Nei giorni scorsi il progetto di Renzo Piano per la riorganizzazione delle aree ex Fiera e il collegamento con il Porto Antico è stato presentato alla città. Sul numero 56 della nostra rivista abbiamo pubblicato un'inchiesta su questo tema nel tentativo di restituire al lettore il quadro della situazione, aldilà della propaganda politica e dei facili entusiasmi
La matita dell’artista da un lato, la razionalità dell’amministratore dall’altro. “Genova schiacciata sul mare”, Genova che “sembra cercare respiro al largo, verso l’orizzonte”. #Genovamorethanthis il futuro della propria immagine se lo gioca proprio qui, in questa dicotomia tra utopico affresco e sostenibile riorganizzazione degli spazi. Spazi che abbondano ai margini di una città che rischia ogni giorno di perdere sempre più la sua ormai antica vocazione industriale. Spazi occupati, angusti e affascinanti, tra quei “labirintici, vecchi carrugi (licenza poetica, a Francesco Guccini si può concedere)” affacciati sul porto, all’ombra della Lanterna. Ma soprattutto spazi che hanno bisogno di essere liberati, spostati, riassegnati per dare vita a una nuova idea di città sostenibile.
La Genova di domani non può essere una città legata ai grandi sogni perché “palanche”, inutile negarlo, non ce ne sono. Almeno per adesso. Gli anni delle Colombiane, del G8, di Genova capitale europea della cultura sono ormai un ricordo che ha comunque lasciato segni indelebili come il Porto Antico e il Centro Storico patrimonio Europeo dell’Unesco ma non ci si può però fermare qui. Genova, come dice il nuovo slogan cinguettante, è molto più di questo o, quantomeno, vorrebbe provare a esserlo. E, allora, che città sarà nel 2025? Il nodo cruciale non può che essere l’affaccio sul mare, quel cosiddetto waterfront che si estende per una trentina di km di costa, da Nervi a Voltri, e che si vuole potenziare e valorizzare proprio a partire dal suo cuore di fronte al centro cittadino.
Qualcuno, addirittura, è arrivato a sognare un nuovo Porto Antico, tanto da ipotizzare l’affidamento a Renzo Piano, del progetto di riqualificazione delle aree ex Fiera acquistate dal Comune tramite Spim (qui l’approfondimento) perché non più necessarie ad attività fieristiche e molto più utili a salvare i disastrosi bilanci della Fiera di Genova. Già, Renzo Piano, proprio colui che a partire dal ’94 aveva ricevuto le chiavi artistiche della costruzione del Porto Antico sulle aree dell’Expo colombiano del ’92 e che tra 2004 e il 2008 aveva provato, senza alcun risvolto concreto, a ridisegnare tutto l’affaccio sul mare della città da piazzale Kennedy fino a Voltri.
Ma anche questa volta gli affreschi dell’archistar potrebbero restare solo sulla carta perché i soldi, appunto, non ci sono e bisogna fare i conti con la realtà e con le esigenze del territorio. «Piano fa disegni perché sono belli e perché deve vendere disegni belli – commenta il vicesindaco del Comune di Genova e assessore all’Urbanistica, Stefano Bernini – io invece devo confrontarmi con la necessità di fare un lavoro in tempi rapidi per poter offrire spazi che siano coerenti con le mie necessità industriali. Stiamo parlando della volontà di valorizzare una delle aree più interessanti della nostra città, che riceve la fascia di arrivo in centro di tutta la Val Bisagno, che è a pochi passi dalla stazione Brignole e che, soprattutto, è la porta di collegamento naturale tra levante e ponente, attraverso via XX settembre. Perché dobbiamo fissare l’immagine futura della città sui disegni di Renzo Piano? Se Piano decide che lì vuole metterci una spiaggetta, o si fa la spiaggetta o non si fa nulla? Invece, rimettendo a posto i bagni comunali, utilizzando le proprietà della Marina militare che passeranno ad Autorità portuale, sfruttando le idee e gli investimenti del Municipio nell’area Govi, possiamo disegnare un percorso molto produttivo».
