Necessario ridurre i tempi di entrata e uscita delle merci dal porto di Genova. Agenti e spedizionieri gestirebbero il rinnovato sistema telematico, l'obiettivo è un'unica piattaforma per la connessione di tutti gli operatori portuali. «Oggi esistono diversi software scollegati uno dall'altro che inficiano la funzionalità del sistema informatico»
In un contesto in cui assistiamo ad un graduale spostamento degli equilibri economici mondiali, sempre più sbilanciati a favore dell’Estremo Oriente – Asia in primis, con la Cina destinata a sostituire gli Stati Uniti, forse già nel 2018, come maggiore potenza economica del pianeta – tendenza che si riflette nei flussi economici (i dieci porti maggiori a livello globale sono nella stessa Cina e nel Middle East, mentre i tre più grandi porti europei movimentano complessivamente meno container rispetto a quanto faccia lo scalo di Shanghai da solo), l’Italia non è riuscita ad approfittare del vantaggio derivante dalla propria posizione geografica che ne dovrebbe fare l’approdo europeo naturale per le merci provenienti e destinate al Far East.
“Considerando il volume di merci con origine/destinazione in Italia che transitano per i porti del Nord Europa, emerge come, con volumi superiori a 440 mila teus, il Northern Range possa essere considerato, in un certo senso, l’ottavo porto container italiano – scrivono Spediporto (la più importante associazione italiana delle “case di spedizione” protagoniste del mercato dell’import/export e del trasporto delle merci) e Assagenti (associazione agenti raccomandatari mediatori marittimi agenti aerei) in una relazione congiunta – La chiave di questa minore competitività sta nel concetto di rispetto dei tempi pianificati. Rispetto a Germania, Francia e Regno Unito i principali punti di debolezza del sistema logistico italiano appaiono quelli relativi alle infrastrutture e alla puntualità dei servizi. Il rapporto della World Bank colloca l’Italia al 24o posto nel ranking mondiale per performance logistica. La stessa classifica conta tra le prime dieci posizioni sei Paesi che aderiscono all’Unione Europea. Secondo alcune stime questa bassa collocazione in classifica costa all’Italia 40 miliardi di inefficienza logistica, un valore intorno al 2,5% del PIL”.
Lo studio AT Kearney-Confetra che approfondisce il tema del vantaggio geografico dell’Italia per la movimentazione di container lungo la rotta Far East-Europa è in tal senso emblematico: “Considerando un’ipotetica tratta Singapore-Milano, nelle due varianti via Genova e via Anversa, emerge come, nonostante la posizione geografica favorevole del porto di Genova, che consentirebbe un risparmio di quasi 800 miglia marine (4 gg di navigazione), il transito attraverso lo scalo italiano implichi una maggiore variabilità nel tempo stimato per il trasporto (compreso fra 20 gg e 28 gg), rispetto allo scalo belga (minimo 25 gg, massimo 27 gg). In particolare, l’elemento discriminante, oltre alla tratta terrestre, sembra essere l’attraversamento del porto, che rappresenta un elemento di fragilità del sistema: attraversamento del porto di Genova (3 gg -11 gg); attraversamento del porto di Anversa (3 gg – 5 gg)”.
Certezza e miglioramento dei tempi di uscita delle merci dal porto, dunque, sono gli elementi chiave sui quali focalizzare l’attenzione puntando ad una forte sburocratizzazione delle procedure ed alla de-materializzazione della documentazione a favore di sistemi informatici evoluti. «Gli operatori privilegiano sistemi logistici più efficienti anche qualora questo dovesse tradursi in tempi maggiori, purché certi – spiega Gian Enzo Duci, presidente Assagenti – Questa scelta consente loro una migliore e più efficace programmazione logistica. La telematizzazione del porto di Genova può aiutare il sistema ad essere più efficiente, oltre a ridurre del 75% i tempi di uscita delle merci dallo scalo. Abbiamo stimato che un abbattimento di questa portata equivalga a una moltiplicazione degli spazi fisici, quindi banchine e piazzali, di quasi un terzo rispetto alle strutture oggi esistenti a Genova».
