Lavori in corso in Val Polcevera e Val Verde, abbiamo visitato le zone dei cantieri e ascoltato le rivendicazioni di No Tav e residenti. Il Cociv si difende: «tutto regolare». Un estratto dell'inchiesta pubblicata sul numero 58 di Era Superba
Il finanziamento del terzo lotto costruttivo del Terzo Valico Genova–Alessandria, per 607 milioni di euro, è stato definito il 9 gennaio scorso, con la sottoscrizione dell’atto siglato dal consorzio COCIV (General Contractor incaricato della progettazione e della realizzazione dell’opera, oggi composto da gruppo Salini Impregilo con il 64%, Società Italiana Condotte d’Acqua con il 31%, CIV con il 5%), e da RFI (Rete Ferroviaria Italiana). I relativi interventi – che comprendono il proseguimento dei lavori della Galleria di valico (già iniziati con il finanziamento del secondo lotto) e la realizzazione dell’intera galleria di Serravalle – verranno avviati entro il 30 giugno 2015. Il valore complessivo dell’opera Terzo Valico è di 6.200 milioni di euro, ed è suddiviso in 6 Lotti Costruttivi, si svilupperà per 53 km, di cui 37 km in galleria, coinvolgendo 12 comuni delle province di Genova e di Alessandria.
Sicurezza del territorio, questa la parola d’ordine che tiene in apprensione le popolazioni delle valli Verde e Polcevera. Le poche informazioni che si leggono sugli organi di stampa in merito ai grandi cantieri della zona non aiutano a creare le condizioni per un clima disteso fra costruttori ed abitanti. Ma aldilà delle opinioni personali sulla bontà della grande opera ferroviaria, rimane il dato di fatto che buona parte delle osservazioni, delle testimonianze e dei dubbi ancora oggi rimangono aperti, senza risposte certe. Ogni accusa viene rispedita al mittente da Cociv. A destare preoccupazione fra abitanti e attivisti è il pesante impatto ambientale connesso all’apertura di cantieri in aree densamente popolate, con inevitabili rischi per la salute: dall‘inquinamento acustico a quello atmosferico conseguente alla dispersione nell’aria di polveri inquinanti, dalla movimentazione di terre di scavo (“smarino”) potenzialmente pericolose alla regimentazione delle acque e relativi sistemi di scarico.
Abbiamo visitato le zone di cantiere e ascoltato le osservazioni di abitanti e attivisti del Movimento No Tav, successivamente abbiamo interpellato direttamente Cociv per provare a chiarire i punti più critici. Siamo andati a vedere da vicino come procedono i lavori in Val Polcevera e Val Verde, soprattutto nelle zone di Fegino-Trasta, Maglietto, e Cravasco. Il “Cantiere Fegino” in via Castel Morrone è il più importante nell’area di Genova perchè consente l’attivazione degli scavi sia della galleria di Campasso sia della trincea di raccordo con le linee esistenti. Poco distante, in prossimità della fine di via Trasta direzione monte e del primo tratto di via Adda, confluisce la nuova viabilità che porta ai cantieri per la realizzazione degli imbocchi Campasso Nord e Valico Sud. Nel “Cantiere Polcevera” a San Quirico in via Tecci, dove sarà scavata la finestra Polcevera (galleria di servizio rispetto al tunnel principale), allo stato attuale sono partite le attività di cantierizzazione dei piazzali, come nel “Cantiere Cravasco” (comune di Campomorone), dove sono al via anche le attività di scavo della finestra Cravasco (altra galleria di servizio). Infine, è ormai quasi completato il “Campo base Trasta” in via Polonio, con l’ultimazione di alloggi, mensa, uffici, e lavori di finitura della pavimentazione stradale, mentre il “Campo base Cravasco”, in realtà ubicato in località Maglietto (comune di Campomorone) è tuttora interessato dalla cantierizzazione.
