Ha inaugurato al museo d'arte contemporanea la prima mostra in Italia dell'artista, uno dei nomi di punta dell'underground negli Stati Uniti: apertura fino a domenica 28 aprile
Ha inaugurato da pochi giorni al museo di Villa Croce Farsi la città: interventi, comunità e partecipazione, la prima mostra di Tony Conrad in un museo italiano.
Figura epica della scena underground di New York, la mostra presenta una serie di lavori realizzati da Tony Conrad a partire dagli anni Sessanta e Settanta che indagano la dimensione urbana dello spazio pubblico e le interazioni che vi hanno luogo. Conrad osserva i movimenti delle masse metropolitane e registra le sue espressioni di dissenso, organizza rituali comunitari e decostruisce i meccanismi del cinema documentario. L’ambiguità del titolo, dissacrante e allo stesso tempo propositivo, nasce dall’approccio ambivalente dell’artista nei confronti delle strutture del potere e del loro perverso rapporto con i media.
Nato a Concord (New Hampshire) nel 1940, arriva a New York all’inizio degli anni Sessanta, dove partecipa alle esperienze più radicali della musica e del cinema indipendenti. In quegli anni è membro attivo – insieme a La Monte Young, John Cale, Angus MacLise, Maria Zazeela e altri – del Theatre of Eternal Music, gruppo che ha sviluppato le ricerche musicali di John Cage e Fluxus in senso minimalista producendo sonorità estese ed ipnotiche. Le loro sperimentazioni, etichettate come dream music, si sviluppano grazie all’eliminazione della figura del compositore attraverso l’improvvisazione.
Opere in Mostra
Bryant Park Moratorium Rally (1969) è una installazione audio a due canali che mette a confronto diverse modalità di percezione di una manifestazione politica contro la guerra in Vietnam che si svolse proprio sotto casa dell’artista. Sfruttando quella che lui stesso definisce la posizione ideale per un artista, vale a dire “trovarsi nel bel mezzo del tumulto democratico”, Conrad colloca un microfono fuori dalla finestra del suo appartamento prospiciente Bryant Park e un altro microfono di fronte alla televisione, sintonizzata su un canale che trasmetteva l’evento in diretta. Il risultato è dissonante e dimostra come la manifestazione sia più reale in televisione. Bryant Park Moratorium Rally registra il gap fra i mass media e la realtà e riflette sulla spettacolarizzazione delle forme del dissenso.
I film Waterworks (1972-2012) e Loose Connection (1972-2011), realizzati nello stesso anno ma digitalizzati e presentati in pubblico solo nel 2012. Waterworks è il lungometraggio di una celebrazione per il solstizio d’estate organizzata da Conrad e dalla moglie Beverly Grant a Times Square. Concepito come un evento di quartiere, Waterworks registra l’esistenza di una comunità eccentrica ed estemporanea che sceglie di reclamare il cuore pulsante di New York come spazio per l’espressione della propria spiritualità. Loose Connection è, invece, una “rivisitazione concettuale dell’idea di documentario”, un’operazione di alterazione del meccanismo cinematografico effettuata in piena epoca strutturalista. Conrad costruisce uno speciale otturatore per la sua cinepresa Super 8 le cui riprese inducono una forte di disorientamento nello spettatore. L’evento filmato – l’artista e la sua famiglia che vanno a fare la spesa al supermecato -, in sé assolutamente ordinario, assume così una natura quasi psichedelica.
Studio of the Streets (1990-1993) è un progetto collaborativo di attivismo sociale realizzato nella città di Buffalo dove Conrad vive e insegna dal più di vent’anni. Inizialmente concepito per ottenere finanziamenti comunali per la creazione di una “televisione ad accesso pubblico”, autogestita dai cittadini, Studio of the Streets si è presto evoluto in un sistema di “animazione” delle voci della comunità: ogni venerdì pomeriggio, per tre anni, i passanti sono stati fermati sulle scale del Municipio di Buffalo ed invitati ad esprimere i propri desideri, bisogni, necessità. Le interviste, così raccolte e regolarmente mandate in onda su una rete locale, sono diventate un programma di successo. Precursore di modalità partecipate e condivise di informazione come i social-network o la web tv Conrad è riuscito a creare un “interpersonal feedback loop”, un gruppo che trasmette a se stesso la propria immagine. Studio of the Streets è stato presentato in Europa nella Documenta IX del 1992.
Yellow TVs (1973): serie legata ai famosi Yellow Movies presentati all’ultima Biennale di Venezia, che chiama in causa la pittura per portare alle estreme conseguenze e mettere in discussione le regole del cinema strutturalista, percepite come autoritarie. L’interesse per un’estensione temporale dilatata – long duration – espresso in primo luogo nelle composizioni musicali, viene trasferito in ambito visivo introducendo con prepotenza l’elemento temporale nella percezione della pittura.
La mostra sarà aperta al pubblico fino a domenica 28 aprile 2013.
[foto di Diego Arbore]