Il sistema telematico del porto di Genova, il cosiddetto “E-port” dell’Autorità Portuale (AP) genovese, è una piattaforma informatica trasversale – affidata in gestione attraverso gara al gruppo AlmavivA (leader italiano nell’Information & Communication Technology) il quale si avvale della collaborazione di realtà esperte nel settore come ad esempio la Hub Telematica (partecipata, tra gli altri, da Spediporto e Assagenti) – che mette a servizio di soggetti terzi operanti in ambito portuale una serie di importanti funzionalità. Il primo modulo è stato inaugurato nel 2005, in seguito si sono sviluppati diversi componenti operativi di supporto che hanno fatto di E-port un progetto di rilevanza nazionale. Nel resto d’Europa il modello organizzativo prevalente prevede che simili sistemi informatici portuali siano gestiti da società in cui le varie categorie professionali sono soggetti attivi e partecipanti. Adesso Assagenti e Spediporto propongono di gestire loro in maniera diretta (con i conseguenti oneri economici a carico degli stessi privati) il sistema telematico portuale. «Pensiamo sia giunto il momento che le categorie dell’utenza portuale compiano un passo in avanti e sulla base di consolidati modelli gestionali affermati in Nord Europa si candidino alla gestione del sistema telematico del Porto di Genova – spiega Maurizio Fasce, presidente Spediporto – Negli anni abbiamo constatato difficoltà da parte di Autorità Portuale, che comunque rimarrebbe proprietaria di E-Port, a individuare soggetti gestori che sapessero associare alla manutenzione del sistema un’efficace capacità di sviluppo sempre allineata alle esigenze del mercato. La nostra proposta guarda all’Europa, ai suoi modelli e alle esigenze della merce, e vuole responsabilizzare direttamente le categorie ponendole in cabina di regia del sistema telematico, nulla di strano se si guarda a quello che avviene in Olanda e Germania dove già da decenni le associazioni dell’utenza portuale si vedono assegnare questo ruolo».
«E-port rimarrà un sistema di proprietà pubblica (AP) gestito da un soggetto, noi immaginiamo di tipo consortile, che raccoglierà intorno a sé le migliori esperienze e le competenze specifiche patrimonio delle varie categorie professionali – aggiunge Giampaolo Botta, direttore generale Spediporto – Spedizionieri e agenti marittimi ma in futuro auspichiamo che anche i terminalisti, con i quali abbiamo portato avanti buona parte dell’iniziativa, e gli autotrasportatori, entrino a far parte del disegno complessivo di riorganizzazione telematica del porto».
D’altra parte, se il resto d’Europa viaggia spedito sotto il profilo della capacità di adattamento tecnologico alle esigenze di operatività delle merci «È perché molti Paesi hanno adottato dei modelli organizzativi più agili – sottolinea Botta, Spediporto – Qui in Italia, invece, se l’AP di Genova intendesse sviluppare in tal senso E-port dovrebbe prima affidare uno specifico incarico alla società gestrice, la quale a sua volta sarebbe tenuta ad avviare accertamenti e verifiche con tutte le realtà coinvolte, per arrivare alla redazione di un progetto ed infine alla sua autorizzazione. Insomma tempi piuttosto lunghi che si potrebbero evitare con un soggetto gestore consortile in grado di tradurre immediatamente le indicazioni in azioni concrete».
Il modello è quello di Amburgo dove esiste da oltre trent’anni una società privata (Dakosy) – partecipata da tutte le componenti operative del porto – che ha saputo divenire dapprima elemento di sintesi tra operatori pubblici e privati, per poi proporsi come società a cui è stato affidato il compito di implementare sulla comunità portuale di Amburgo strumenti informativi e servizi tra operatori strettamente connessi all’efficientamento del modello operativo. «Oggi esistono diversi software scollegati uno dall’altro che inficiano la funzionalità del sistema informatico della Port Community System – spiega Duci, Assagenti – Grazie alla nostra gestione diretta di E-port sarà possibile eseguire tutte le operazioni burocratiche, amministrative e commerciali su un’unica piattaforma che consentirà la connessione tra tutti gli operatori portuali. L’onere economico di tale innovazione peserà su noi privati. Ma riteniamo che la comunità commerciale sarà disposta a pagare il prezzo per un sistema talmente innovativo».