Proprio la costruzione di quest’ultimo, avrebbe peggiorato la già precaria condizione delle strade a causa dell’intenso passaggio di mezzi pesanti, passaggio non previsto almeno in tale misura. «Nel cantiere dovrebbero allestire solo il campo base – raccontano i residenti – in realtà in questi mesi al Maglietto stanno conferendo gran parte dello “smarino” proveniente dallo scavo della galleria di Cravasco. Cosa che riteniamo assolutamente illegittima visto che non compare in alcun progetto. Il transito dei mezzi ha aumentato la criticità di una zona già fragile, inoltre lo sbancamento di terra ha già provocato una piccola frana». I residenti ricordano ancora come nel primo lotto dei lavori fossero compresi gli interventi di adeguamento e miglioramento della viabilità esistente, tra cui il previsto l’allargamento della via di ingresso al campo base e di altri due tornanti attigui, eppure nulla di tutto ciò è finora stato realizzato. «Gli unici lavori avviati sono gli scavi delle gallerie, e le demolizioni di abitazioni alle Ferriere (Comune di Ceranesi) e a Pontedecimo, questo è il loro modo di rendere l’opera irreversibile. Approntando gli scavi, anche per brevi tratti, quando saranno esauriti i finanziamenti comunque nessuno avrà il coraggio di dire l’opera non si conclude, nell’attesa di risorse economiche che magari salteranno fuori dopo qualche anno».
In merito alla gestione delle terre di scavo, il consigliere di opposizione nel Comune di Campomorone, Valentina Armirotti, aggiunge «Stanno facendo come per la costruzione del campo base, poi divenuto deposito di materiali, della Biacca a Bolzaneto (qui l’approfondimento). Lo smarino passa da un cantiere all’altro, Cociv assicura che le terre di scavo non sono pericolose, ma a noi non risulta alcun controllo su di esse da parte di soggetto esterni».
I siti attualmente utilizzati per il conferimento dello smarino «Sono quelli autorizzati dal Piano di Utilizzo approvato dal Ministero dell’Ambiente – risponde il COCIV – In particolare, per lo scavo di Cravasco il materiale viene inviato, come previsto dal progetto definitivo e dal Piano di Utilizzo approvato, alla ex cava Cementir Vallemme (Voltaggio)».
In località Cravasco criticità principale è rappresentata dal rischio di impatto con le falde acquifere, in una zona riccha di sorgenti. «Quando ho percorso la galleria – spiega Valentina Armirotti consigliere del Comune di Campomorone – che allora raggiungeva una lunghezza di 150 metri (mentre oggi sarebbe arrivata a quota 300 metri, nda), erano presenti due perdite, una dinanzi all’altra. Poi hanno posizionato delle pompe per intercettare le fuoriuscite. Acqua comunque ne usano tantissima: per abbattere le polveri, lavare i mezzi, ecc. Dopo la prima alluvione di ottobre 2014 in galleria proprio non si poteva entrare, l’acqua fuoriusciva da tutte le parti. Francamente non sono a conoscenza di quante falde siano state intercettate. Il problema è che neanche il Cociv lo sa, e purtroppo neppure il Comune di Campomorone. Infatti, non esiste una mappatura aggiornata delle falde acquifere. Questa è una responsabilità anche dell’amministrazione locale. Comunque, il Cociv non ha approntato alcuno studio a riguardo».
