Si attende l'inizio dei lavori di messa in sicurezza il cui costo dovrebbe aggirarsi fra i 500 e i 600mila euro. La causa del ritardo sarebbe la cifra troppo bassa, circa 380mila euro, messa inizialmente a disposizione delle aziende nel primo bando di gara. Ma una volta che il trenino tornerà sui binari, quali sono le strategie per il rilancio?
Il trenino di Casella riparte entro dicembre 2014. Questo è quanto assicura l’assessore alla Mobilità e Trasporti del Comune di Genova, Anna Maria Dagnino, rispondendo a un articolo 54 del consigliere comunale della Lista Doria, Clizia Nicolella. Il trenino è fermo da 6 mesi e 19 giorni: dall’11 novembre 2013. Una decisione obbligata, quella presa da Amt, che all’epoca aveva motivato lo stop con la necessità di effettuare dei lavori lungo i 24 km di linea urbana ed extraurbana; ma anche una decisione piuttosto impopolare, che ha suscitato polemiche tra i genovesi e gli abitanti delle valli Bisagno, Polcevera e Scrivia, riuniti in associazioni spontanee.
Dalla fine del 2013, l’USTIF (l’Ufficio Speciale Impianti e Trasporti Fissi, emanazione del Ministero delle Infrastrutture) ha prescritto l’obbligo di messa in sicurezza di due ponti metallici (in cui sono presenti due buchi e che, pur percorribili dai pedoni, potrebbero cedere sotto il peso del trenino). Inoltre, anche se questi sono i lavori principali, ce ne sono altri da svolgere, come la pulizia dei binari dal deposito di materiale roccioso e la messa in sicurezza delle pareti dei monti circostanti.
È stata bandita una gara da Amt, attuale gestore, e coordinata da SUAC (Stazione Unica Appaltante Comune di Genova), che si è conclusa con l’aggiudicazione dell’appalto a giugno 2013 da parte di due ditte. I lavori si sarebbero dovuti concludere entro 4 mesi, ma si sono interrotti a causa della rinuncia all’appalto da parte delle società vincitrici: si diceva che il bando fosse troppo al ribasso e i fondi messi a disposizione da Amt sarebbero stati insufficienti. Si parla di una cifra che, stando a quanto riportano fonti ufficiose, si aggirerebbe attorno ai 380 mila euro, e si stima che i costi per gli interventi sarebbero superiori, tra i 500 e i 600 mila euro.
La rinuncia ha costretto al rifacimento della gara e, in attesa di un secondo bando, il trenino rimane fermo in stazione. I lavori (piuttosto complessi) sono in attesa di cominciare. Dagnino ha confermato quanto già aveva annunciato la Regione, assicurando che a dicembre il trenino sarà di nuovo operativo. Si parla anche di un piano investimenti 2013-2016 per 16 milioni di euro finanziati dalla Liguria, per il miglioramento della rete e del materiale rotabile.
A breve, dunque, il nuovo bando e, appena partiranno i lavori, si procederà con il piano marketing messo a punto da Amt prima dello stop: revisione degli orari e incremento nel periodo estivo, ad uso turistico; agevolazioni tariffarie per i residenti, grazie a 170.000 euro di risparmi stimabili grazie alla razionalizzazione della gestione (sconto su abbonamento integrato mensile e possibilità di abbonamento annuale); abbellimento dell’impianto nelle stazioni di Sardorella, Casella, Tullo e Trensasco.
Si parla anche di marketing territoriale e apertura al settore turistico-commerciale, in collaborazione con alcune agenzie di viaggio del nord Italia, l’Alta Via dei Monti Liguri per la promozione di escursione, e le associazioni locali per l’organizzazione di eventi. Come comunica la stessa Dagnino, “alcune attività promozionali sono già in atto grazie a specifiche convenzioni con vettori privati per il trasporto di studenti delle scuole primarie alle ‘fattorie didattiche’”.
Proprio pochi giorni fa siamo andati a constatare personalmente come stanno le cose: abbiamo ripercorso parte della tratta del treno, facendo tappa in alcune delle stazioni. Ci ha accompagnati Andrea Agostini di Legambiente Liguria, che pochi giorni prima (il 18 maggio) aveva organizzato, assieme a un gruppo di collaboratori, una camminata lungo l’itinerario del trenino. Abbiamo percorso dalla stazione di partenza, quella di Manin, a quella di Sant’Antonino, fino a Campi e Trensasco. Abbiamo trovato treni fermi, stazioni fatiscenti, dipendenti poco impegnati a fare quel poco di lavoro che gli è consentito svolgere in questa fase.
