Abbiamo discusso di arte e vita con artisti e galleristi in occasione dell'Opening collettivo delle gallerie di Genova
Per i non appassionati o per i più distratti le gallerie d’arte del centro storico probabilmente sono quasi invisibili. Strette nelle pieghe dei caruggi, si affacciano sulla strada con angusti ingressi o ripide scale, quando addirittura non rimangono nascoste ai primi piani di antichi edifici provvisti di spessi portoni. Solo alcune espongono sobrie insegne verticali. Generalmente aprono solo alcune ore durante la giornata, talvolta esclusivamente su appuntamento. Tutto cambia in occasione dell’Opening collettivo autunnale. Per un giorno, queste gallerie aprono tutte contemporaneamente e restano aperte fino a mezzanotte. Man mano che si fa buio, le loro luci illuminano i vicoli, mentre il via vai di visitatori che entrano ed escono aumenta e quando si entra si è accolti dal vociare delle persone che a piccoli crocchi osservano, chiacchierano, e commentano le opere esposte.
L’associazione START Genova riunisce le gallerie d’arte moderna e contemporanea del centro cittadino. Curiosando tra le varie gallerie abbiamo parlato con artisti e galleristi di arte, scelte, vita, esperienze, impressioni, opere.
Alla Pinksummer di Palazzo Ducale le tre artiste islandesi che compongono il collettivo Icelandic Love Corporation espongono una grande ruota fatta di legno intagliato, calze di nylon e fonti luminose, che rappresenta il ciclo femminile in relazione alle fasi lunari. Le galleriste hanno contattato il trio dopo averne seguito il lavoro e le performances (in una performance eseguita a Copenhagen in occasione di una mostra sul cambiamento climatico hanno mangiato sushi di balena vestite di pelliccia come atto di denuncia dei crimini umani contro la natura). “Ci è piaciuto molto il loro modo di lavorare e di saper fondere l’aspetto lavorativo con gli altri aspetti della vita. Quando siamo andate a vedere il loro atelier una di loro aveva avuto da poco un bambino che era lì tranquillamente con noi nel corso dell’incontro e passava dalle braccia di una a quelle dell’altra, mentre discutevamo di lavoro bevendo un tè” racconta Francesca Pennone.
Riguardo all’aderenza dell’arte alla realtà, la gallerista dice “noi amiamo molto il lavoro che non sia eccessivamente didascalico e diretto, o di troppo facile lettura, ma l’opera è comunque sempre legata al contesto storico, politico, sociale, economico che si sta vivendo. Poi il risultato può essere più o meno visionario, più o meno astratto, e la ricezione dell’opera è diversa a seconda del pubblico: quello generalista e meno formato è attratto da lavori immediatamente coinvolgenti, meno da opere più concettuali che magari generano la sensazione di non capire. Per questo noi cerchiamo sempre di accompagnare la comprensione delle opere”. Lavorare in gruppo non è mai semplice, specie se si tratta di mettere insieme ispirazioni artistiche per farle confluire in un’opera finita: “Abbiamo idee diverse ma collaboriamo sempre, facciamo dei brainstorming, discutiamo molto” raccontano le tre artiste. “Per noi l’ideale è che le persone pensino con la loro testa e scoprano le emozioni che provano di fronte alle nostre opere”.
Alla UnimediaModern di Piazza Invrea invece la gallerista Caterina Gualco ospita una tranche della rassegna di Maria Rebecca Ballestra, organizzata in cinque diverse sedi espositive: “Di solito prima di fare una mostra devo conoscere bene l’artista, in questo caso non è stato così, sono stata affascinata dall’idea del progetto, che prevedeva una sinergia tra pubblico e privato con lo snodarsi della mostra in luoghi diversi (Villa Croce, Castello d’Albertis, Sala Dogana, UnimediaModern, Genoa Port Center), e dai temi affrontati dall’artista, certo dolorosi, senza speranza in qualche modo (Rebecca tratta problematiche quali consumo di risorse naturali, cambiamenti climatici, manipolazioni transgeniche, diritti umani, sperequazioni sociali) però io sono convinta che la Bellezza abbia un ruolo molto importante che è quello di portarci la voce del “luminoso”. Sono sei lavori, uno per esempio ci mostra luoghi di potere temporale e spirituale sommersi dalle acque o dalle nuvole, uno è sul cibo geneticamente modificato, un altro sulle pandemie che potrebbero invadere il mondo. Iil pubblico dimostra moltissimo interesse sia per gli argomenti trattati sia per il modo in cui vengono trattati”.
Alla Guidi&Schoen di Vico Casana lo spazio espositivo accoglie un’installazione sonora interattiva, “Inside Outside”: settanta sfere di vetro soffiato trasparente pendono dal soffitto a diverse altezze, appese a fili in nylon. Ciascuna accoglie un piccolo altoparlante da cui si dipana il cavo audio che una volta a terra si unisce agli altri in un fascio che corre verso la parete. Gli altoparlanti, collegati a microfoni piazzati all’esterno della galleria, in strada, trasmettono i rumori che vengono da fuori. L’effetto è straniante: il cicaleccio confuso si fa suono singolo appena ci si accosta ad una sfera, mentre lo sguardo vaga su queste bolle che brillano alla luce di piccoli faretti, uniche fonti luminose. Una piccola selva di fiori alieni che bisbigliano.
È stata la morfologia stessa dei vicoli a suggerire l’idea agli artisti Roberto Pugliese e Tamara Repetto, spingendoli ad alterare i confini noti attraverso la messa in relazione dello spazio esterno con quello interno, portando il mondo fuori dentro la galleria. “Durante i sopralluoghi siamo stati colpiti dalla grande attività acustica che caratterizza i vicoli” dice Roberto, “le sfere sono realizzate a mano, quindi ognuna diversa dall’altra e con una risonanza diversa. Sono micromondi acustici a sé stanti che insieme danno vita all’installazione. Le persone sono incuriosite e attratte dall’aspetto estetico ma soprattutto da quello sonoro, perché i suoni decontestualizzati e proposti in questo modo vengono considerati in maniera totalmente diversa”.
Le mostre nelle ventiquattro gallerie restano in allestimento per un periodo medio di un mese.
di Claudia Baghino
Foto di Daniele Orlandi