«Quanto si accinge a fare il porto di Genova è un esempio importante di sussidiarietà, un modello che vale per l’Italia – così il presidente dell’AP, Luigi Merlo, ha accolto il modello di gestione E-Port presentato da Assagenti e Spediporto (ANSA) – Sono contento che ci sia una comunità portuale che si candida a gestire il futuro. L’Autorità Portuale deve essere un soggetto facilitatore, non gestore. Se si vuole mettere al passo con l’Europa, l’Italia deve puntare su un modello per cui l’Autorità Portuale sia un soggetto più di governance e meno gestione. Purtroppo nel nostro Paese solo 4-5 porti oggi sono in grado di ragionare così».
Le premesse alla proposta che agenti e spedizionieri hanno messo sul tavolo comprendono le esperienze attualmente in essere nel campo dell’IT portuale: preclearing o meglio lo “sdoganamento in mare”; Sportello Unico Doganale, con le sue programmate evoluzioni strutturali di eccellenza legate al Ped (punto di entrata designato) e al Peddino; telematizzazione delle procedure in uscita delle merci (dallo svincolo telematico all’informatizzazione dei varchi portuali) ed in entrata (preavviso di arrivo da parte dell’autotrasporto, procedure di accreditamento al varco, imbarco ed emissione polizza); per giungere infine ad un rinnovato sistema telematico E-port che sia sintesi, non solo operativa ma anche processuale, tra i sistemi di matrice privata e pubblica, come Aida (Agenzia delle Dogane), PMIS2 (Capitaneria di Porto), ecc.
«Siamo partiti da un’iniziativa recentemente avviata come il preclearing – racconta Duci, Assagenti – in sostanza lo sdoganamento in mare traduce proceduralmente la necessità degli operatori economici e degli operatori portuali di vedere quanto più possibile anticipata la fase di presentazione/accettazione della dichiarazione doganale. Parliamo di una sperimentazione portata avanti da Agenzia delle Dogane e Capitaneria di Porto, sfruttando i sistemi satellitari di monitoraggio esistenti, che sta dando un forte impulso alla progressione del sistema portuale italiano verso un’ottimizzazione dei tempi di importazione delle merci, un’opportunità che le categorie intendono cogliere e sfruttare».
Un altro strumento fondamentale che favorirà una ulteriore accelerazione delle procedure di importazione delle merci, una volta superata la fase autorizzativa doganale, sono gli svincoli telematici. Questo sistema, infatti, consentirà alle case di spedizione di stampare in house il buono di consegna ottemperando in tempo reale al pagamento di quanto dovuto all’agenzia marittima. «Si tratta di una sperimentazione che porterà alla completa de-materializzazione dei documenti cartacei a favore di supporti elettronici – continua Duci, Assagenti – Finora è un continuo passaggio di documentazione da un soggetto all’altro, ad esempio dall’agente marittimo (che ha in custodia la merce) allo spedizioniere, con un inevitabile allungamento dei tempi di uscita delle merci dal porto. La pratica degli svincoli telematici accorcerà i tempi e soprattutto li renderà sicuri. Anche attraverso la possibilità di eseguire pagamenti bancari elettronici».
Come detto in precedenza il rinnovato E-port che si candidano a gestire spedizionieri e agenti marittimi è una soluzione che in tutte le sue molteplici sfaccettature si pone l’obiettivo di essere complementare agli altri sistemi telematici pubblici quale elemento di sintesi tra il momento pubblico e il momento privato. L’Agenzia delle Dogane, ad esempio, ha un proprio sistema di gestione delle dichiarazioni doganali – il sistema Aida – che abbina le attività di operatori, sia portuali sia del territorio, con le operazioni doganali, e consente delle procedure di accesso e colloquio con il singolo operatore coinvolto. «E-port si collegherà con il sistema doganale – spiega Claudio Monteverdi, Agenzia delle Dogane, responsabile ufficio di Genova – però è auspicabile che esso comprenda tutti gli operatori. Attualmente non è così. Alcuni soggetti utilizzano altri sistemi che comunque devono rapportarsi con l’Agenzia delle Dogane. In ottica futura l’accoppiamento dei nostri servizi per l’interoperabilità (Aida) con la nuova piattaforma E-port potrebbe fornire l’informazione più corretta possibile sull’esatta posizione della merce, garantendo una velocizzazione dei tempi di uscita dal porto».
