Come si fa a produrre e vendere dischi in questi tempi di crisi? "Che sia chiaro: avere esposizione mediatica oggigiorno non vuol dire vendite sicure. Questa è una triste chimera. Bisogna essere presenti dovunque, in tutti i formati. A quel punto si lavora duro per creare uno zoccolo di acquirenti fedeli ed ossessivi..."
Giacomo Bruzzo, imprenditore genovese, con un bagaglio di studi economici presso l’Imperial College a Londra, fondatore della casa discografica RareNoise specializzata in un jazz aperto ad ogni possibile contaminazione. La RareNoise parte da Genova per stabilirsi in pianta stabile a Londra e fino a tempi relativamente recenti in pochi la conoscevano dalle nostre parti; durante il Gezmataz Festival dello scorso anno lo showcase dell’etichetta ha attirato l’attenzione di molti addetti ai lavori e non: «Il rapporto con il Gezmataz Genoa Jazz Festival è nato in seguito al mio incontro con Marco Tindiglia, direttore artistico della rassegna. Abbiamo sviluppato l’idea di creare una serata RareNoise all’interno del festival, una serata focalizzata su nostre produzioni discografiche, più “rischiose” rispetto a quelle normalmente presentate dal Gezmataz. Tuttavia, i miei rapporti con l’ambiente musicale genovese sono limitati al festival – sono in contatto con alcuni musicisti genovesi che risiedono negli Stati Uniti, ma nulla di più. Siamo sempre aperti a parlare con tutti, quindi perché no, potrebbero anche nascere collaborazioni con altre realtà genovesi in futuro».
Si dice che il mercato musicale sia morto, ma è davvero così? Quale è la linea che segue RareNoise per lavorare e sopravvivere in questo scenario, considerando anche il genere che trattate (“un rumore pregiato”)?
«Domanda non facile – diciamo che il nostro essere “di nicchia” ci offre una certa protezione dalla contrazione del mercato discografico, infatti le nostre vendite sono cresciute negli ultimi anni. Vediamo crescere il contributo della vendita del digitale (che comunque rappresenta una parte limitata del nostro fatturato) e godiamo del ritorno del vinile. Non avendo preclusioni di genere riusciamo ad interagire con comunità di ascoltatori diversi e non rischiamo di soffrire se dovesse venir meno un intero genere, cosa che ad esempio succede a molte etichette di dubstep monotematiche. Inoltre, lavoriamo sul medio lungo periodo creando un discorso tale da permettere a dischi nuovi di ringiovanire implicitamente dischi precedenti e comunichiamo spasmodicamente coi social network, per cercare di sviluppare rapporti il più possibile personali con il pubblico, in appoggio al lavoro che fanno i musicisti stessi. Che sia chiaro: avere esposizione mediatica oggigiorno non vuol dire vendite sicure. Questa è una triste chimera. Bisogna essere presenti dovunque, in tutti i formati. A quel punto si lavora duro per creare uno zoccolo di acquirenti fedeli ed “ossessivi”. Le etichette di livello di nicchia (per esempio Rune Grammofon e su scala più grande ECM) sono state capaci proprio di questo, ovvero di creare un rapporto di profonda fiducia con gli acquirenti tale da garantire acquisti “a scatola chiusa”».
Domanda difficile: definisci la tua professionalità.
«Lavoro ossessivo, minuzioso, dedicato. Qualità su tutto il fronte. Trasparenza con tutte le parti coinvolte. Apertura alle idee anche più avanzate. Si lavora 20 ore al giorno 6 o 7 giorni alla settimana. Si rischia in proprio. Si mantengono le promesse fatte».
Chi entra a far parte dell’etichetta RareNoise? Chi vuole essere prodotto da voi?
«Buona domanda! A grandi linee sono quattro le tipologie di progetto/pubblicazione nel nostro catalogo: lavori legati al mio socio Eraldo Bernocchi (es.: Metallic Taste Of Blood); lavori dallo sviluppo più tradizionale (es.: Free Nelson MandoomJazz); progetti che arrivano praticamente fatti sul tavolo (es.: il primo disco di Naked Truth o il primo lavoro degli Animation o ancora Cuts con Merzbow, Mats Gustafsson e Balazs Pandi); progetti che nascono dalla contaminazione interna, quindi da noi voluti e che vedono coinvolti in varie permutazioni musicisti che già hanno una presenza discografica in RareNoise (es.: Berserk! e Twinscapes)».
Qual’è il vostro rapporto Italia – UK dal punto di vista giuridico, per esempio nella distribuzione legale della musica da voi prodotta?
«RareNoise è sia etichetta discografica sia editore e come tale è registrata presso la PRS e la MCPS inglesi. Con la SIAE non abbiamo lavorato. Noi stampiamo solo in inghilterra ed esportiamo».
Come giudichi il ritorno del vinile come supporto fisico?
«È una moda, ma ha sicuramente dei margini più importanti rispetto al cd. È un prodotto fisico obsoleto, dotato però di un certo fascino. Non so se durerà nel tempo, secondo me una nicchia si cristallizzerà e, in quanto tale, potrà essere utile, purché ci siano aspettative congrue».
Michele Bensa