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Sanità: il centro trapianti di Genova rischia la chiusura definitiva

A causa della perdurante sospensione dell'attività, nel 2011 il centro ha eseguito solo 11 trapianti di fegato. Fino al 2010 però, l'unità operativa del San Martino è stata perfettamente in regola


27 Giugno 2012Notizie

SanitàAlcuni mesi fa ci eravamo già occupati del Centro trapianti dell’Ospedale San Martino – un punto di eccellenza per il capoluogo e per tutta la Liguria – e del rischio di un suo progressivo smantellamento deciso dal piano di riorganizzazione dell’azienda San Martino-Irccs e appoggiato dalla Regione liguria. In base ad un documento votato in consiglio regionale, infatti, quella che ancora oggi è un’isola autonoma e funzionale all’interno dell’ospedale, dovrebbe trasformarsi in due unità semplici per i trapianti, annesse alle relative specialità (rene e fegato) e dunque più snelle e meno costose rispetto ad una unità operativa che deve mantenere standard per le alte complessità, di conseguenza più dispendiosi.

Oggi il centro di Genova è sotto esame del Ministero della Salute e la lunga sospensione dell’attività – ormai perdurante da 14 mesi – gioca indubbiamente a suo sfavore e lascia pensare che la struttura sarà una delle vittime illustri della “spending review” avviata dal Ministro Renato Balduzzi.

«Nel momento in cui si avanza l’ipotesi di introdurre nuove imposte sulle prestazioni sanitarie e sulla salute, credo sia necessario avviare una riflessione sulle strutture esistenti, che potrebbero essere utilmente razionalizzate». Così ha affermato il senatore Pd Ignazio Marino, presidente della Commissione sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale, a margine di un convegno sui trapianti tenutosi a Milano.
Secondo Marino «La situazione del sistema italiano dei trapianti, in particolare, andrebbe profondamente rivista. Le attività legate alle donazioni dopo una crescita costante dal 1990 al 2004 ora si sono stabilizzate. E i centri sono troppo numerosi per essere efficienti».

«Circa il 35% delle strutture italiane non raggiunge il numero minimo di interventi l’anno (25 per il trapianto di fegato e 30 per il trapianto di rene) – aggiunge Marino – soglia che garantisce i migliori risultati clinici per i pazienti e la migliore efficienza economica per il Paese».

In effetti, considerando esclusivamente le cifre, quelle del centro trapianti di Genova riferite al 2011 lasciano immaginare una fine ingloriosa per l’unità operativa genovese. Nel 2011, infatti, vista la sospensione dell’attività sul fegato a partire da maggio, i trapianti di fegato sono stati solo 11. Mentre i trapianti di rene, sempre nel 2011, sono stati 55.

Eppure, fino al 2010, l’attività del centro trapianti è stata perfettamente in regola: nell’arco di tempo tra il 1995 e l’anno scorso i trapianti di rene si sono mantenuti tra i 40 ed i 60 all’anno; i trapianti di fegato hanno cominciato ad aumentare dal 1998, quando sono stati 45, mentre in precedenza erano stati tra i 24 ed i 28 all’anno. Successivamente hanno oscillato tra i 30 ed i 50 all’anno.

In difesa del centro genovese, oltre agli stessi pazienti, si sono schierati alcuni consiglieri regionali e la discussione è arrivata anche in consiglio comunale, creando non poche spaccature all’interno dei partiti.

Circa un mese fa, il Presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando ha affermato «È vero che nel 2011 i numeri sono stati bassi ma penso che Genova debba mantenere questa attività. Occorre capire quali obiettivi è possibile raggiungere e poi investire».

La pensa diversamente Ignazio Marino che sottolinea «Allo stato attuale, l’attività complessiva di trapianto è eccessivamente frammentata e non è possibile giustificare i 114 centri trapianti presenti in Italia. Basta pensare che a Torino, in un solo centro, sono stati eseguiti 137 trapianti di fegato, mentre a Roma l’attività complessiva di ben 5 centri si è fermata a 98 interventi nell’intero 2011».

«È evidente che è necessario un processo di razionalizzazione – conclude  Marino – per questo credo che chi ha responsabilità nelle politiche sanitarie del paese dovrebbe riflettere sulle nostre strutture più impegnative economicamente come il sistema trapianti, prima di immaginare nuove imposte a carico del cittadino su prestazioni di base come il pronto soccorso, i medicinali, o accertamenti diagnostici».

 

Matteo Quadrone


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