«Siamo rimasti senza lavoro per un conflitto di potere». La storia drammatica della Muzzana Trasporti srl all'interno dello stabilimento Ilva di Cornigliano. I lavoratori scrivono ad Era Superba denunciando la situazione, ecco la ricostruzione di quanto accaduto
Se gli operai dell’Ilva di Cornigliano sono legittimamente preoccupati per il loro futuro occupazionale (qui l’inchiesta di Era Superba) dopo che la direzione aziendale ha comunicato l’impossibilità di rispettare l’accordo di programma paventando di conseguenza centinaia di esuberi, i lavoratori del deposito genovese di Muzzana Trasporti srl – società nata come corriere per tutto il Gruppo Riva (con sede principale a Caronno Pertusella nel cuore della Riva Acciaio spa) – già da ottobre 2013 sono costretti a casa, prima in cassa integrazione ordinaria (fino a gennaio 2014) e adesso in c.i. straordinaria (in scadenza il prossimo 31 marzo). La storia dei dipendenti Muzzana è particolarmente drammatica perché dalla sera alla mattina 4 persone – e dunque altrettante famiglie – si sono ritrovate improvvisamente espulse da un contesto lavorativo nel quale erano a pieno titolo inserite ormai da 16 anni.
Ma partiamo dal principio. Il Deposito Muzzana Genova nasce nel 1995 e fino al 2002 è gestito da personale ILVA S.p.A., quale punto di appoggio nello smistamento di ricambi a tutti gli stabilimenti del Gruppo Riva. La postazione di Cornigliano è strategica per la sua posizione logistica di collegamento tra le società Ilva di Taranto, Genova, Novi Ligure e le società collegate (Sanac Massa e Vado Ligure). Nel deposito genovese, da sempre, lavorano fianco a fianco dipendenti sia Ilva sia Muzzana che si occupano della parte operativa: scarico/carico merce in arrivo e in uscita, imballaggio delle merci, carico/scarico container per Ilva Taranto, il tutto tramite l’ausilio di carrelli elevatori frontali e carroponte, mentre gli autisti ritirano i ricambi per le società del gruppo.
Dopo il commissariamento della holding Riva Fire (agosto 2013) – che controlla Ilva S.p.A. e dunque le fabbriche di Taranto, Genova Cornigliano e Novi Ligure (mentre una parte del gruppo, Riva Forni Elettrici che controlla Riva Acciaio, Riva Energia e Muzzana Trasporti srl, è rimasta sotto il controllo della famiglia Riva) – a seguito dell’inchiesta giudiziaria per disastro ambientale a carico della dirigenza Ilva di Taranto e della famiglia Riva «Noi quattro siamo gli unici ad essere stati messi completamente fuori gioco – denunciano Alessandro, Fabrizio, Gabriele e Ivan, dipendenti del deposito genovese della Muzzana Trasporti srl – Dapprima, con il sequestro dei beni Riva a settembre 2013, siamo stati coinvolti come altri 1400 operai Riva nel procedimento di “messa in libertà”, ovvero sospesi senza il pagamento dello stipendio. Trascorsi 15 giorni siamo rientrati ma ci è stato detto chiaramente che non servivamo più. Il risultato è che da alcuni mesi ci è stato sottratto il lavoro che, ad oggi, viene effettuato da personale Ilva Genova sotto il nome di magazzino transiti Genova».
Secondo i lavoratori «La dirigenza Ilva ha scelto tale soluzione senza preoccuparsi minimamente di noi. Muzzana Trasporti a questa azione ha risposto richiedendo un cassa integrazione ordinaria a zero ore, falsandola come “calo di commesse”, fatto assolutamente non veritiero. È evidente che l’intenzione della Riva Forni è quella di non volere più interferire su quanto riguarda l’Ilva. In pratica, si è creata una situazione dove noi quattro dipendenti della Muzzana Trasporti srl nel deposito di Genova siamo l’ultima traccia dei Riva all’interno dell’Ilva, quindi una presenza da debellare. Siamo rimasti senza lavoro soltanto per un conflitto di potere. E da mesi non abbiamo più comunicazioni sul nostro futuro. Per questo abbiamo deciso di agire per via legale. La settimana scorsa il nostro avvocato ha depositato il ricorso per chiedere il reintegro all’Ilva».