«Bisognerebbe essere lungimiranti, puntare sul marketing territoriale e investire risorse sulla promozione turistica del trenino – ha commentato Agostini – perché non partecipare a bandi europei e accedere a finanziamenti UE? Così facendo parte dei costi sarebbero coperti. Si dovrebbe pensare a un progetto più in grande che comporterebbe una spesa sicuramente maggiore rispetto a quella legata alla semplice manutenzione/risistemazione, ma garantirebbe maggiori ricavi sul medio e lungo termine. La posizione centrale della stazione di Manin è favorevole per intercettare turisti e croceristi. Inoltre, un potenziamento del servizio porterebbe grandi benefici anche per la viabilità urbana, i binari del trenino potrebbero ospitare una metropolitana sopraelevata da Molassana e Manin che alleggerirebbe di molto il traffico passeggeri sui bus, sarebbe una soluzione green, ottimale per la salvaguardia dell’ambiente».
Bisogna dire che quello che ha portato allo stallo attuale è stato un percorso graduale: i lettori di Era Superba ricorderanno che nel 2012 avevamo seguito le vicende del trenino e avevamo dato voce al gruppo Salviamo il Trenino di Casella, contro la riduzione delle corse e l’inefficienza del servizio. I problemi erano iniziati ancora prima, nel 2009-2010, quando la gestione della Ferrovia è passata dalla Regione Liguria ad Amt con contratto di nove anni e prorogabile fino al 2025.
“Quando ne fu rilevata la gestione – ricorda Dagnino nel suo commento in risposta all’art. 54 della Lista Doria – la situazione dell’Impianto Ferroviario era alquanto critica e nessuna corsa veniva effettuata con i treni, ma solo con servizio sostitutivo. Sotto la gestione di Amt, nel giro di alcuni mesi, i treni sono stati messi di nuovo in condizione di funzionare; pertanto, tutto il programma di esercizio è sempre stato effettuato al 100% su ferro”.
Per quanto riguarda le stazioni e la manutenzione, si pensi che Amt riceve dalla Regione circa 2 milioni di euro (rivalutazione Istat) e 723 mila euro per interventi di manutenzione straordinaria. Viene da chiedersi come mai troviamo le stazioni letteralmente distrutte: pare che come minimo dal dopoguerra nessuno ci abbia più messo mano.
In realtà gli introiti non bastano a coprire i costi: i pendolari ogni anno sono circa 110 mila, quindi 200-300 al giorno ma non bastano, visto che i ricavi del 2013 sono stati circa 190 mila euro, a fronte di 2 milioni e 800 mila euro di costi. Se sommiamo a 190 mila i fondi della Regione, si arriva all’incirca a un pareggio di bilancio.
Nel caso dei dipendenti, invece, non ci sono stati licenziamenti a causa dello stallo. Al momento, gli impiegati si trovano perlopiù a Manin, dove si occupano di manutenzione, lavorazioni interne sulla motrice, rimozione di materiale rotabile e servizio di bigliettazione. La biglietteria di Manin (l’unica esistente) è aperta con orario ridotto, per servire gli utenti che usufruiscono del servizio bus sostitutivo (urbano e ferroviario) che Regione e Amt hanno deciso di affidare a mezzi a noleggio della ditta privata Genovarent.
Un aspetto interessante è quello relativo all’acquisto di una nuova macchina da parte della Ferrovia Genova Casella srl, un elettrotreno a scartamento ridotto lungo 42 metri con 240 posti, commissionato nel 2010 ad Ansaldo Breda e costato circa 4 milioni. Sarebbe ormai in via di ultimazione. Una notizia che quattro anni or sono venne interpretata come prova della volontà di Amt e della Regione Liguria di procedere nella direzione di una separazione fra la funzionalità e l’aspetto turistico: l’elettrotreno avrebbe soddisfatto la domanda di pendolari e genovesi, il treno storico quella turistica. Oggi, vista la situazione della Genova Casella, sembra quasi fantascienza.
Elettra Antognetti
Alcuni anni fa il Parco dell’Antola (progetto Treni dei Parchi) ha finanziato i lavori di ristrutturazione della stazione, vi ha installato con la collaborazione della Provincia e di tutti i Comuni della valle Scrivia un Ufficio IAT, finanziandone poi per anni il funzionamento. Quando è subentrata AMT una infiltrazione di acqua dal tetto non è stata mai riparata, costringendoci a trasferire l’Ufficio IAT nella sede della Pro Loco; è stato persino realizzato da AMT un depliant in cui veniva ignorata la presenza del Parco, che per anni aveva peraltro organizzato manifestazioni nelle valli Brevenna e Vobbia con la formula treno+bus, molto frequentate.
Se fossimo stati in Svizzera (ma anche in Sardegna, Toscana o Abruzzo) la presenza del Parco e delle sue attività sarebbe stata identificata come un valore…