Ma allora esiste davvero un’idea, un’immagine futura della città? Sia il vicesindaco che i tecnici del Comune sanno bene che il disegno del nuovo waterfront su cui stanno lavorando gli uffici di Tursi non avrà lo stesso appeal dei disegni proposti da Piano. Tuttavia, l’intento è quello di proporre un’idea che possa essere effettivamente realizzabile con le risorse a disposizione. «Il grande sforzo è stato arrivare alla conoscenza dei punti più piccoli – racconta Bernini osservando una lunga cartina del litorale genovese – che è anche l’unica possibilità per goderci questa città e farla godere a pieno. L’artista bravo è quello che arriva al bello, al meglio possibile partendo dalle esigenze e dalle risorse delle città, che è il vero committente. Lo sforzo degli uffici è stato proprio questo: produrre un disegno che non fosse un gesto pittorico artistico ma mettere insieme un qualche cosa che avesse una serie di verifiche di legittimità e desse garanzie alla cittadinanza». Più che un nuovo Porto Antico allora, si tratterà, come recita lo stesso Piano Urbanistico, di sottoporre a “una complessiva riqualificazione mediante la realizzazione di opere funzionali alla sua fruizione ed alla riorganizzazione degli spazi di rimessaggio delle imbarcazioni e delle attrezzature balneari e ricettive, ivi inclusa l’integrazione con l’utilizzo della superficie del depuratore e la ristrutturazione dei relativi spazi ed attrezzature ad uso pubblico e collettivo” tutto l’arco litorale compreso tra Punta Vagno e piazzale Kennedy e da qui arrivare fino alla zona dell’Expo.
Per quanto riguarda Punta Vagno tutto ruota attorno al trasferimento dell’Istituto idrografico della Marina (qui l’approfondimento) dalla collina di Oregina a Calata Gadda, nell’ex palazzina Selom, quasi a ridosso del Molo Vecchio. Che c’entra con Punta Vagno e corso Italia? I nuovi spazi di Calata Gadda ospiteranno tutte le attività collegate all’Istituto idrografico e questo comporterà anche la dismissione dell’ex Batteria Stella (sulla strada che unisce la Fiera del Mare al Porto Antico) e della zona diportistica di Punta Vagno. L’accordo con Autorità Portuale, però, non c’è ancora stato. Inoltre, l’area può essere recuperata solo se al Ministero vengono offerti anche degli appartamenti e da Palazzo San Giorgio nulla ancora si è mosso alla ricerca di immobili disponibili.
Con un investimento tra i 150 e 200 milioni di euro, invece, nell’area di Ponte Parodi (circa 40 mila metri quadrati accanto alla Darsena) dovrebbe sorgere un cosiddetto “fun-shopping center” (qui l’approfondimento) che darebbe vita a una “grande piazza sul Mediterraneo” con l’obiettivo di catturare soprattutto l’attenzione e la presenza dei giovani. Ma di grande per ora c’è soltanto l’ambizione: il progetto, presentato nel 2000 e approvato definitivamente nel 2002, sarebbe dovuto terminare già nel 2010. Invece, negli ultimi mesi, si è fatta largo anche l’ipotesi che l’idea potesse essere ormai desueta e non rispondesse più, da un lato, ai bisogni della città, dall’altro, all’interesse del Gruppo Altarea che si è aggiudicato l’area.
A pochi metri di distanza da Ponte Paorodi sorge un’altra imponentissima zavorra del waterfront genovese, il silos Hennebique. È passato quasi un anno da quando il 29 novembre 2013 il bando per la concessione novantennale dell’ex silos granaio alle spalle della Darsena è andato deserto (qui l’approfondimento). Stiamo parlando di una delle più grandi strutture abbandonate della nostra città: 210 metri di lunghezza, 33 di larghezza e 44 di altezza, con 210 pilastri e 38 mila metri quadrati calpestabili. Autorità portuale e Comune di Genova avevano annunciato un nuovo bando, più leggero soprattutto dal punto di vista delle funzioni ammissibili, in tempi abbastanza rapidi. Ma, come detto, un altro anno è passato invano. Secondo il vicesindaco Bernini la soluzione attualmente al vaglio è quella di «pensare di realizzare un centro economico-direzionale legato ad attività portuali». Hennebique come nuovo Palazzo San Giorgio dove si decidono i traffici commerciali della città? Anche qui non possiamo far altro che restare a guardare.
Simone D’Ambrosio
L’inchiesta integrale su Era Superba #56
Commento ottimo e realistico.Aggiungerei che una delle cose sensate ed intelligenti sarebbe che tutte le Autorita’ preposte smettessero di calpestarsi i piedi a vicenda.Questo e’ mio e questo e’ tuo.Solo questione di potere.Vecchia malattia mai curata