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Simone Borrelli, dalla provincia al successo: intervista all’attore calabrese

Cinema, teatro e televisione... il giovane attore ha già un curriculum di tutto rispetto dall'esperienza all'Actor Studio di New York sino al cast di Camera Cafè


14 Settembre 2012Interviste

Simone BorrelliNegli occhi sembra avere il tipico sguardo di chi con la determinazione giusta è riuscito a fare dei  propri sogni di adolescente una professione fra consensi e approvazione generale. Lui è Simone Borrelli, classe 1985, nativo di Crotone ma adottato dalla turrita Bologna. La sua è una storia semplice, forse lineare, di chi partendo da lontano e armato di voglia e talento è riuscito a far sentire la propria voce in un mondo non certo di facile approdo come quello della recitazione.

Dopo la maturità parte dalla Calabria, la sua terra natia, alla volta di Bologna, dove lo aspettano gli studi universitari e l’Accademia di Teatro Galante Garrone, una delle realtà più importanti dello stivale per quanto riguarda la formazione attoriale. Il ragazzo sembra promettere bene e di lì a breve vince una borsa di studio per frequentare per un anno l’Actor Studio di New York. Tornato in Italia  il lavoro non gli manca di certo. Televisione, cinema, teatro e nel resto del tempo tanto lavoro per portare avanti i suoi progetti musicali. Si perchè non bisogna dimenticarsi che Simone è anche cantautore.

In televisione ha recitato per la Rai nella serie “Terapia d’urgenza”, su Sky è apparso in “Quo Vadis Baby”, per Mediaset ha recitato in “Anna e i cinque” e nel 2011 è entrato a far parte del cast di Camera Cafè. Tutto questo non ha minato neanche in minima parte l’umiltà di un ragazzo come tanti, cresciuto giocando a pallone in attesa che mamma finisse di preparare la cena. Un ragazzo che tuttavia si è costruito da solo, con la sua forza e le sue capacità. Simone non è figlio di gente del “giro”, mamma e papà sono onesti lavoratori come tanti, ed è proprio questo che rende la sua storia speciale.

Ti senti un privilegiato a fare questo mestiere?

«Beh di certo non mi ritengo sfortunato! La gente spesso ti invidia se fai l’attore ma non ha idea di cosa significhi fare questo mestiere. Non invidiano l’attore in sé, non è quello che desiderano, invidiano il tipo di vita che fa l’attore. Per me questo mestiere rappresenta molto altro. E’ un lavoro anche creativo e come ogni lavoro creativo c’è bisogno di un forte spirito di osservazione. Uno dei privilegi del fare l’attore è che hai la possibilità di scavarti dentro, devi fare introspezione, è imprescindibile per poter diventare altro da sé, per entrare in un personaggio.»

Sembra che fino ad oggi ti sia andato tutto alla grande. Te l’aspettavi?

«Non è andato tutto alla grande! Forse così sembra guardando al curriculum ma purtroppo le cose non sono andate così dritte. Io cerco di non avere mai aspettative e di fare cose che abbiano un senso per me. Quando fai qualcosa che ha un senso per te i risultati arrivano. Sapevo anche che le cose dovevano andare in un certo modo e che certi passi andavano fatti. Dopo le mie prime esperienze teatrali a Crotone qualcuno ha visto del potenziale in me e mi ha consigliato di fare il provino per l’Accademia Galante Garrone. In un certo senso sapevo che avrei passato la selezione per entrare in accademia, questo sì. Addirittura uno dei giorni precedenti le selezioni mi presentai dal segretario e gli chiesi se le lezioni erano sia al mattino che al pomeriggio perchè io dovevo anche seguire le lezioni univesitarie. Lui si mise a ridere e mi disse che prima di preoccuparmi delle lezioni avrei dovuto pensare a passare la selezione. Ogni anno sono migliaia le persone che partecipano ai provini per una manciata di posti. Io però sentivo in qualche modo che sarei entrato. Ero sinceramente preoccupato per i miei studi universitari, sono arrivato a pensare: se lo passo sono nei guai!!!»

Arriviamo al punto Simone. Quali sono gli ingredienti giusti?

«Il primo ingrediente è la pazienza. Tutte le altre qualità necessarie come costanza e perseveranza arrivano di conseguenza, sono dei corollari della pazienza. Non credo alle giustificazioni di chi dice che non può fare questo mestiere perchè è figlio di nessuno. E’ un modo di pensare molto italiano. I contatti necessari li crei con il tempo. A volte siamo schiavi del vittimismo».

E il talento?

«Ti potrei quasi dire che il talento in questo paese è una cosa superflua! Lo dico forse con una punta di rammarico. Sembra che contino di più cose come la determinazione, la sfacciataggine, la costanza. Almeno questo è ciò che vedo io. Questo succede perchè molto spesso ci si concentra di più sul fine che non sul percorso, tutti gli sforzi sono in direzione del raggiungimento del fine. Invece chi ha talento agisce in modo diverso, chi ha talento si concentra di più sul percorso».

“Domanda classica. Cosa consiglieresti a un giovane che volesse seguire questa strada?”

«Cambia lavoro! (Risata, ndr) E’ un lavoro difficile. Dove è difficile affermarsi. E’ un lavoro nel quale se non riesci a fare successo è meglio che tu non lo faccia, meglio fare qualcos’altro. Ci vogliono grandi esempi da seguire e non devono essere esempi banali. E’ un ambiente stressante. Stressante sopratutto se diventi schiavo del sistema. Bisogna trovare modi non banali e nuovi di proporsi!»

Igor Sartoni

 


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