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Dopo due anni dalla chiusura a seguito di una frana, il parco di via Chighizola rimane inaccessibile. I proprietari dei box fanno ostruzione all'insaputa del Comune. Intanto, dopo il caso Villa Gentile, i cittadini di Sturla sono senza i loro giardini pubblici
Chiusi per un cedimento di una passerella nel 2014, e mai riaperti: questa la sorte dei giardini pubblici di via Chirghizola, in un quartiere, quello di Sturla, già in “debito di ossigeno” per la questione legata allo spazio verde comunale di fatto annesso agli impianti di Villa Gentile. Una questione, quella legata alla fruibilità di questo parco, che divide anche i cittadini stessi di Vernazzola: sotto il giardino, infatti, sono presenti una ventina di box auto, i cui proprietari, responsabili in solido delle spese di manutenzione dello spazio, si stanno opponendo alla riapertura della area pubblica.
Ma andiamo con ordine: nel 2006 il Comune di Genova firma la convenzione secondo la quale la società Immobiliare Mare ha il permesso di costruire box privati in quel declivio incolto all’epoca presente in via Chighizola di proprietà comunale, con il vincolo di realizzare e mantenere un parco pubblico soprastante, che comprende una servitù di passaggio per via dei Mille. La società immobiliare cede poi la proprietà alla ditta Ere Costruzioni Uno s.r.l, insieme, ovviamente, agli oneri stipulati con l’amministrazione. I lavori sono lunghi: nel 2010 sono completati i box, mentre per lo spazio verde bisogna aspettare il 2012. Ma nonostante i lavori siano stati completati, il parco non apre. Nel 2013 arriva formale diffida da parte di Tursi, ma solo nel 2014, esattamente a giugno, i cittadini possono varcare i cancelli del giardino. L’estate però dura poco, e, durante le forti piogge del autunno, una parte del percorso che porta in via dei Mille, cede al peso dell’acqua; l’incolumità dei passanti è a rischio, e lucchetti sono inevitabili. Oggi, però, dopo quasi passati due anni, quei lucchetti sono ancora lì, chiusi. Il parco pubblico di via Chighizola è diventato un buco “verde” inaccessibile per i cittadini della zona, e non solo.
A denunciare il protrarsi di questa incredibile situazione è il Comitato per la Difesa di Sturla, che da anni lamenta l’impossibilità di fruire dei pochi spazi verdi del quartiere. Oggi siamo all’impasse: dopo il crollo, infatti, si è aperto un contenzioso per stabilire a chi spettino i lavori di ripristino e messa in sicurezza del sito; una querelle che ha visto una triangolazione di rimpalli tra Comune, impresa costruttrice e gli attuali proprietari dei box. Questi ultimi, stando alla convenzione in essere, sono i responsabili in solido per i costi di manutenzione, utenze e guardiania del complesso, parco compreso. L’assemblea dei proprietari, però, ha deciso di fare ostruzione; lo racconta uno dei dodici proprietari dei box sottostanti i giardini, durante il nostro sopralluogo: «Non possiamo pagare per tutti – spiega la donna – oltre alla luce, ai giardinieri e ai guardiani che dovrebbero aprire e chiudere i cancelli, in passato abbiamo dovuto sostenere spese di ripristino di piante e arredi, vandalizzati più volte, anche dai bambini; ed è per questo che abbiamo deciso di non aprire più il parco, in attesa che il Comune faccia la sua parte». Nei fatti, però, la convenzione parla chiaro: chi possiede i box deve garantire la servitù di passaggio e l’apertura 8-20 del parco pubblico.
L’amministrazione comunale, dal canto suo, non sembra essere proprio “sul pezzo”: a metà settembre, infatti, facendo seguito ad una formale interrogazione presentata dal consigliere Stefano De Pietro (M5S) ha dimostrato di non sapere né della frana, né della chiusura, rispondendo che agli uffici «non sono pervenute notizie in merito ad un presunto crollo strutturale» e puntualizzando che «ogni eventuale responsabilità per inadempienze, connesse alla realizzazione dell’intervento, con opere di urbanizzazione a scomputo, ricadono sulla società proponente e i suoi successivi obbligati in solido».
Ancora una volta, quindi, i pasticci del passato sono diventati macigni del presente; la scelta poco lungimirante di affidarsi ai privati per la gestione di parchi pubblici, anche se formalizzata da contratti e convenzioni, si sta rilevando fallimentare: l’affare lo ha fatto chi ha costruito e venduto i box, mentre per i cittadini è rimasto un groviglio burocratico che, come risultato, ad oggi, ha solo dei cancelli chiusi. Oltre alla beffa e al danno, rimane il paradosso di avere del verde pubblico non accessibile al pubblico.
Nicola Giordanella