Quello che maggiormente colpisce in questa vicenda è l’assoluta ambiguità che sta alla base del rapporto tra Ilva e la sua società controllata. «Io sono stato assunto come dipendente di Ilva Genova – spiega Alessandro Saporito, responsabile del magazzino genovese di Muzzana Trasporti srl – All’epoca alcuni magazzinieri Ilva venivano utilizzati in mansioni di trasporto dei pezzi di ricambio con mezzi della Muzzana Trasporti. Ciò è avvenuto fino al 2002. In seguito hanno deciso di regolarizzare la mia posizione. In sostanza obbligandomi a passare alle dipendenze di Muzzana Trasporti». Nel frattempo vengono assunti altri tre lavoratori, sempre direttamente dall’ufficio personale di Ilva Genova «Ma formalmente il contratto è quello della categoria autotrasporto – continua Saporito – E ufficialmente siamo tutti dipendenti di Muzzana Trasporti».
Alessandro, Fabrizio, Gabriele e Ivan raccontano di aver sempre lavorato nel magazzino Ilva Genova con sede all’interno dello stabilimento di Cornigliano. «Eravamo perfettamente assimilabili ai dipendenti Ilva: ci spogliavamo nello stesso spogliatoio, mangiavamo nella medesima mensa, timbravamo il cartellino come azienda Ilva, svolgevamo le visite mediche all’interno dell’Ilva, vestivamo con divise Ilva, e potremmo continuare ancora a lungo».
Una situazione che va avanti così per anni, fino al settembre 2013, quando interviene la magistratura con il sequestro dei beni Riva (settembre 2013). «Anche noi siamo rientrati nel procedimento di “messa in libertà”, cioè sospesi senza il pagamento dello stipendio – spiega Alessandro Saporito – Dopo 15 giorni, al pari degli altri lavoratori coinvolti, siamo rientrati nello stabilimento dove, però, era già stata creata una postazione alternativa in un altro capannone in cui i dipendenti Ilva operavano al posto nostro. Per qualche giorno siamo rimasti nel deposito Muzzana senza nulla da fare. Poi la direzione Muzzana ci ha comunicato chiaramente che non servivamo più. Di colpo Ilva ha deciso di svolgere internamente il servizio di stoccaggio, mentre il servizio di trasporto sarà affidato a ditte esterne».
Ma come sottolineano i dipendenti Muzzana «Noi avevamo un ruolo ben diverso da semplici corrieri. Aspettavamo i materiali e li controllavamo, non si trattava soltanto di operazioni di ritiro e consegna, bensì garantivamo determinate caratteristiche al servizio, rappresentando a tutti gli effetti una presenza Ilva. Infatti, entravamo direttamente nei reparti, attività che una ditta esterna, in teoria, non potrebbe svolgere». E soprattutto «Ogni direttiva operativa proveniva dall’Ilva, noi dipendenti Muzzana eravamo una sorta di “jolly”, oltre ad essere ricambisti e magazzinieri dell’Ilva potevamo muoverci e maneggiare materiale di tutto il gruppo».
Nonostante le continue rassicurazioni dei dirigenti Ilva, pronti a scongiurare qualsiasi ipotesi di licenziamento, i dipendenti Muzzana hanno subito un progressivo isolamento all’interno dello stabilimento di Genova Cornigliano, fino ad essere considerati addirittura degli estranei. «Eppure noi avevamo rapporti esclusivamente con la direzione Ilva di Genova – sottolinea Saporito – Il magazzino genovese di Muzzana Trasporti è stato creato apposta per dare risposta alle esigenze dell’Ilva. Il ricorso legale verterà proprio su questa evidente promiscuità che, probabilmente, senza le note vicende giudiziarie, sarebbe proseguita tale e quale ancora oggi».
«Una storia decisamente anomala – così la definisce Armando Palombo, delegato Fiom della rsu Ilva di Cornigliano – risultato non voluto di una carambola che parte dalla giustissima inchiesta giudiziaria di Taranto. I lavoratori Muzzana pagano colpe non loro. Un tempo l’universo Ilva, composto da una serie di società controllate in varia misura dalla famiglia Riva, era sostanzialmente unito. Ma la commistione tra diverse realtà societarie era tale che numerose funzioni, in maniera impropria, si sono via via mescolate. Adesso che l’universo Ilva è stato scorporato, a seguito dell’inchiesta della magistratura e per motivi finanziari (così Riva ha salvato la parte “sana” del gruppo), sono emersi tutti i problemi».
Comunque, secondo Palombo «I 4 dipendenti Muzzana, di fatto, svolgevano mansioni per Ilva Genova. Quindi, dal punto di vista lavorativo, sarebbero perfettamente integrabili in Ilva. La causa legale potrebbe essere la strada migliore per ottenere il reintegro. Considerate tutte le anomalie e le ambiguità nei rapporti tra questi lavoratori e Ilva Genova».
Matteo Quadrone