L'assessore con delega all'Edilizia privata, Francesco Oddone, si è recato in zona e ha promesso di approfondire la questione. Ma i margini di un intervento pubblico sono ristretti
Il progetto per la costruzione di 68 box interrati sotto il cinema Eden di Pegli che ha suscitato nel Ponente genovese una raffica di proteste dei cittadini – scesi in corteo un paio di settimane fa – ma anche di alcuni rappresentanti istituzionali – nella prima seduta del nuovo consiglio comunale 15 consiglieri (primo firmatario Antonio Bruno, Federazione della Sinistra) hanno depositato una mozione per chiedere all’amministrazione di sospendere i lavori ed eseguire una serie di approfondimenti al fine di avviare la procedura per la revoca del permesso a costruire – ha una lunga e travagliata storia che proviamo a ripercorrere.
Sono ormai alcuni anni che si parla di quest’opera, che sorgerà nel cuore della delegazione pegliese, in via Pavia, al centro di un tessuto urbano caratterizzato dalla presenza di palazzi dei primi del ‘900 che poggiano le antiche fondamenta a ridosso di un’importante falda acquifera. L’area interessata, proprietà dei frati di Finalpia, comprende il civico n. 4, il palazzo donato dal Papa Benedetto XV e dai marchesi Durazzo Pallavicini all’ordine dei Benedettini e dato in uso per attività pastorali e ricreative alla parrocchia di S. Martino, il sottosuolo del cinema Eden e della sua arena estiva.
«Il terreno della zona è estremamente fragile e quando hanno provato a trivellare è uscita immediatamente l’acqua – ricordano gli abitanti – c’è un rischio concreto per la stabilità delle abitazioni di via Pavia e dell’adiacente Piazza Bonavino». Ma la deviazione della falda potrebbe nel tempo arrecare danni anche agli edifici siti nelle zone di via Monti, via Beato Martino e via Martiri della Libertà.
Il Municipio Ponente ha manifestato in più occasioni la sua contrarietà al progetto, fin dal principio, ascoltando le preoccupazioni della gente. Una delle caratteristiche peculiari del territorio di Pegli è la numerosa presenza di acqua nel sottosuolo e la particolare vicinanza della falda acquifera alla superficie. Problemi di natura idrogeologica si sono riscontrati in altre zone di Pegli, quando si è provato a costruire. «In via Dagnino, a seguito di un intervento su una proprietà privata, c’è stato uno smottamento di terreno e alcuni palazzi contigui all’area hanno vissuto situazioni critiche e sono stati evacuati – spiega il Presidente del Municipio Ponente, Mauro Avvenente – è la dimostrazione di come il sottosuolo di Pegli sia terribilmente fragile».
In questi anni i cittadini si sono mobilitati attraverso assemblee pubbliche, volantinaggi e raccolte firme, e hanno ottenuto alcune modifiche rispetto al progetto iniziale. Quest’ultimo prevedeva una costruzione su 4 livelli per circa 120 box. Il Comune, resosi conto dell’invasività dell’opera, ha proposto ai progettisti una riduzione dello sbancamento, da 4 piani a 3, con la conseguente riduzione del numero di box (68).
Il permesso a costruire è stato concesso un anno fa, nel giugno 2011, dalla civica amministrazione guidata dall’ex Sindaco Marta Vincenzi. Oggi, quasi un anno dopo, sono partiti ufficialmente i lavori.
Se il rischio idrogeologico rimane l’insidia più pericolosa, c’è anche un altro grave disagio che incombe sui residenti – considerando i 3 anni previsti per il completamento dei lavori – ovvero quello relativo alla viabilità. I camion per raggiungere il cantiere saranno infatti costretti a percorrere un percorso tortuoso, attraverso il quartiere giardino, mettendo in ginocchio la circolazione «Il ponte di via Martiri della Libertà, sopra la ferrovia, è un ponte molto datato (intorno al 1870) e ha un limite di portata stringente – spiega il Presidente – è probabile che i mezzi pesanti superino il tonnellaggio consentito per il passaggio e siano costretti a transitare per altre vie creando problemi alla viabilità di tutta la delegazione». Durante questo periodo verrebbero inoltre ridotti, se non eliminati, i parcheggi lungo le vie interessate.
E poi chiuderà i battenti lo storico cinema Eden, un presidio sociale importante per il Ponente, un luogo di promozione culturale, in una zona dalla vocazione ancora turistica. Un presidio che i pegliesi e il Municipio vogliono difendere dalla scomparsa definitiva. Rocco Frontera, presidente regionale dell’Aces (Associazione delle sale di proiezione cattoliche) e gestore dell’Eden spiega «Una volta chiuso il cinema, riaprire dopo 3 anni, con la conseguente disaffezione della gente, sarebbe molto difficile – e aggiunge – Ci sono 2 persone che lavorano nel cinema con contratti a tempo indeterminato e che perderanno il lavoro». L’attività del cinema va a gonfie vele e fornisce un servizio attento alle esigenze dei soggetti più deboli «Gli anziani che abitualmente frequentano la sala e che non vanno al Cineplex – spiega Frontera – un domani probabilmente rimarranno seduti sulla poltrona di casa». L’Eden è stato il primo a trasmettere in diretta le opere del Teatro Carlo Felice e realizza collegamenti con i teatri più importanti d’Italia. Il fiore all’occhiello è rappresentato dall’arena all’aperto con 600 posti che riscuote da sempre notevole successo. Uno splendido giardino in cui si trovano diversi platani secolari che sono già stati censiti e numerati, in attesa della condanna definitiva.
Ma finalmente c’è anche una buona notizia. Ieri, infatti, si è svolto un sopralluogo nell’area del cinema Eden alla presenza dell’assessore con delega all’Edilizia privata, Francesco Oddone, di alcuni consiglieri comunali tra i quali Antonio Bruno (Fds) e Paolo Gozzi (Pd), alcuni esponenti dei cittadini.
«Credo che su questa vicenda sia necessario fare i dovuti approfondimenti – afferma l’assessore Oddone – Nei prossimi giorni studierò le carte e valuterò nello specifico per vedere cosa si potrà fare».
I margini di un intervento “politico” – quando ormai il progetto è stato approvato dall’amministrazione pubblica – appaiono però assai ristretti.
Matteo Quadrone
[foto di Daniele Orlandi]
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