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Di recente eletta in Consiglio comunale, nonostante la giovane età Maddalena ha al suo attivo una lunga esperienza sul territorio, cui tenta di dar voce attraverso il suo nuovo ruolo istituzionale
Maddalena Bartolini è uno dei giovani volti di recente entrati a far parte della politica cittadina attraverso la candidatura e poi l’elezione con la lista civica di Marco Doria. Da sempre legata a un profondo impegno in prima persona sul territorio e interessata alle tematiche sociali al punto di farne la sua materia di studio, Maddalena, classe ’79, è dottore di ricerca in sociologia e ricercatrice in sociologia urbana, oltre che coordinatrice di progetti territoriali legati alle trasformazioni urbane e sociali, e ha sempre sostenuto anche col suo lavoro “l’attivazione dal basso di percorsi creativi e di esperienze di cittadinanza attiva” in un’ottica di rigenerazione della città che tenga conto delle sue potenzialità, quali sono oggi le differenze culturali e generazionali. Attualmente si sta impegnando, attraverso il progetto Arbusti, per fare sì che le realtà culturali, artistiche, teatrali e musicali indipendenti della città dialoghino tra loro e con il Comune.
L’abbiamo intervistata per sapere come ha trasportato il suo impegno sociale nel nuovo ruolo di consigliere comunale e come cambia il modo in cui questo impegno può essere espresso nel momento in cui deve necessariamente passare attraverso canali codificati, perdendo inevitabilmente un po’ della genuina immediatezza che caratterizza le iniziative che nascono sul territorio.
Come è cominciato il tuo interesse per la politica, specialmente quello per la politica attiva?
«Il mio concetto di politica è da sempre legato a quello di cittadinanza attiva e si è caratterizzato e concretizzato nella mia immersione in territori e situazioni marginali, spesso conflittuali. La mia idea di politica attiva è dunque quella che parte dai territori e quindi dai bisogni, dai desideri di chi abita gli spazi urbani e i nostri quartieri. Ho fondato e coordinato con diversi artisti l’Associazione Culturale La Stanza, che ad oggi porta avanti diversi progetti territoriali e musicali (tra cui il Festival Cornigliano Mon Amour) e ho collaborato nel Ghetto con la Comunità San Benedetto al Porto e l’Associazione Princesa (la prima è la comunità di Don Gallo, la seconda è un’associazione ad essa legata, nata nel 2009 per tutelare i diritti dei transgender e contro l’omofobia e la transfobia, n.d.r.). Parallelamente il mio percorso di studi si è orientato negli ultimi anni sulla sociologia urbana attraverso ad esempio ricerche etnografiche e di sociologia visuale».
Da quanto tempo meditavi di candidarti, ti sei proposta tu? O altrimenti come sei stata scelta?
«Non ci pensavo assolutamente ed è stato un fulmine a ciel sereno. Mi ha chiamato Marco Doria per propormi di candidarmi, immagino, per il mio lavoro sui territori. Inizialmente e istintivamente la mia risposta è stata titubante e dentro di me ero molto perplessa proprio perché non ho mai ricercato un impegno politico nel senso istituzionale del termine . Poi mi ha convinto il fatto di essere stata scelta da una persona seria e onesta impegnata a dialogare con tutta la città e attraverso la costruzione di una lista civica, una possibilità di contatto fra società civile e amministrazione. E poi tanto non immaginavo sarei stata eletta… Non ho fatto una campagna elettorale e mi sono solo impegnata a creare una rete di artisti indipendenti con cui da sempre lavoro nei territori e che avrei voluto diventasse una risorsa preziosa per la città e per la nuova giunta (quello che poi è diventato il progetto Arbusti)».
Come è stato l’impatto con la realtà del consiglio comunale, quali sono le difficoltà principali con le quali ti stai misurando?
«Il primo giorno mi sembrava di dover entrare in un luogo “sacro” ed ero vestita formale ed elegante come ad un matrimonio. Poi purtroppo mi sono accorta che sobrietà e serietà in sala rossa non sono sempre un must. Il rischio è quello di abituarsi ad un clima che non sempre guarda ai contenuti… Ma sono solo all’inizio e sono ancora in fase di “osservazione partecipante”».
Buona parte dei colleghi presenti in consiglio ha almeno 50 anni… cosa significa interagire con loro, quanto pesa la differenza d’età? C’è il rispetto dovuto oppure, come spesso succede purtroppo nel nostro paese gerontocratico, persiste un atteggiamento di sufficienza nei confronti del giovane per forza di cose meno esperto?
«Diciamo che l’inesperienza porta ad avere talvolta il fianco scoperto e nessuno lì ha voglia di farti sentire a tuo agio o guidarti laddove sei disorientata. Non voglio ancora pensare che sia una questione di età ma di dimestichezza».
Da cittadina avevi dei temi che ti stavano particolarmente a cuore, la sociologia urbana, i progetti culturali legati al territorio, l’Associazione La Stanza a Cornigliano, l’evento Cornigliano Mon Amour… stai riuscendo a portare i tuoi interessi, il tuo programma, le tue idee in consiglio?
«Sicuramente l’obiettivo primario è quello di portare in consiglio alcuni dei temi che hai citato. Sto facendo fatica a capire nel profondo il linguaggio e le forme per poterlo fare, che non sono affatto scontate. Pensavo che le commissioni potessero essere un luogo privilegiato e ho già invitato sociologhe e docenti a parlare ad esempio di unioni civili, ma non è stato semplice e quello che per me è normale spesso viene giudicato inappropriato. Adesso sto cercando, con le modalità giuste, di proporre una riflessione sulle politiche giovanili e i territori ma confesso che mi è difficile farlo in un contesto in cui gli aspetti formali sono spesso utilizzati in modo strumentale. Devo quindi anch’io prepararmi meglio laddove sono ancora digiuna per poter affrontare senza intoppi alcune questioni e raggiungere l’obiettivo».
Quali sono i tuoi prossimi passi in questo senso?
«Un esempio virtuoso e che sto riuscendo a portare avanti è stata la costruzione della mappatura e del sito di Arbusti. Come ti dicevo ho pensato all’idea di costruire questo “rizoma” di artisti durante la campagna elettorale e ora il progetto si sta consolidando. Il nome mi è venuto in mente pensando agli artisti che attivamente e quotidianamente in diversi territori della città producono arte e cultura: artisti-robusti. Stiamo cercando di far conoscere questa rete di artisti indipendenti genovesi sia all’amministrazione comunale che municipale per averla come riferimento per la creazione di eventi e la gestione di spazi urbani inutilizzati e da riqualificare».
È tua la maternità di questa iniziativa: attualmente che ruolo ricopri al suo interno?
«Il mio ruolo per ora è quello di coordinamento ma chi lo porta avanti sono tutti quelli che l’hanno reso e lo rendono operativo. In particolare chi ha fatto il sito, chi ha seguito la comunicazione, i vari referenti d’area che si sono offerti per contattare più realtà possibili e tutte le varie realtà iscritte. Arbusti è un progetto dinamico e non statico e chiunque abbia voglia può collaborare per rendere questo strumento creativo ancora più efficiente. Le realtà che non sempre hanno voce possono pubblicare sul sito le loro iniziative e renderle note alla città. A breve lanceremo l’iniziativa… e quindi credo di aver parlato troppo!».
Claudia Baghino
[foto di Daniele Orlandi]