Nell'Unione Europea, secondo la relazione pubblicata dall'Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA) congiuntamente con il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UND), continuano ad essere numerosi i Rom vittime di discriminazione ed esclusione sociale
In tutta l’Unione Europea molti rom continuano ad essere oggetto di discriminazione ed esclusione sociale. Lo evidenzia la relazione pubblicata alcuni giorni fa dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA) congiuntamente con il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UND). In media, la situazione dei Rom è peggiore di quella dei non-Rom che vivono nelle loro strette vicinanze. La relazione si basa su due indagini che analizzano la situazione socioeconomica di Rom e non-Rom abitanti nelle stesse zone, in undici Stati membri dell’Unione europea e in paesi europei limitrofi.
«I risultati di queste indagini tracciano un quadro fosco sulla situazione attuale dei Rom negli undici Stati membri dell’UE esaminati – dichiara il direttore della FRA Morten Kjaerum – Le discriminazioni e l’antiziganismo persistono. Dai risultati delle indagini emerge che un’azione tempestiva ed efficace è indispensabile, soprattutto per migliorare l’istruzione dei Rom. Questo è un elemento cruciale per liberare il loro potenziale futuro e fornire ai giovani Rom competenze tali da spezzare il circolo vizioso della discriminazione, dell’esclusione e della povertà».
Secondo la relazione, negli undici Stati membri dell’UE considerati (Bulgaria, Repubblica ceca, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Polonia,
Portogallo, Romania, Slovacchia e Spagna), che ospitano la stragrande maggioranza dei cittadini Rom dell’Unione europea, la situazione scolastica, occupazionale, abitativa e sanitaria dei Rom è in media peggiore di quella dei non-Rom abitanti nelle stesse zone. I Rom continuano a subire discriminazioni e non hanno una conoscenza sufficiente dei diritti garantiti dalla legislazione dell’Unione europea.
Alcuni dati fondamentali: soltanto il 15% dei giovani adulti Rom intervistati ha completato il ciclo di istruzione secondaria superiore generale o professionale, mentre per la popolazione maggioritaria delle stesse zone si registra una percentuale superiore al 70%; in media, meno del 30% dei Rom intervistati ha un’occupazione retribuita; il 45% circa dei Rom intervistati vive in abitazioni in cui manca almeno uno dei seguenti elementi: cucina, servizi sanitari, doccia o vasca interni, o elettricità; in media, il 40% circa dei Rom intervistati vive in una famiglia in cui una persona è andata a dormire affamata almeno una volta nel corso dell’ultimo mese a causa della mancanza di denaro necessario per l’acquisto di generi alimentari.
In Italia, per provare a favorire l’inclusione sociale della popolazione Rom/Sinti, nasce la Fondazione Romanì Italia, un ente che raccoglierà fondi e finanzierà interventi in tutto il Paese.
«Vogliamo creare un fondo per realizzare piccoli progetti, ma di qualità», sottolinea lo storico presidente della Federazione Romanì ed oggi presidente della Fondazione Romanì, Nazzareno Guarnieri.
La FONDAZIONE ROMANÌ ITALIA vuole essere «Un avamposto che mostri che può esistere un differente modo di porsi nelle relazioni tra gli uomini, nei rapporti tra le istituzioni, nella scala delle priorità per gli individui e per i corpi sociali – spiega Guarnieri – La scelta di una fondazione di partecipazione come aiuto agli altri per aiutare se stessi non è solo un valore, ma un indicatore di crescita sociale e culturale possibile».
Una fondazione aperta a tutti coloro che condividono le sue finalità: si può aderire apportando denaro, beni materiali o immateriali, professionalità o servizi. La struttura aperta permette una fattiva collaborazione nello stesso istituto di soggetti pubblici e privati e dall’altro l’aggregarsi di privati cittadini che diventano “soci” della Fondazione.
«FONDAZIONE ROMANÌ ITALIA accende piccoli fuochi – continua Guarnieri – per costruire cultura; per favorire il benessere sociale, culturale ed economico dei bambini e dei giovani, in particolare delle comunità romanès (Rom, Sinte, Kale, Manousches, Romanichels); contribuire alla crescita sociale e culturale delle giovani generazioni e promuovere l’interculturalità. Se il fuoco può distruggere, “piccoli fuochi” possono distruggere i pregiudizi, la discriminazione, il razzismo».
Oggi in Italia sono circa un ottantina le associazioni rom e sinte attive. Molte sono realtà giovani che negli ultimi anni hanno affiancato le storiche organizzazioni quali l’Opera Nomadi nazionale e l’Associazione italiana zingari oggi Onlus (Aizo), nate a fine anni ’60 e inizio anni ’70.
«Le associazioni si sono sviluppate tanto, ma molte di queste hanno scarsa democrazia interna e poca professionalità – sottolinea Guarnieri – C’è ancora da fare molto lavoro. Non è sufficiente prendere un pezzo di carta e scrivere associazione. Devi avere anche un coinvolgimento attivo delle comunità rom del territorio, devi avere la capacità di mettere in atto dei progetti, di saperli elaborare, di saperli realizzare».
La sfida più grande che le associazioni rom e sinte, secondo Guarnieri, dovranno affrontare è quella di «Investire in professionalità e progettualità. Bisogna far crescere le persone e avere delle professionalità. Un’associazione o una federazione autoreferenziale non va da nessuna parte».
Matteo Quadrone