Il general contractor risponde così alle accuse «Per quanto riguarda Cravasco esisteva un’indicazione del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) sull’eventuale impatto dello scavo in galleria sulle falde. Sono stati eseguiti i dovuti accertamenti, ed i risultati sono stati inviati al Ministero. Il programma di cantierizzazione, approvato dal Ministero, prevede tutte le necessarie opere di regimentazione delle acque, e la realizzazione viene, di prassi, fatta contestualmente all’apertura del cantiere». Ricostruzione contestata dal movimento No Tav che sottolinea «Il cantiere è tuttora in fase di allestimento. A luglio-agosto 2014 hanno cominciato lo scavo, e soltanto da un mese (novembre 2014, nda) si sono preoccupati di regimentare le acque di scarico e di servizio per le lavorazioni. Liquidi che dovrebbero subire un processo di depurazione e successivamente, una volta ripuliti, finire nel sottostante torrente Verde. Fino ad un mese fa le acque uscivano dall’area di cantiere, attraversavano la strada, si incanalavano a lato della carreggiata, e poi lungo un tombino defluivano nel fiume. Adesso, invece, vengono raccolte da un’apposita tubatura che le indirizza nel torrente. Ultimamente, però, abbiamo visto che il corso d’acqua rilascia un limo strano, pesante, che potrebbe consistere in residui dei lavaggi di cantiere. Domenica 21 dicembre il torrente era di un colore bianco ed emanava un forte odore, di conseguenza qualcuno ha avvisato l’Arpal. I tecnici dell’agenzia regionale hanno eseguito i prelievi nel pozzetto fiscale del cantiere. Ma non si sono recati a fare prelievi nel fiume, perchè a dir loro mancavano le condizioni di sicurezza. Secondo noi si è persa un’occasione per controllare l’impatto ambientale dell’opera».
Secondo il Cociv «I controlli vengono effettuati in tutti i cantieri in via prioritaria da Arpal Liguria. I dati delle attività richieste da soggetti esterni (Osservatorio, Arpal, ecc.) sono di proprietà di tali enti, pertanto devono essere richiesti a loro».
Spostandoci via Inferiore Rocca dei Corvi, troviamo una porzione di cantiere in cui verrà installato un impianto di betonaggio che alimenterà i lavori del cantiere “Fegino”. Al termine dell’opera tale spazio rimarrà a servizio di RFI come area di triage con piazzola di atterraggio elicotteri. Curiosamente la strada, che prima della cantierizzazione conduceva direttamente in aperta campagna, è stata chiusa in occasione del deragliamento del treno Freccia Bianca, avvenuto sulla linea Milano-Genova il 9 ottobre 2014, proprio nelle immediate vicinanze di un’altra porzione di cantiere, quella di via Rocca dei Corvi (a neppure un kilometro di distanza in linea d’aria da via Inferiore Rocca dei Corvi).
Come spiega un abitante «Prima almeno avevamo l’opportunità di accedere ai nostri terreni (in parte espropriati). Superato il voltino (in fondo alla via Inferiore Rocca Dei Corvi) sembrava di entrare in un altro mondo, c’erano soltanto boschi. La frana è venuta giù dal ponte dei martiri di via Rocca dei Corvi. Dopo la frana gli operai del Cociv hanno messo in sicurezza il tutto. Lavorando due giorni e due notti come formiche. In precedenza non avevamo mai visto così tanto movimento. Evidentemente sussiste una loro responsabilità relativa sia allo smottamento che ha causato il deragliamento del Freccia Bianca, sia ai ripetuti allagamenti di via Inferiore Rocca dei Corvi, che ormai si verificano puntualmente da quando, nel settembre 2014, hanno disboscato anche la parte a valle dell’attuale linea ferroviaria».
Per quanto riguarda l’episodio del 9 ottobre il Cociv sottolinea «Ricordiamo è in corso un’indagine della Procura della Repubblica di Genova. Il deviamento del treno, comunque, non è avvenuto nell’area del cantiere».
In merito ai ripetuti allagamenti, invece, la causa potrebbe essere da ricercare nell’eventuale deviazione di qualche rivo sotteraneo, evento plausibile considerando la numerosa presenza di rogge e rivi tombinati nell’area di Fegino-Trasta. Anche in questo caso il Cociv, chiamato in causa, nega con fermezza qualsiasi responsabilità.
Matteo Quadrone
L’inchiesta integrale su Era Superba #58