Tuttavia, il vero salto di qualità per ridurre i tempi di svincolo delle merci e i costi a carico di enti pubblici e imprese, sarà la completa realizzazione dello Sportello Unico Doganale, del quale si parla da anni ma ancora si attende di vederne l’effettiva funzionalità. Oggi per effettuare un’operazione di import/export gli operatori debbono presentare, oltre alla dichiarazione doganale, fino a 68 istanze ad altre 18 amministrazioni, trasmettendo ad ognuna informazioni e dati spesso identici, o simili nella sostanza, per ottenere le autorizzazioni, i permessi, le licenze ed i nulla osta necessari, nella grande maggioranza dei casi rilasciati su carta. Per queste ragioni, già nel 2003, l’Agenzia delle Dogane propose la norma istitutiva dello Sportello Unico Doganale, inserita poi nella legge finanziaria per il 2004. Lo Sportello Unico Doganale è stato attivato a luglio 2011 con le modalità transitorie previste dal decreto attuativo dello Sportello Unico Doganale (DPCM 242/2010), in attesa del completamento del “dialogo telematico” tra tutte le amministrazioni coinvolte nel processo di sdoganamento che dovrà concludersi entro luglio 2014. Il DPCM di fatto obbliga le 18 amministrazioni ad integrare i processi di competenza, di cui rimangono titolari, per offrire alle imprese un’interfaccia unitaria che, a regime consentirà: la richiesta, il controllo e lo “scarico” delle certificazioni/nulla osta/autorizzazioni per via telematica (art. 3); la “digitalizzazione” dell’intero processo di sdoganamento, compresi i segmenti di controllo di cui sono titolari amministrazioni diverse dall’Agenzia delle Dogane (art. 4). Finora è stata avviata l’interoperabilità tra l’Agenzia delle Dogane e il Ministero della Salute – considerato che i controlli sanitari e veterinari rappresentano circa l’80% del totale – ma lo strumento dovrà essere al più presto utilizzato anche dagli altri 17 enti coinvolti, a vario titolo, nelle verifiche delle operazioni di import/export.
Lo Sportello Unico Doganale si affaccia – sebbene in versione limitata – all’interno dello scenario del porto di Genova grazie al protocollo di intesa siglato tra Agenzia delle Dogane, USMAF (Uffici Sanità Marittima Aerea e di Frontiera, strutture direttamente dipendenti dal Ministero della Salute dislocate sul territorio nazionale) e PIF (Posti di Ispezione Frontaliera), divenuto effettivo a partire dall’11 dicembre 2013. Per assicurare il massimo della sua efficienza operativa, però, sono necessarie le seguenti condizioni, come scrivono Spediporto e Assagenti nella loro dettagliata relazione: “Estensione a tutti gli uffici di Presidio del coordinamento operativo e funzionale che ad oggi vede l’esclusivo coinvolgimento di USMAF e Veterinario; realizzazione delle programmate evoluzioni strutturali di eccellenza legate nel Porto di Genova al Ped (Porto Vecchio) ed al Peddino (Porto di Voltri); garanzia di uniformità operativa degli orari degli uffici di presidio e dell’Agenzia delle Dogane al fine di garantire, in fase di verifica, il contemporaneo controllo di tutte le autorità chiamate per legge alla fase ispettiva”.
