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Incontro pubblico nell'Aula Magna di via Balbi con i quattro candidati al ruolo di Rettore dell'Università di Genova. Dal problema dell'accoglienza sino al caso Erzelli. Ecco il nostro approfondimento con i professori in corsa
L’Ateneo di Genova verso le votazioni per nominare il successore dell’attuale “magnifico” Giacomo Deferrari sulla poltrona di rettore. Il primo turno alle urne è previsto per mercoledì 18 e giovedì 19 giugno, mentre il secondo sarà la settimana successiva, nelle giornate di 25 e 26 giugno. I quattro candidati, Paolo Comanducci, Maurizio Martelli, Aristide Massardo e Alessandro Verri, provengono da background in alcuni casi piuttosto diversi, in altri affini. Le idee che caratterizzano la loro campagna elettorale sono eterogenee. Siamo andati a conoscerli nel corso di un incontro pubblico, per cercare di capire quali sono le posizioni in merito ai “temi caldi”, che coinvolgono non solo la gestione dell’Ateneo (il calo degli iscritti, lo scarso prestigio dell’Università genovese, le spese per le sedi distaccate regionali, la didattica e l’accoglienza: qui l’approfondimento di Era Superba) ma tutta la città, dagli Erzelli al nuovo nodo ferroviario fino alla logistica cittadina.
I candidati in un flash – Per meglio comprendere le intenzioni dei singoli candidati e sintetizzare le idee contenute nel programma:
– Verri: “Importante puntare sull’efficacia dell’amministrazione, ridare un ruolo centrale ai singoli dipartimenti, intavolare un dialogo intenso con le scuole superiori per attirare nuovi studenti”.
– Massardo: “Mi sono candidato perché voglio portare le ‘best practices’ acquisite altrove a Genova. Dobbiamo diventare competitivi nell’ambito di formazione, ricerca e strutture, all’interno di una visione condivisa tra docenti e studenti, dall’alto verso il basso ma anche viceversa”.
– Comanducci: “Mi candido per interpretare un disagio diffuso tra studenti, docenti, personale tecnico per come sono andate le cose negli ultimi anni, non solo all’interno dell’Ateneo ma anche a livello locale: l’università è stata attaccata troppo e non si è sufficientemente difesa. Dobbiamo fare un atto di orgoglio collettivo, rialzare la testa e rivendicare la nostra dignità”.
– Martelli: “Abbiamo le carte in regola per giocare la nostra partita nella competizione nazionale e internazionale. Metto a disposizione la mia esperienza e disponibilità per lavorare – assieme a una squadra di valore e all’amministrazione civica – sulle punte di eccellenza”.
I candidati possono essere obbligatoriamente solo professori di prima fascia, assunti a tempo indeterminato presso una università italiana. Tutte le candidature sono pervenute entro il 5 maggio 2014, termine ultimo. I quattro professori in questione sono tutti personalità di spicco all’interno del mondo accademico genovese e vantano un curriculum di tutto rispetto. Provengono quasi tutti dal mondo scientifico, pur con diversi ambiti di interesse ma, cosa interessante, manca un candidato proveniente dalla Facoltà di Medicina, in rottura con la tradizione segnata da Deferrari e dal predecessore Gaetano Bignardi.
I quattro nomi in corsa sono: Paolo Comanducci, docente di Filosofia del Diritto e dal 2012 Preside della Scuola di Scienze Sociali; il pisano Maurizio Martelli, professore di Informatica all’interno del dipartimento DIBRIS – Informatica, Biologia, Robotica, Ingegneria dei Sistemi e anche pro rettore vicario; Aristide Massardo, ordinario di Sistemi per l’Energia all’interno della Facoltà di Ingegneria e anche Preside della Scuola Politecnica dal 2012; infine Alessandro Verri, laureato in Fisica che vanta collaborazioni niente meno che con il MIT e che dal 2012 è vice-direttore del DIBRIS.
Il vincitore resterà in carica per 6anni, invece dei consueti 4.
