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Per il vicesindaco il progetto "Fun Shopping Center" non è a rischio, ma come nel caso del vicino Hennebique, probabili tagli alla quota destinata a uso pubblico. Tuttavia, «se al termine del percorso dovessero esserci ulteriori ritardi da parte di Autorità portuale, allora potrebbe effettivamente verificarsi un ritiro della società»
«Ponte Parodi è uno di quei tanti, classici lavori che nella nostra città vengono molto annunciati, molto discussi, molto progettati e mai realizzati». Le parole con cui Simone Farello, capogruppo del Partito democratico in Consiglio comunale, ha iniziato la sua interrogazione a risposta immediata rivolta al vicensindaco Bernini, sono quanto mai emblematiche nel riassumere l’ormai quasi ventennale (non) storia della riqualificazione di questa porzione di waterfront (qui l’approfondimento di Era Superba).
La questione, riproposta in Sala Rossa anche dai consiglieri Campora e Grillo (Pdl), è nota a tutti. Con un investimento tra i 150 e 200 milioni di euro, nell’area di circa 40 mila metri quadrati che affianca la Darsena dovrebbe sorgere un cosiddetto “fun-shopping center” che darebbe vita a una “grande piazza sul Mediterraneo”. Ma di grande per ora c’è soltanto l’ambizione: il progetto, presentato nel 2000 e approvato definitivamente nel 2002, sarebbe dovuto terminare già nel 2010. Invece, siamo arrivati ai primi mesi del 2014 e tutto continua a tacere. Per cui anche la nuova deadline che auspicava la fine dei lavori prevista tra 2015 e 2016 è destinata a essere ampiamente superata.
Negli ultimi mesi, si è fatta largo l’ipotesi che il progetto potesse essere ormai desueto e non rispondesse più, da un lato, ai bisogni della città, dall’altro, all’interesse del Gruppo Altarea che si è aggiudicato l’area. Da cui potrebbero essere motivate le infinite lunghezze. Come stanno veramente le cose? «A noi – assicura Bernini – nessuno è mai venuto a manifestare un diminuito interesse per l’area. Anzi, ancora fine dicembre abbiamo incontrato Altarea per proseguire il lungo lavoro di predisposizione della convenzione che dovrà essere siglata per lo sviluppo delle attività».
Appunto, lo sviluppo delle attività. Anzi, l’avvio: una chimera?
Inutile negare che ci siano state delle inadempienze e dei ritardi epocali ma le colpe del Comune sono davvero poche»
«Per quanto ci riguarda – prosegue Bernini – dovevamo garantire gli accessi da via Buozzi i cui lavori di riqualificazione, legati anche al nuovo deposito della Metropolitana, sicuramente saranno terminati molto prima delle strutture di Ponte Parodi (anche se le ultime notizie su via Buozzi non sono proprio rassicuranti, ndr). Il grave ritardo, invece, è da ascrivere soprattutto ad Autorità portuale che non ha ancora terminato le opere idrauliche alla radice del Ponte. Finché non vengono completati questi lavori non è possibile procedere alla cinturazione del molo che darebbe poi la possibilità di avviare la cantierizzazione».
A dire il vero, al Comune spettava anche la soluzione di un’altra questione, seppur di minore impatto, rimasta a lungo in sospeso: la ricollocazione della Pubblica Assistenza. «Per quanto riguarda la Croce Verde – assicura Bernini – con un investimento di circa 20 mila euro siamo riusciti a trovare una nuova sistemazione al Tabarca». Ci sarebbe poi il definitivo trasloco della ditta Santoro srl, che si occupa di gestione di rifiuti portuali e navali, ma anche su questo il vicesindaco rimbalza la palla ad Autorità portuale.
«Ponte Parodi è un’opera grandissima, e altrettanto complicata – racconta ad Era Superba il direttore di Porto Antico Alberto Cappato – la nostra società ha partecipato al progetto in prima persona, facendosene promotore e investendo molto, in termini sia di denaro che di aspettative, per un ulteriore ampliamento del waterfront portuale. Il nostro ruolo consisteva semplicemente nel favorire l’avvio dei lavori, tramite investimento monetario, e di farci da parte all’indomani dell’inizio del progetto vero e proprio, lasciando le redini in mano a un privato, la ditta francese Altarea»
A fare le spese di tutti questi ritardi, finora, è stata soprattutto Porto Antico spa, società partecipata per il 51% dal Comune di Genova, che ha anticipato i costi per l’abbattimento del silos granario, che saranno coperti da Altarea (attraverso un passaggio intermedio via Tursi) solo in seguito alla ratifica della convezione. Convezione che il gruppo non ha alcuna intenzione di firmare finché non potrà effettivamente mettersi al lavoro.
Ma le luci all’orizzonte sono ancora molto, molto distanti e più passa il tempo, più la situazione si fa intricata. «C’è un problema di carattere urbanistico – spiega Bernini – perché l’area comprende anche lo storico edificio Hennebique, il cui bando per la concessione è andato deserto (qui l’approfondimento, ndr). La discussione che si aperta successivamente ha chiamato in causa una modifica dei pesi degli spazi vincolati all’uso pubblico che inizialmente erano fissati al 51% con la possibilità di scendere ulteriormente in caso di realizzazione di un polo alberghiero».
«È chiaro che per rendere l’investimento appetibile, data la complessità dell’intervento di manutenzione anche a seguito dei vincoli imposti dalla Sovrintendenza, è necessario diminuire la quota destinata a uso pubblico. Ma nel momento in cui le proporzioni dovessero diventare molto vantaggiose per quanto riguarda la percentuale a uso privato, che non significa per forza commerciale, è naturale che anche Altarea potrebbe chiedere una rivisitazione delle proprie condizioni (61% pubblico, 39% privato)». La questione è perciò delicata e, con tutta probabilità, sarà risolta contestualmente, senza dimenticare che la decisione finale sull’eventuale modifica delle destinazioni d’uso dovrà passare attraverso le forche caudine del Consiglio comunale.
«Non credo – conclude il vicesindaco, tornando alla domanda che aveva dato inizialmente il la alla questione – che Altarea abbia alcun interesse a far saltare il banco prima di essere giunti alla conclusione di questo percorso, anche perché fino ad oggi ci sono state mutue accettazioni dei ritardi tali per cui si è tutelato lo status quo. Se, terminato questo percorso, dovessero esserci ulteriori ritardi da parte di Autorità portuale, allora potrebbe effettivamente verificarsi un ritiro della società: in tal caso dovremmo occuparci – e preoccuparci data la difficoltà – di trovare situazioni alternative di utilizzo che sappiano remunerare gli investimenti anticipati dalla Porto Antico».
Simone D’Ambrosio