«Lo Sportello Unico Doganale è lo strumento che sta a monte dello svincolo delle merci e può incidere in maniera significativa sulla velocità dell’intero processo logistico – sottolinea Monteverdi, ufficio dell’Agenzia delle Dogane di Genova – Allo stato attuale lo sportello funziona a regime ridotto. Ci sono alcune problematiche relative al Ministero della Salute, in particolare per quanto concerne gli orari di apertura degli uffici, oggi incompatibili con quelli doganali. La Sanità Marittima ha tempi più stretti e risorse limitate di personale. E gli operatori privati lamentano la mancata corrispondenza tra queste due attività».
«Quello che stiamo scontando è l’assenza dello Sportello Unico Doganale – afferma Botta, Spediporto – è un disegno positivo di cui si stanno costruendo soltanto i primi pezzi. Lo sportello prevede un coordinamento operativo e gestionale, anche sotto il profilo informatico, che coinvolge numerose amministrazioni pubbliche chiamate a cooperare. Ad oggi non è ancora funzionale perché gli enti pubblici difendono le proprie singole peculiarità ostacolando così l’evoluzione del progetto».
Eppure un’iniziativa quale lo sdoganamento in mare – adeguatamente collegata allo Sportello Unico Doganale – potrebbe essere decisiva in prospettiva futura. «Con il preclearing la dichiarazione doganale può essere presentata fino a 48 ore prima dell’arrivo della nave – spiega Monteverdi, Agenzia delle Dogane – L’operatore conosce già il tipo di controllo doganale al quale sarà sottoposto e sa come organizzarsi per una determinata verifica. Insomma ha due giorni di tempo per organizzare il trasporto e di conseguenza il ritiro della merce. Dal punto di vista del Ministero Salute, però, lo sdoganamento anticipato complica le loro operazioni. Secondo le norme che regolano la Sanità Marittima, infatti, la merce deve essere in banchina per concludere i controlli. Questi tempi in alcuni casi vanificano l’utilità delle 48 ore guadagnate».
«Lo sdoganamento in mare è un esempio calzante del mancato coordinamento tra amministrazioni e dell’assenza di obiettivi condivisi tra pubblico e privati – accusa Botta, Spediporto – Parliamo di un processo volto a facilitare il business con benefici oggettivi per tutta la filiera. Peccato che essi siano vanificati quando la Sanità Marittima, deputata ai singoli controlli per il rilascio del nullaosta sanitario (elemento che precede la dichiarazione doganale), è soggetta al vincolo della presenza della nave in porto affinché sia possibile completare la procedura».
Il nodo delle tempistiche diverse, dunque, va risolto a livello politico. La Sanità Marittima è il punto più importante perché assume la rilevanza dei controlli in molti campi. Un rallentamento sulle verifiche sanitarie significa un rallentamento generale. Il problema è anche numerico visto che nel porto di Genova la presenza in loco di medici e tecnici fitosanitari è ridotta al lumicino, e spesso il personale sanitario deve partire da uffici dislocati per eseguire le proprie mansioni sulle banchine di Sampiardarena o Voltri.
«La soluzione individuata per risolvere tali criticità è la realizzazione di un centro unificato di verifica portuale, sia nel porto di Sampierdarena sia nel porto di Voltri, i cosiddetti Ped e Peddino – spiega ancora Monteverdi, Agenzia delle Dogane – La filosofia è quella di far confluire, in un contesto unico, tutte le verifiche sulle merci: doganali, sanitarie, ambientali, ecc. Così un container potrà essere aperto una volta soltanto per eseguire i controlli necessari». Il progetto, finanziato da AP e Regione Liguria, dovrebbe essere già in fase di redazione. Per gli operatori “È urgente pervenire alla fase di realizzazione strutturale e di definizione delle linee analitiche da importare all’interno della struttura – scrivono Spediporto e Assagenti – Sul punto le categorie chiedono maggiore incisività all’azione dell’Autorità Portuale che pare in difficoltà nella fase di messa a cantiere dell’opera“.
«Quando tutti questi tasselli andranno al loro posto per l’intero processo logistico del porto di Genova i miglioramenti saranno evidenti – conclude Botta, Spediporto – E finalmente potremo colmare il gap con il resto d’Europa».
Matteo Quadrone