Le nomine non hanno mancato di suscitare polemiche e pettegolezzi: su una testata giornalistica locale si legge che la nomina di Martelli, che sarebbe considerato “il delfino di Deferrari, che lo sta sostenendo e sponsorizzando come il suo successore ideale”, potrebbe essere in discussione dopo l’entrata di Verri all’interno della competizione, anche lui proveniente dalla Facoltà di Ingegneria e dallo stesso dipartimento, il DIBRIS, di cui Martelli è direttore e Verri è stato vice nel 2013. Ma si potrebbe prospettare uno scenario di corsa a tre in cui si unirebbe anche Massardo. Sempre voci di corridoio darebbero come meno probabile la nomina del Preside di Scienze Sociali Comanducci, che avrebbe perso sostenitori dall’area di Medicina forse per le sue posizioni sul caso Erzelli, di rottura rispetto a quelle dell’attuale rettore.
Sono chiamati al voto docenti, rappresentanti degli studenti nel Senato Accademico, quelli del CdA e dei consigli delle Scuole, nonché dei Dipartimenti; inoltre, ricercatori, dirigenti e tecnici amministrativi, tutti se assunti a tempo indeterminato e con voto con valore pari al 20%. Le votazioni si svolgono in due turni, nel mese di giugno. Se nessuno dei quattro candidati otterrà la maggioranza assoluta, ci sarà un ballottaggio finale a luglio (9 e 10).
Ieri, 21 maggio 2014, alle ore 16 nell’Aula Magna di Balbi 5 si è svolto un confronto diretto tra i candidati sulle tematiche più salienti di questa campagna. L’incontro pubblico è stato organizzato dall’associazione studentesca Idee Giovani UniGe in collaborazione con l’Ateneo. “Si tratta di un’iniziativa unica nel suo genere in Italia – commentava il presidente di Idee Giovani UniGe, Simone Botta, nel comunicato stampa – non mi risulta che in alcun altro Ateneo gli studenti abbiano organizzato qualcosa di simile. Lo scopo è riportare l’Università vicina alla gente e agli studenti, che in larga maggioranza non conoscono la dinamicità dell’organismo-Ateneo, che è vivo e da ossigeno alla comunità e al territorio”. Nel corso dell’evento, l’introduzione ai programmi elettorali dei candidati e un dibattito animato.
Tra i punti salienti, a lungo si è discusso dei poli decentrati all’interno della Regione, dalla Spezia a Imperia, passando per Savona. Si tratta di un pratica in voga qualche anno fa e ormai un po’ obsoleta. All’epoca era stata una novità accolta positivamente da molti atenei italiani (uno su tutti, il caso di Torino), ma poi ci si è resi conto che l’apertura di nuove sedi, non specializzate ma equivalenti come offerta formativa alle proposte della sede centrale, era solo un dispendio di fondi ed energie. In Liguria ogni provincia ha una sua sede “forte” in uno specifico settore didattico: La Spezia ha puntato sulla nautica, Savona su energia e comunicazione e Imperia sul turismo. Nonostante la qualità, si tratta di realtà nate nel 2005 e da regolare nuovamente, alla luce della situazione attuale dell’Ateneo (la mancanza di fondi, il calo degli iscritti, la decrescita ecc.). In generale tutti i candidati sono concordi, senza colpi di scena, sull’idea di mantenere le sedi favorendo una specializzazione maggiore, diversificando l’offerta rispetto a quella della sede centrale. In particolare, la necessità è quella di rafforzare gli accordi con i partner provinciali per farli diventare competitivi, evitare che creino accordi con altri atenei limitrofi (già scongiurato il pericolo alla Spezia, dove esistevano fino a pochi anni fa corsi di informatica mutuati dall’Ateneo pisano, e c’erano accordi con Parma) e attirare studenti da fuori Regione.
Verri, nel suo programma il Progetto Unige2020 stilato apposta per le elezioni, illustra alcune linee giuda: «Importante partire dalla Regione Liguria per aprirsi all’Europa: la Regione deve diventare interlocutore privilegiato per fare evolvere questi centri e migliorarli. Abbiamo il dovere di investire su questo perché, anche se il nostro polo universitario è in calo, dobbiamo attrarre anche dai territorio vicini».
