti 14 situazioni sono provenute dal servizio pubblico, ovvero da distretti sociali che non avevano più fondi a disposizione: «Sebbene non ufficialmente – commenta don Farinella – di fatto possiamo considerarci una sorta di sussidiari del Comune di Genova, che non ha più risorse. In alcuni casi, non solo Tursi non interviene direttamente, ma non si occupa neppure di prendere in carico la situazione provocando una spiacevole falsificazione dei dati sulle povertà».
Oltre agli interventi emergenziali, spesso dedicati alla riattivazione di acqua, luce e gas, le principali aree di intervento dell’associazione sono quattro.
L’ISTRUZIONE, LA CASA, GLI ESODATI E I MINORI
La prima riguarda una sorta di borsa di studio all-inclusive, con la copertura di tutte le spese scolastiche e di istruzione necessarie a una completa formazione dei giovani accuditi che, se vogliono, possono iscriversi anche all’Università. Al momento, questa tipologia di intervento riguarda tre ragazzi italiani e due bambini in Bangladesh. «Per quanto riguarda il Bangladesh – racconta Farinella – siamo aiutati da un gruppo di amici di Roma, dove vive il papà di questi bambini, vendendo giornali per le strade della capitale. La mamma, invece, è con loro in Africa ma non può lavorare perché deve vigilare costantemente sui due piccoli per evitare che vengano rapiti e coinvolti nell’atroce traffico di organi umani».
Tra le storie dei ragazzi aiutati c’è anche quella di un giovane di origini slave, che don Paolo non esita a definire «un genio», a cui l’associazione ha fornito tra le altre cose un computer ma che ha declinato l’offerta di una stampante perché non indispensabile. «Non chiediamo la luna – assicura il prete – e non vogliamo per forza la media del 9, ma è necessario che questi ragazzi si impegnino al massimo, per quanto la loro situazione lo possa consentire. Però non vogliamo che il mantenimento della borsa di studio diventi per loro un’ossessione, una malattia. La borsa di studio non è ricattatoria: è loro e la mantengono fin tanto che rispettano con impegno le normali scadenze scolastiche».
Un’altra quota dei fondi raccolti viene utilizzata per assistere i destinatari degli alloggi comunali: chi riceve queste abitazioni, infatti, spesso non ha le possibilità economiche neppure per sistemare gli allacci delle utenze né per recuperare il mobilio minimo e indispensabile per una sopravvivenza decorosa. In questo caso, la collaborazione arriva da Massoero 2000, un’altra associazione in ambito sociale che vede protagonista Farinella.
Il terzo settore di intervento riguarda l’accompagnamento fino alla pensione degli esodati più anziani e bisognosi.
L’ultima area, infine, è quella destinata a tutte le difficoltà che riguardano i minori e le loro famiglie. Tra gli interventi più toccanti, quello che riguarda una piccola bimba genovese di 4 anni, vittima di abusi sessuali in casa, a cui la “Ludovica Robotti” paga una parte della psicoterapia, grazie alla pensione di reversibilità di Elena Hermalaos – a cui è dedicata la saletta degli psicologi nei locali dell’associazione – interamente devoluta dal marito.
Tra le tante storie di aiuti e vite ridonate, ce n’è una che abbraccia tutti i campi di intervento dell’associazione. È la storia di un ragazzino quindicenne nato a Genova da una mamma nigeriana, costretta a mandarlo dai nonni in Africa per questioni di sopravvivenza. La “Ludovica Robotti” si è fatta carico del ricongiungimento di questa famiglia, pagando il biglietto dell’aereo alla donna che si è potuta recare in Nigeria a recuperare il figlio, riportarlo in Italia prima del compimento del sedicesimo anno, e in un colpo solo ha donato un alloggio e un lavoro alla donna presso la casa di un’anziana genovese, nonché una borsa di studio per il ragazzo.
Vi sono, inoltre, alcuni casi di cui non l’associazione non riesce a farsi carico direttamente: di solito, si tratta di croniche o, comunque, talmente disperate che l’intervento della “Robotti” non riuscirebbe a sistemare nemmeno in parte. «Quando ci troviamo di fronte a queste circostanze – sottolinea don Farinella – non è che chiudiamo la porta in faccia alle persone, ma invece che intervenire direttamente le accompagniamo presso strutture emergenziali che possano provvedere in maniera più efficace».
Gli occhi di Paolo, prete, si riempiono di gioia mentre continua a raccontare le avventure di chi in questi tre anni di vita è stato risollevato dell’aiuto di Ludovica. E con tanta soddisfazione e anche un po’ di giusto orgoglio non ci lascia andare finché non ha raccontato un’ultima storia, radicata nel territorio genovese: «Tramite una nostra volontaria, assistente sociale del Comune, siamo riusciti a coinvolgere diverse farmacie, a partire dalla Valbisagno, nella fornitura mensile di una dieta lattea gratuita, ciascuna per una famiglia bisognosa della propria zona. La cosa bella è che la proposta è venuta direttamente dalle stesse farmacie, quando eravamo alla ricerca di un prezzo politico di cui saremmo stati disposti a farci carico».
Tutto questo grazie al sorriso di Ludovica, che oggi ha un fratellino e tanti, tanti amici.
Simone D’Ambrosio