Il Decreto Balduzzi, in particolare la riforma delle cure primarie tramite la riorganizzazione dell'assistenza sanitaria territoriale per decongestionare l’attività dei pronto soccorso ospedalieri, è ancora distante dall'applicazione. La situazione in Liguria
La rivoluzione sanitaria, annunciata un paio di anni fa con il “Decreto Sanità” dell’ex Ministro della Salute Balduzzi (convertito in Legge n. 189/2012), e confermata dall’approvazione, nel dicembre 2013, di una specifica delibera regionale, in Liguria rimane finora senza applicazione concreta. Parliamo, in particolare, della riforma delle cure primarie tramite la riorganizzazione dell’assistenza territoriale nell’ottica di creare e fornire servizi h24 e, contestualmente, decongestionare l’attività dei pronto soccorso ospedalieri. Con la nascita di poliambulatori all’interno dei quali lavoreranno, organizzati su turni, medici di famiglia, specialisti, infermieri, personale della riabilitazione e operatori socio-sanitari, in stretto rapporto con il servizio del 118, fornendo tutti i giorni dell’anno l’assistenza medica di base e garantendo la continuità assistenziale 24 ore su 24 e la presa in carico dei malati cronici.
La Legge 189/2012 (vedi box a lato) demanda alle regioni la definizione della riorganizzazione nel suo complesso, tuttavia, fino ad oggi, sono state avviate soltanto sporadiche sperimentazioni in alcune di esse, considerata anche la carenza di fondi che le regioni possono destinare al finanziamento delle nuove strutture mono e multiprofessionali aperte h24.
Senza dimenticare che, ai fini della effettiva funzionalità del sistema, bisogna ancora raggiungere l’intesa con le organizzazioni sindacali per il rinnovo degli accordi collettivi nazionali di medicina generale, pediatria di libera scelta, e specialistica ambulatoriale, fondamentali a maggior ragione in prospettiva di una riforma dei servizi così ridisegnata.
Infine, Ministero della Salute e Regioni, si apprestano a sottoscrivere il cosiddetto “Patto della salute” – secondo le ultime notizie entro il corrente mese di giugno – il quale recepirà, tra le altre cose, le indicazioni relative alla riorganizzazione dell’assistenza territoriale.
«Sul finire di maggio abbiamo avuto un incontro in Regione per segnalare l’ingiustificato rallentamento del percorso in direzione dei servizi sanitari territoriali – spiga Francesco Rossello, segretario regionale Cgil FP Liguria – Ci riferiamo alla delibera regionale del 27 dicembre 2013 (n.1717 “Riordino delle attività distrettuali e delle cure primarie”), che sancisce la creazione degli “ospedali di distretto”, ossia strutture pubbliche dove lavoreranno in forma aggregata medici di base, specialisti, personale infermieristico e operatori socio sanitari, alternandosi su diversi turni e gestendo i pazienti attraverso le piattaforme informatiche (in tal senso vedi l’importanza del Fascicolo sanitario elettronico, nda).».
Piano approvato dalla Regione e pienamente condiviso dai sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil), come sottolinea Rossello «In questo modo noi pensiamo sia davvero possibile allegggerire il carico dei pronto soccorso degli ospedali, soprattutto per quanto riguarda i codici bianchi e verdi, insomma i casi meno gravi. Le nuove strutture, infatti, dovrebbero garantire la continuità assistenziale 24 ore su 24 e la “presa in carico” dei pazienti, in particolare quelli affetti da patologie croniche. Si tratta di circa 200 mila persone in Liguria (diabetici, cardiopatoci, pazienti con insufficienze respiratorie, ecc.). L’idea è sviluppare una medicina attiva. Ciò significa, da parte della sanità pubblica, non prestare cura soltanto al manifestarsi di un problema acuto, bensì farsi costantemente carico del paziente, anche attraverso i nuovi ospedali di distretto, attivando degli adeguati percorsi di prevenzione e di controllo, ad esempio prenotando visite ed esami, limitando nel contempo gli accessi impropri nelle strutture ospedaliere».