Altro tema sul banco, la scarsa attrattiva di Genova sui giovani: durante l’incontro c’è chi ha affermato che Genova in realtà è una città giovane, c’è chi invece non è d’accordo. Fatto sta che se già la percentuale nazionale di iscritti all’università non è esaltante (attorno al 30%), il capoluogo ligure registra un trend particolamente negativo: si deve migliorare l’accoglienza, ad esempio rendendo più allettante la pagina web, dialogare con la scuola superiore per incentivare iscrizioni, cercare una sinergia con le istituzioni locali. Come sottolinea Comanducci: «Ad esempio a Pisa, il rapporto studenti-popolazione è molto alto, mentre per noi il dato scende sensibilmente, rasentando la soglia di Palermo. Dobbiamo diventare in grado di attrarre da fuori, oltre che di far restare qui gli studenti liguri».
La percezione è anche quella di un’Università lontana, in certi casi, dal mondo del lavoro. Si parla di internship durante il percorso accademico, ma sappiamo tutti che si sono rivelati nella maggior parte dei casi un flop: non regolati, non retribuiti e senza possibilità di futuro inserimento in azienda. Ci sono comunque spiragli di miglioramento, grazie ad accordi siglati con la Regione per regolare l’apprendistato, oggi in fase preliminare. Commenta Martelli: «Abbiamo siglato il programma Garanzia Giovani, cui hanno aderito circa 28 corsi di studio (soprattutto in ambito scientifico), e ora vediamo come reagiranno le aziende. Tuttavia, per essere competitivi serve una cultura a tutto campo, che sia anche umanistica e non solo tecnico-scientifica».
Questione sicuramente spinosa, visto che la decisione di trasferire la ex Facoltà di Ingegneria sulla collina non avrà ricadute solo sul budget dell’Ateneo o sulla fama della Scuola Politecnica, bensì interesserà l’intera città. In genere i candidati tendono ad essere ancora cauti e a dire soprattutto che tale decisione non spetta al solo rettore, ma piuttosto al CdA dell’Ateneo. Come ricorda ancora Verri, si tratta di una faccenda datata: «Penso alla Facoltà di Architettura come esempio mirabile di progettualità genovese: c’era un progetto e un sogno da seguire che è diventato realtà. Si può fare la stessa cosa oggi agli Erzelli? Forse sì, ma ora l’idea di partenza è un po’ invecchiata e il progetto resta ancorato a un’epoca pre-internet. Non dico che non vada fatto, ma il mondo è cambiato e l’idea è obsoleta: ad esempio, lì si puntava molto e solo sulle competenze tecniche-ingegneristiche, mentre ora è richiesta sempre più l’integrazione con medici e umanisti».
Si tratta di un investimento molto oneroso e di un progetto che chiama in causa anche la ridefinizione della mobilità genovese e che chiede una serie di accorgimenti per permettere a un numero enorme di studenti di raggiungere e di vivere una zona oggi pressoché isolata.
Nonostante la generale cautela, il più duro è Massardo: «Nel luglio 2012 abbiamo detto no al trasferimento perché mancavano i fondi, però abbiamo lasciato aperti spiragli di dialogo e abbiamo proseguito, sperando di poter procedere ad ‘acquisto di cosa futura’, ed è stato un errore. Questa è una questione giuridica ed economica: ci avevano detto che si sarebbe fatta l’operazione a costo zero, poi la situazione è cambiata; ci siamo visti ridurre lo spazio a disposizione da 90 mila mq a 60; avremmo anche dovuto vendere Villa Cambiaso. Non dimentichiamo l’aspetto logistico: a lungo il problema è stato negato, in primis da Burlando. Ma finora nessuno risponde alla domanda su come sarà possibile trasferire così tante persone sulla collina. Venerdì 16 ho partecipato, in qualità di Preside della Scuola Politecnica, a un’assemblea pubblica per affrontare il nodo della logistica con i rappresentanti regionali, ma non abbiamo avuto riscontro».
Inoltre, altre perplessità riguardano il piano industriale: cosa ci sarà agli Erzelli? Per ora ci sono due divisioni di multinazionali in affitto, e la stessa Esaote, promotrice del progetto, ha di recente detto no al trasferimento. Una situazione complessa, ancor più se si pensa che a giugno si riunirà di nuovo il CdA d’Ateneo per affrontare il tema.
Elettra Antognetti