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Un patto di collaborazione quasi privatistica tra il Comune di Genova e la cittadinanza attiva che voglia prendersi cura della rigenerazione in forma condivisa dei beni comuni urbani. Ecco la nuova declinazione del principio di sussidiarietà secondo Palazzo Tursi. Bernini: "Coperta incapacità amministrazione di sfruttare risorse umane e intellettuale dei territori"
Un regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura, la gestione e la rigenerazione in forma condivisa dei beni comuni urbani. E’ quanto si appresta a licenziare il Consiglio comunale di Genova su proposta dei consiglieri Nadia Canepa (Pd), Barbara Comparini (Lista Doria), Luciovalerio Padovani (Lista Doria) e Monica Russo (Pd). Come riportato dall’agenzia Dire, il provvedimento, in attesa dei pareri dei Municipi per poter essere discusso nel dettaglio, è stato illustrato questa mattina in un’apposita seduta di Commissione a Palazzo Tursi e andrà a sostituire l’ormai vetusto “Regolamento sugli interventi di volontariato” risalente al 1999. Si tratta di una nuova iniziativa nella direzione di aumentare la partecipazione dei cosiddetti cittadini attivi, che si pone nello stesso solco tracciato dalle delibere di iniziativa popolare, già presentate in passato su “Era Superba”.
«E’ una proposta consiliare di grande interesse – spiega il vicesindaco, Stefano Bernini – perché va a coprire alcuni vuoti nella capacità dell’amministrazione di rispondere ad alcune esigenze e ad attivare risorse umane e intellettuali presenti nei territori e che non trovano spesso la giusta attenzione nel dialogo con l’amministrazione». Il regolamento, una volta approvato, riprenderà in parte le funzioni un tempo svolte dall’ufficio centrale del volontariato, ora non più attivo, e il cui servizio era stato demandato ai Municipi con alterne fortune ma, soprattutto, senza uniformità d’azione. «Cambia il rapporto tra amministrazione comunale e cittadini attivi – evidenzia Bernini – perché il cittadino che ha un’idea e la vuole sviluppare spesso si trova di fronte a un percorso burocratico che scoraggia. Il regolamento cambia la filosofia: l’amministrazione deve compiere tutti gli sforzi affinché l’idea dei cittadini possa avere gambe e mettersi a disposizione del cittadino per collaborare, sviluppando convenzioni e accordi, naturalmente con la dovuta trasparenza».
Il regolamento segue l’esperienza iniziata a Bologna nel 2014 ed estesa ad altre città di grandi dimensioni come Torino. Nella prima versione redatta, viene esplicitata anche la possibilità di utilizzare questo strumento come “forma di riparazione del danno nei confronti dell’ente ai fini previsti dalla legge, ovvero quale misura alternativa alla pena detentiva e alla pena pecuniaria”, come progetto di servizio civile, di inclusione per migranti, per la riqualificazione dei beni confiscati alla mafia e in relazione a emergenze meteo. Esclusa l’erogazione diretta di contributi economici dal Comune ai cittadini ma sono previste alcune agevolazioni a partire dall’esenzione del canone di occupazione di suolo pubblico, qualora richiesto dal tipo di progetto proposto, fino alla messa a disposizione di materiale o personale comunale. Tra le altre agevolazioni possibili: l’uso a titolo gratuito di immobili di proprietà comunale e l’attribuzione all’amministrazione delle spese relative alle utenze e alle manutenzioni.
«Il rapporto tra cittadini e Comune avverrà attraverso un patto di collaborazione quasi di natura privatistica – spiega la consigliera Monica Russo, tra le ideatrici del regolamento – un patto paritario, non standard perché verrà modulato a seconda degli obiettivi che i cittadini vogliono perseguire, senza molti degli scogli burocratici che i cittadini oggi devono affrontare». I patti di collaborazione, che normalmente non supereranno i cinque anni, saranno di due tipi: ordinari, con interventi semplici e diretti, di modesta entità e anche ripetuti nel tempo sui medesimi beni comuni; complessi, su spazi e beni comuni di maggiori complessità, che vedono coinvolti enti diversi o che hanno caratteristiche di valore storico, culturale, economico o dimensioni significativi. Potrà essere direttamente anche il Comune a individuare alcuni beni come possibile oggetto di amministrazione condivisa: «Sarà istituito un ufficio che si occuperà di amministrazione condivisa – spiega ancora Russo – in una logica di collaborazione con tutti i Municipi. Dopo l’approvazione in Consiglio, è prevista una sperimentazione di 6 mesi a cui seguirà un eventuale aggiustamento in corso d’opera».