Nella pratica, però, come spiega il segretario Cgil Fp, la situazione è ben diversa «Si procede in maniera incoerente, non applicando modelli omogenei a tutta la regione. Anche una notizia positiva come il progetto di ristrutturazione dell’ospedale San Martino nasconde delle incongruenze. Tra i tanti aspetti buoni del progetto, infatti, non si capisce perchè si sia deciso di trasformare una divisione di medicina interna in medicina d’urgenza. Senza alternative i cittadini bisognosi di cure continuano a rivolgersi all’urgenza ospedaliera. Perchè la Regione non usa quellla parte di investimenti, oggi destinati a potenziare le medicine d’urgenza, per realizzare i centri territoriali previsti dalla delibera del dicembre scorso? Sappiamo che la riorganizzazione del sistema è addirittura rivoluzionaria e dà fastidio a molti baroni. Ma non sostenerla con convinzione rischia di avvicinare al collasso la sanità ligure».
Secondo il documento approvato in sede regionale, ogni direzione delle Asl liguri dovrà predisporre – entro il dicembre 2014 – quanto necessario all’attivazione dei rispettivi progetti pilota degli “ospedali di distretto”, in grado di realizzare la presa in carico continuativa. “Quali sedi saranno privilegiate, a tal fine, sia gli ospedali oggetto di trasformazione che dovranno in questo processo diventare “ospedali di distretto”, sia le Case della Salute esistenti o di nuova realizzazione. La Regione, su proposta delle direzioni aziendali, predisporrà, sulla base delle caratteristiche demografiche e sociali, una mappatura delle aree dove insediare le strutture indicandone anche la tipologia”.
«Qualcosa si sta iniziando a muovere, ma è del tutto insufficiente – continua Rossello – L’Asl 5 (La Spezia) ha comunicato che partirà con la sperimentazione a Levanto; l’Asl 2 (Savona) comincerà l’esperienza pilota a Cairo Montenotte. Dalle altre Asl non è pervenuta alcuna indicazione. Abbiamo concordato con la Regione che vengano convocati degli incontri specifici, alla presenza dei singoli direttori aziendali, affinché riparta seriamente la discussione verso l’auspicabile avvio della riorganizzazione sanitaria».
Sarebbe stato interessante ascoltare il punto di vista dell’assessore alla Salute, Claudio Montaldo, che abbiamo provato a contattare telefonicamente più volte, senza risposta.
Dunque, questa è la situazione in Liguria, mentre a livello nazionale resta da sciogliere un nodo cruciale. «Ormai da tempo si sta discutendo il rinnovo degli accordi che disciplinano i rapporti con i professionisti, in particolare la convenzione con i medici di medicina generale – spiega Rossello – Nella quale dovrebbero rientrare anche le indicazioni del Patto della Salute sulla riforma delle cure primarie. Finora il rinnovo non è stato siglato e ciò rappresenta indubbiamente un problema. Comunque, al di là della convenzione nazionale, sarà importante raggiungere degli accordi anche a livello regionale e di singole Asl. Le esigenze, infatti, potrebbero essere diverse, a seconda delle prestazioni che saranno richieste ai medici. Inoltre, negli ospedali di distretto lavoreranno anche infermieri, operatori socio-sanitari, ecc., tutte figure professionali fornite dal servizio pubblico. Quindi, occorrerà trovare delle intese con le organizzazioni sindacali delle singole categorie interessate».
«La riforma dei servizi territoriali in Liguria per ora è materia assai nebulosa – afferma il dott. Angelo Canepa, segretario Fimmg Genova, l’organizzazione più rappresentativa dei medici di medicina generale – Esistono documenti nazionali che indicano tale direzione ed una delibera regionale che deve trovare applicazione concreta. Noi operiamo sulla base di una convenzione nazionale che apre la strada ad accordi integrativi di carattere regionale. Come è noto la discussione sul rinnovo è tuttora aperta in sede romana. Sicuramente bisognerà realizzare degli accordi a livello locale. Anche perchè la creazione dei cosiddetti ospedali di distretto presenta rilevanti problematiche ancora tutte da affrontare, soprattutto in merito alla responsabilità di gestione di simili strutture».
Matteo Quadrone