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Anaoo Assomed e Cittadinanzattiva cercano soluzioni comuni ad un problema che in Italia, nonostante numerosi tentativi, non è ancora stato risolto
«Quello delle liste d’attesa è un problema per i medici e per i cittadini, comune alla maggior parte dei servizi sanitari pubblici in Europa e nel Mondo, a dimostrazione di quanto complesse siano le cause che lo determinano – afferma Costantino Troise, segretario nazionale Anaao Assomed – In Italia sono stati fatti numerosi tentativi, piani e leggi per risolverlo, ma con scarsi risultati».
Governare la domanda di prestazioni; aumentare il “tempo medico”; ridurre gli esami inutili in collaborazione con i medici di medicina generale; responsabilizzare medici e cittadini sull’appropriatezza informando anche sui rischi della diagnostica per la salute; rispettare i codici di priorità; attuare i piani nazionali, regionali e aziendali sulle liste di attesa.
Questi i temi su cui l’Associazione Medici Dirigenti (Anaao Assomed) ed il Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva hanno avviato un confronto per cercare soluzioni comuni al problema delle liste d’attesa, partendo dalle esigenze e dalle esperienze dei medici e dei cittadini.
Tra i motivi di questo fallimento, secondo i medici, ci sarebbe «La mancata identificazione delle ragioni strutturali che contribuiscono alla formazione di liste d’attesa, compreso un deficit di governo della domanda – spiega Troise – E’ significativo a questo proposito il dato reso noto dai radiologi secondo il quale più del 50% delle prestazioni di diagnostica per immagini risulti inappropriato. La richiesta di prestazioni sanitarie in Italia è fortemente in crescita, sia a causa della medicina difensiva che di un aumento delle esigenze di visite ed esami, non sempre giustificati da ragioni di ordine clinico, correlato anche ai mutamenti di ordine epidemiologico intervenuti. Una ansia che ha avuto una spinta enorme negli ultimi anni anche per la facilità di accesso alle informazioni medico-scientifiche permessa dalla diffusione di internet».
«In Italia si continua ad intervenire solo sull’offerta – sottolinea Troise – senza peraltro tenere conto che a rendere l’offerta insufficiente è anche la mancanza di investimenti e risorse, a partire da quelle umane, frutto di un costante definanziamento del sistema senza considerare le reali determinanti che influiscono sulla domanda e le ragioni strutturali che non mettono gli ospedali pubblici nelle condizioni di soddisfarla nei tempi richiesti. Senza dimenticare che in Italia le prestazioni urgenti, cioè quelle per patologie in cui intervenire in tempi brevissimi è vitale, vengono comunque soddisfatte in tempi rapidi».
Ma come si può affrontare il problema delle liste d’attesa?
«È necessario mettere in campo azioni articolate – conclude Troise – da un lato intervenendo sull’appropriatezza della domanda e dall’altro migliorando l’offerta, modulandola sull’effettiva necessità di prestazioni diagnostiche e terapeutiche, utilizzando al meglio, per questi fini, le risorse che verranno messe a disposizione».
«Le segnalazioni sulle liste d’attesa, pubblicate nell’ultimo Rapporto Pit Salute 2011, non fanno ben sperare per i cittadini italiani – spiega Francesca Moccia, Coordinatrice nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva – Sono cresciute dell’1% rispetto all’anno precedente si concentrano in alcune aree specialistiche (esami diagnostici in oncologia, ginecologia-ostetricia e cardiologia; visite specialistiche in oculistica, cardiologia e odontoiatria; interventi chirurgici in ortopedia, urologia, oncologia). Il panorama italiano, peraltro, è molto diversificato nella capacità di garantire prestazioni in tempi adeguati e determina, come in altri ambiti della sanità italiana, un “federalismo delle attese”, che discrimina i cittadini appartenenti a diverse Regioni e viola il principio di equità di accesso alle cure».
«Per queste ragioni bisogna rafforzare la politica nazionale e regionale per il contenimento delle liste d’attesa, facendo i controlli e sanzionando le cattive pratiche, come quella di bloccare le prenotazioni nonostante sia vietato dalla legge – conclude Moccia – Gestire le agende per i ricoveri ospedalieri in modo trasparente; assicurare la possibilità per i cittadini di ricorrere all’intramoenia senza oneri aggiuntivi oltre al ticket nel caso in cui non fosse possibile rispettare i tempi massimi fissati; istituire in tutte le Regioni, come prevede l’Accordo Stato Regioni del 18 novembre 2010 sull’attività intramuraria, organismi paritetici per i controlli dei volumi di intramoenia con organizzazioni sindacali e di tutela dei diritti; diffondere buone pratiche come ad esempio quella dei codici RAO (Raggruppamenti di Attesa Omogenei), un’esperienza molto ben riuscita di codici di priorità».
Matteo Quadrone